L’esempio di Tania Cagnotto: «La mente è la chiave: voglio fare sentire le voci di tutti gli atleti»

La più grande tuffatrice italiana si è raccontata a tutto tondo all’anteprima di Sport Business Forum a Trieste. Il messaggio a ogni genitore: «Non carichiamo i bambini di pressioni»

Filippo Errico Verzè
Tania Cagnotto a Sport Business Forum (Bruni)
Tania Cagnotto a Sport Business Forum (Bruni)

Un viaggio straordinario, iniziato a tre anni quando, dopo essersi divincolata dai genitori, finì per tuffarsi in una fontana. Quello fu il primo di tanti, tantissimi tuffi per Tania Cagnotto, leggenda con pochi eguali di questa specialità degli sport acquatici.

Non servono presentazioni, basta un numero: 62. Sono le medaglie conquistate in carriera, che fanno di lei la più grande di sempre sia a livello italiano che europeo.

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La redazione
La tavola rotonda a Sport Business Forum (Bruni)

Per intendersi ancora meglio, la bolzanina è stata tra le pochissime dell’era contemporanea a frapporsi allo strapotere della Cina, conquistando l’oro nel trampolino da un metro ai Mondiali di Kazan del 2015. «Mi ero sempre allenata sapendo che sul podio per me c’era solo un posto, il terzo».

Più che ripercorrere tappa per tappa la sua carriera, nel suo dialogo con Giovanni Marzini (editorialista di Gruppo Nord Est Multimedia e direttore di IES Magazine) Cagnotto ha voluto fare altro. Ha voluto lasciare una testimonianza di atleta e di persona, a beneficio di tutti i presenti nel Salone di rappresentanza del Palazzo della Regione, nell’evento clou della prima giornata dell’anteprima triestina di Sport Business Forum.

Spettatori molto interessati i giovanissimi tesserati dell’Unione Sportiva Triestina Nuoto, che non hanno perso l’occasione più unica che rara di trovarsi di fronte a un’atleta di questo calibro.

Il suo messaggio è rivolto a loro e ai genitori: «Mi sono sempre divertita, è stata questa la mia fortuna». Insomma, il peso del padre Giorgio e della madre Carmen Casteiner non è mai stato opprimente, anzi. «Ho scoperto dei successi di papà solo quando ero già grande – ha rivelato –. Un genitore deve fare il genitore, e basta. Caricare un bambino di troppe pressioni è sbagliato e controproducente, è giusto che prendano le loro scelte liberamente».

Tania Cagnotto a Sport Business Forum: "All'inizio i bambini devono divertirsi e basta"

Nel dire questo, Cagnotto prende come esempio il rapporto con le sue figlie piccole, Maya e Lisa. «Alla più grande (Maya, ndr) tutti chiedono se diventerà mai una campionessa come me – racconta –. Ho provato a portarla in piscina a vedere se le potevano piacere i tuffi. Lì si diverte molto, ma non mi ha mai chiesto di iniziare in modo più strutturato: alla fine ha scelto il tennis e io non voglio insistere per farle cambiare idea».

Dal 2020, quando ha chiuso la sua carriera, l’impegno come madre ha avuto senz’altro un ruolo prioritario nella seconda vita di Tania Cagnotto. Ma non è l’unico, specie dal 28 ottobre dello scorso anno, quando è stata nominata vicepresidente della Federazione Italiana Nuoto. «È un mondo nuovo per me, che ho sempre percepito come lontano». La sua carica la vede prima di tutto come rappresentante degli atleti: «Voglio aiutarli e sentire le loro voci, senza farmi condizionare da possibili contaminazioni tra sport e politica».

Nel fare questo, Cagnotto può contare anche su vere competenze, maturate nel percorso con cui è diventata mental coach. «Aiutare i ragazzi a vivere le competizioni con più serenità mi piace molto, avendo sofferto e non poco da questo punto di vista». Qui il ricordo va alle Olimpiadi di Londra 2012, quando mancò per un soffio il podio sia nell’individuale che nel sincro, in coppia con Francesca Dallapé.

«Non feci in tempo a metabolizzare la mia delusione che subito vidi quella negli occhi di mio padre, ci vollero mesi prima di trovare la forza di riparlarne».

Nel caso di Cagnotto si può dire che per ogni Londra c’è sempre una Rio, visto che, proprio negli ultimi Giochi della carriera, si è presa l’agognata medaglia. E nella ricetta per la sua rinascita non poteva mancare il lungo lavoro con la psicologa, «perché in questo sport il 90% lo fa la testa, è fondamentale capire sempre la persona che c’è dietro l’atleta».—

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