Il giornalismo e il rapporto con i lettori: il messaggio di fiducia all’esordio di Link Media Festival a Trieste

La giornata di inaugurazione della kermesse, che pone al centro il valore dell’informazione di qualità, ha visto protagonisti due campioni del giornalismo d’inchiesta: Carlo Bonini e Nello Scavo.

Giulia Basso
Un momento della prima giornata di Link (Bruni)
Un momento della prima giornata di Link (Bruni)

«I presidenti passano, mentre i giornali e i giornalisti resteranno». È la telegrafica certezza con cui Carlo Bonini, vicedirettore di Repubblica, ha concluso l’evento inaugurale del Link Media Festival di Trieste. Un messaggio di speranza, che fa da contraltare al pessimistico allarme lanciato qualche tempo fa dall’editore del New York Times, Arthur Gregg Sulzberger: «Il ruolo di una stampa libera e indipendente in una democrazia sana è sotto attacco diretto, con sforzi sempre più aggressivi per limitare e punire il giornalismo indipendente».

È una navigazione controcorrente quella del giornalismo contemporaneo, emersa con chiarezza in piazza Unità d’Italia all’apertura dell’undicesima edizione del Festival.

Un appuntamento che pone al centro il valore dell’informazione di qualità come «lievito della società», come l’ha definita Paolo Possamai, direttore editoriale del Gruppo Nem.

L’inaugurazione, moderata da Maria Concetta Mattei, ha visto protagonisti due campioni dell’informazione d’inchiesta: Carlo Bonini e Nello Scavo.

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«In questa edizione abbiamo più di 30 panel, che spaziano dall’economia a Donald Trump, dai conflitti alle mafie», ha spiegato Francesca Fresa, direttrice artistica del Festival. Richiamando le parole di Papa Leone XIV, ha aggiunto: «Non serve una comunicazione fragorosa, ma capace di ascolto. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la terra».

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La redazione

La fiducia dei lettori, erosa da anni di attacchi, rappresenta la principale emergenza. «La demolizione è iniziata anni fa», ha spiegato Bonini, «nel momento in cui la politica ha compreso che il passaggio decisivo per indebolire in modo significativo il quarto potere era la disintermediazione». Un’operazione sistematica: «Quando convinco l’opinione pubblica che l’informazione non deve passare attraverso un mediatore, sarà manipolata e stravolta. C’è un luogo comune, ripetuto tutti i giorni: del giornalismo non avete bisogno, è inutile e dannoso, abbiamo una politica che comunica direttamente».

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Il problema della fiducia dei lettori è cruciale anche per Scavo: «Si è tentato di rompere il rapporto di fiducia tra giornalisti e lettori». La sovrabbondanza d’informazioni, paradossalmente, invece di chiarire confonde: «La realtà è più vicina, ma una cortina fumogena non consente di vederla fino in fondo. Il nostro compito è scoprirla: senza questa cortina fumogena alcune carriere e patrimoni non sarebbero tali».

Fare giornalismo oggi significa anche correre rischi personali. Scavo, che ha vissuto sotto scorta e continua a essere sotto tutela, racconta: «Lo mettevo in conto ed è successo pur occupandomi di Libia e di Paesi lontani. Ma quando ti poni in modo critico nei confronti del governo, vieni minacciato e quello stesso governo si occupa di tutelarti sai che vivi in una democrazia sana». Non tutti hanno questa fortuna: «Ci sono paesi nei quali i giornalisti non sono protetti, rischiano di più fino a morire».

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Bonini ha ricordato la morte della collega maltese Daphne Caruana Galizia, ma ha aggiunto: «Parlo malvolentieri del prezzo umano per i giornalisti, perché penso che qualunque mestiere fatto con passione comporti dei prezzi, e la vita di un giornalista valga quanto la vita di qualunque lavoratore, che fa con passione il suo lavoro e muore senza godere del cono di luce che i giornalisti hanno». Cosa caratterizza un buon giornalista oggi? «È inevitabile per chi fa questo mestiere immergersi fino in fondo in quello che si racconta», ha spiegato Bonini. «C’è sempre un tratto ossessivo in chi fa bene questo lavoro». Una speranza per il futuro è rappresentata dalla collaborazione internazionale. «Oggi tanti di noi condividono informazioni e lavorano con altri», ha sottolineato Scavo. «Questo rende l’informazione più capillare e ci mette al riparo da rischi, perché altri proseguiranno il lavoro comune».

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Un’evoluzione che secondo Bonini è sostenuta anche dalle istituzioni europee: «Dopo la morte di Daphne Caruana Galizia, l’Ue è diventata finanziatrice di progetti investigativi». Nonostante le minacce e gli ostacoli, il messaggio finale agli aspiranti giornalisti è di speranza: «Il giornalismo ha un grande futuro», ha concluso Bonini.

«Per guadagnare la fiducia del lettore dobbiamo apparire ogni giorno indispensabili per la sua libertà, sapendo che tutti i giorni ci sarà qualcuno che dirà che basta andare su Facebook o Instagram per informarsi». La sfida continua, con la certezza che i presidenti passano, ma i giornali e i giornalisti restano. —

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