Viola Carollo: «Basta invisibilità. Noi giovani vogliamo essere interlocutori»

La coordinatrice veneta della Rete degli studenti medi spiega le mobilitazioni. «La nostra voce sempre più forte. Sdraiati? Etichetta usata per non ascoltarci»

Sabrina Tomè
Viola Carollo
Viola Carollo

Viola Carollo, lei è la voce degli studenti medi del Veneto. Una voce alta, rauca, gentile o aspra?

«Una voce sempre più forte, che ha imparato a farsi sentire senza perdere la capacità di farsi ascoltare. Non vogliamo più essere invisibili e ignorati, chiediamo di essere degli interlocutori. Partecipi delle scelte; non solo il futuro di questo Paese, ma anche il presente».

Centomila persone in piazza in Veneto per Gaza. Numeri mai visti da decenni, così come nuova è stata la massiccia presenza di giovani. Come lo spiega?

«Siamo stanchi di vivere in un Paese che non fa nulla per fermare le atrocità che vediamo ogni giorno. Gaza non è l’unica ingiustizia del mondo, ma è sicuramente un punto di rottura. Si è scesi in piazza mossi dalla coscienza, dalla consapevolezza che quello che stiamo vedendo non è più accettabile, dalla frustrazione di constatare che non si sta facendo niente. Uno spunto positivo, o almeno questa è la mia speranza, è che dopo decenni di individualismo si stia finalmente riscoprendo il valore del collettivo».

Una decina di anni fa i ragazzi erano stati definiti “sdraiati”, disimpegnati e senza slanci. Un’etichetta sbagliata o c’è ora una nuova generazione più consapevole?

«Non sono mai stata d’accordo con quell’etichetta, è comoda per chi non ha voluto e non vuole ascoltarci. I giovani si sono sempre impegnati, sono sicura di fare parte di una generazione che vuole cambiare le cose. Ma c’è una difficoltà nel renderlo possibile: siamo cresciuti in mezzo a difficoltà reali, siamo nati nel mezzo di una crisi economica; la crisi climatica ci lascerà un mondo diverso; c’è l’insicurezza nell’avere figli; siamo circondati da guerre trasmesse in tivù e sui nostri telefoni. Credo sia comprensibile sentirsi disillusi, ma vedo anche tra i ragazzi la volontà di essere ascoltati, abbiamo cose da dire. Si usa il termine “sdraiati” per toglierci credibilità, per non ascoltarci».

Come è iniziato il suo di impegno?

«Sono sempre stata interessata a quello che succedeva nel mondo. In Prima superiore ho avuto la fortuna di partecipare a una riunione della Rete degli Studenti Medi e da allora non ho più smesso. La Rete mi ha dato moltissimo: la possibilità di un confronto sui temi dell’attualità e della politica di cui a scuola non si parla perché vengono considerati tabù. Ma un sapere slegato dal pensiero critico non è vero sapere. Gli studenti, come è stato per me, devono cercare spazi all’esterno, se li devono costruire da soli, anche autofinanziandoli. La nostra città, come la maggior parte delle città, soprattutto in Veneto, non offre questi spazi e momenti per cui dobbiamo ricavarceli».

Ora ha nuove responsabilità.

«Con il tempo cresce l’impegno, crescono le competenze e le responsabilità. Ora coordino la Rete a livello regionale, il che mi prende la maggior parte delle giornate. Lo faccio perché è una passione, non posso immaginare la mia vita senza l’ impegno».

Si parlava di consapevolezza: la riforma della scuola vi ha tolto gli smartphone in classe; per frequentare i corsi di educazione sessuale vi serve il consenso dei genitori e se esprimete dissenso sull’orale della maturità venite bocciati. Non è che si fidino molto della vostra maturità…

«Hanno cambiato il nome dell’esame di Stato che ora si chiama di Maturità: maturità che viene pretesa, ma non c’è lo spazio per ottenerla davvero. Il modello di scuola attuale è basato su repressione del dissenso e del pensiero critico. L’educazione affettiva dovrebbe essere obbligatoria, la Maturità andrebbe rivista e il ministero lo sa bene. E poi c’è l’edilizia scolastica precaria, i trasporti che non funzionano. Ecco, di fronte a tutto questo, il ministero perde tempo con riforme che vietano i cellulari, come se fossero questi il problema dell’istruzione pubblica. La riforma accontenta un certo elettorato, ma non influisce sul benessere degli studenti, sulla qualità dell’istruzione e del personale docente. È propaganda e non è neppure così celata, gli studenti lo vedono e lo soffrono».

