A Nord Est aumentano le certificazioni parità di genere nelle imprese

Secondo i dati di Accredia, l’Ente Unico nazionale di accreditamento degli organismi di certificazione, il Veneto è la seconda regione d’Italia come numero di siti certificati dopo la Lombardia: a luglio se ne contavano 339 (erano 294 a maggio). In Friuli Venezia Giulia erano 49, in Trentino Alto Adige 23

Federico Piazza
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A luglio 2023 erano oltre 400 nel Nord Est i siti lavorativi pubblici e privati certificati UNI/PdR 125:202 sulla parità di genere. Il 16% degli oltre 2500 in Italia. Si tratta di sedi e unità locali di aziende, associazioni private, uffici della pubblica amministrazione. Secondo i dati di Accredia, l’Ente Unico nazionale di accreditamento degli organismi di certificazione, il Veneto è la seconda regione d’Italia come numero di siti certificati dopo la Lombardia: a luglio se ne contavano 339 (erano 294 a maggio). In Friuli Venezia Giulia erano 49, in Trentino Alto Adige 23.

Il Sistema di certificazione della parità di genere è stato introdotto dal PNRR, finalizzato agli obiettivi di inclusione e coesione (Missione 5, Componente 1 “Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione”). Le finalità essenziali sono aumentare l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro e assicurare al contempo una maggiore qualità del lavoro femminile. Sostanzialmente, ridurre il divario retributivo di genere, aumentare le opportunità di crescita professionale e di carriera per le donne, tutelare la maternità, stimolare la flessibilità nell’organizzazione del lavoro per la conciliazione famiglia-lavoro, promuovere la trasparenza sui processi lavorativi nelle imprese. E combattere le discriminazioni e le molestie sessuali in ambito lavorativo.
La certificazione, su base volontaria, dura tre anni. Rinnovabile. Economicamente, le imprese che si certificano godono di agevolazioni contributive. Inoltre, per agevolare il precesso di certificazione, sono disponibili contributi pubblici attraverso i finanziamenti Next Generation EU del PNRR. In particolare è stato recentemente pubblicato un Bando per 8 milioni di euro per le Pmi e le micro imprese, che sarà presentato il 28 novembre in un webinar formativo per le imprese di Unioncamere Veneto.

L’Italia è terzultima in Europa come occupazione femminile, secondo Eurostat. E nel 2023 ha perso 16 posizioni rispetto al 2022 nel Global Gender Gap Report del World Economic Forum (79sima su 146 paesi analizzati). Rilevante è anche la disparità in ambito dirigenziale: oltre l’80% delle figure apicali sono uomini, secondo dati di head hunter di profili di alto livello, anche se le differenze per settore sono sensibili (nei servizi le donne quadri e dirigenti sono il 40-45%).

Il divario di genere si riscontra molto anche nel Nordest. Per esempio, secondo i dati di recenti studi considerati nella relazione congiunturale di novembre 2023 dell’Osservatorio sull’Economia e il Lavoro della Camera di Commercio di Vicenza, nella provincia berica il tasso di occupazione femminile è del 58,9% a fronte del 74,2% di quello maschile. La retribuzione annua full-time media dei dipendenti privati uomini è di 30mila euro, quella delle donne è di 22mila euro. Nel settore manifatturiero in particolare, che nel Vicentino impiega il 42% degli addetti, la manodopera femminile rappresenta circa il 25% ed è concentrata soprattutto in ruoli impiegatizi e operai, con retribuzioni nettamente inferiori a parità di giornate lavorate in un anno. Il gap va in media da 1000 euro per le apprendiste (-5,8%) a 5900 euro per le operaie (-21,4%), da 10.800 euro per le impiegate (-25,5%) a 14mila euro per le dirigenti (-25,5%).
Ma in un mercato del lavoro dove per le imprese trovare nuovo personale e mantenere quello formato è sempre più difficile, la certificazione di parità di genere diventa un vantaggio competitivo. Per esempio, per attrare giovani donne con formazione tecnico-scientifica, che stanno aumentando. Lo sottolinea Mirta Corrà, avvocato e consulente sui percorsi di certificazione parità di genere di Niuko Innovation & Knowledge, società di formazione aziendale e interaziendale di Confindustria Vicenza che a novembre ha avviato il progetto “DiMoRe – diversità di genere per modelli organizzativi sostenibili in rete”. «La certificazione di genere implica un impegno nella modifica dell'organizzazione del personale e nelle scelte e gestione delle retribuzioni e dei percorsi di carriera. Un numero crescente di aziende di diversi settori, dai servizi all’informatica alla metalmeccanica, si sta avvicinando a questa certificazione per acquisire competenze nella gestione delle risorse umane che permettono di non perdere posizioni nel mercato. Rendersi attrattive, migliorare la reputazione, rassicurare i dipendenti che l’azienda è pronta a venire incontro alle loro esigenze personali e a supportarli. Molto richiesta è certamente la flessibilità per la conciliazione famiglia-lavoro», spiega Corrà. «Questo è rassicurante per i dipendenti. Inoltre, è molto importante avere una policy aziendale chiara che spiega che le donne sono invitate a fare carriera e che il part-time, che le donne fanno non perché lo vogliono ma perché non trovano altre soluzioni per la conciliazione famiglia-lavoro, non è ostativo. E ovviamente occorre comunicarlo anche esternamente».

Due casi di aziende vicentine impegnate nella certificazione di genere sono Spac spa e Gds Global Display Solutions spa. La Spac di Arzignano, specializzata nella produzione di spalmati in Pvc e nell’accoppiatura di tessuti tecnici con 230 dipendenti, sta lavorando su flessibilità oraria per la conciliazione vita-lavoro e garantisce permessi retribuiti aggiuntivi, in caso di visita medica, rispetto a quelli previsti dal contratto nazionale. Le donne, pur rappresentando una minoranza all’interno dell’azienda, ricoprono posizioni dirigenziali più aree tecniche. «Grazie a questo percorso abbiamo anche comparato in modo puntuale le retribuzioni, è emerso che non ci sono differenze legate al genere. Abbiamo messo a punto ulteriori misure per il 2024, che annunceremo a breve ai nostri collaboratori», dichiara il responsabile risorse umane Giovanni Cogo.

La GDS di Cornedo Vicentino, che ha ottenuto a inizio novembre la certificazione parità di genere, si è posta l’obiettivo di incrementare la presenza femminile, attualmente al 30%, e di fare rete con il mondo della scuola. «Siamo profondamente convinti – spiega la responsabile risorse umane Silvia Alessi – che la diversity contribuisca a far crescere la produttività. Non è facile per un’azienda come la nostra che opera nel settore elettronico attrarre candidate. Ecco perché abbiamo deciso di investire molto in progetti che coinvolgono le scuole del territorio, con l’obiettivo di raccontare il lavoro e le diverse figure al nostro interno, superando i tanti stereotipi che collegano alcune mansioni solo agli uomini».

Nel Padovano una testimonianza forte arriva da Sit spa, multinazionale metalmeccanica specializzata in heating & ventilation e smart metering da circa 400 milioni di fatturato e 2400 dipendenti. Nel 2022 il 33% delle posizioni manageriali aperte è stato ricoperto da donne e il 62,5% delle promozioni interne ha riguardato donne. Nel 2023 ha ottenuto la certificazione di parità di genere e ha rafforzato le policy su genitorialità e diversity & inclusion. «La nostra azienda ha deciso di investire in una cultura sostenibile a 360 gradi, e parte fondante di questa cultura è quella di impegnarsi per poter garantire la piena uguaglianza di genere», dichiara Roberta Fagotto, Chief Human Capital Officer di Sit spa. «Questo significa parità salariale ma anche supporto alla genitorialità, politiche di inclusione e diversity, programmi di coaching mirati, programmi di welfare e wellbeing e lavoro flessibile con misure di smart working per le quali abbiamo ricevuto una menzione speciale nell’Osservatorio del Politecnico di Milano».

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