I corsi di educazione affettiva e sessuale erano uno dei capisaldi delle richieste dopo Giulia Cecchettin. A che punto sono le scuole?

«La scuola è molto indietro su questi temi, credo proprio perché non viene recepita la necessità che stiamo esprimendo, non ci stanno capendo. Educazione alla sessualità per noi significa educazione al consenso, all’affettività in serenità e sicurezza. Le scuole non forniscono questi strumenti che dovrebbero essere invece dati in modo uniforme e obbligatorio. Sarebbe un passo importante per cambiare la società, diversamente essa continuerà a essere patriarcale e di conseguenza violenta. Noi continueremo a batterci, ma di fronte abbiamo un ministero che non ci ascolta e che fa dei passi indietro giganti».

È viva la memoria di Giulia tra i ragazzi?

«La memoria di Giulia è viva, la mia generazione non potrà mai dimenticare. Ma purtroppo ci sono talmente tanti nomi e tanti fatti di cronaca che a volte pare sia la normalità».

Notizia positiva: la premier Meloni dice che non c’è mai stato un così basso numero di disoccupati. La rassicura?

«I dati Istat dimostrano che non è un merito del governo Meloni, succedeva già prima. Quindi è propaganda. Certo, come dato sterile è molto positivo, ma non basta dire che la disoccupazione è bassa se poi i lavori sono precari, sottopagati e senza tutele. È vero che tanti giovani lavorano, ma spesso sono giovanissimi perché le famiglie non si possono permettersi le scuole. Appellarsi solo alle statistiche senza considerare la quotidianità, non è fare politica. La mia generazione non è ottimista: il lavoro lo troveremo, certo, ma o sarà altrove o sarà poco dignitoso e ci permetterà di sopravvivere, non di vivere».

Intanto però le aziende non trovano giovani da assumere.

«La difficoltà delle aziende a trovare giovani lavoratori? Beh, noi facciamo fatica a trovare un lavoro che ci dia un contratto vero, che non sia in nero, che non abbia stipendi irrisori. Le proposte di lavoro ci sono, ma sono inaccettabili, e non perché siamo una generazione di scansafatiche, ma perché gli stipendi non ci permettono di pagare un appartamento, di studiare all’università. Spesso, e per fortuna, non accettiamo di essere sfruttati».

Enrico Berlinguer, un esempio a cui tendere, ha detto. A cosa si riferisce?

«La memoria di Berlinguer resta, nonostante sia passato del tempo: ha insegnato l’idea di politica come servizio. Mancano figure che uniscano etica, coraggio e capacità di stare in un contesto democratico. La volontà di amministrare e di cambiare la società. Mi emoziona che Berlinguer, in un contesto democratico, abbia dato la possibilità di una linea rivoluzionaria: prevedeva il compromesso, ma senza omologarsi ad altri modelli politici, senza perdere la volontà di essere rivoluzionari, volontà che vedo nella mia generazione».

Quali i modelli di oggi?

«Faccio fatica a vederne come nomi singoli. Ma c’è l’esempio collettivo: gli attivisti, gli insegnanti, i medici che resistono, chi fa volontariato, i ragazzi che sono scesi in piazza in questa settimane. Non ci serve un leader, ma una cultura della partecipazione».

Si immagini nuova governatrice del Veneto. Tre cose che urgenti, che farebbe.

«Solo tre? Ne servono molte di più. Comunque. Trasporti gratuiti per studenti e lavoratori precari perché la mobilità è un diritto e non un lusso. Finanziamenti per la scuola pubblica: per laboratori, per spazi per la partecipazione, per gli psicologi. E un piano regionale per l’abitare, perché i prezzi sono insostenibili». 

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Chi è

Viola Carollo, padovana, è la coordinatrice degli studenti medi del Veneto. Studenti che nelle scorse settimane hanno riempito le piazze per Gaza. Viola ha 20 anni, ha frequentato il Liceo Marchesi e ora è iscritta all’Università di Padova, Scienze Politiche. In precedenza è stata presidente della Consulta regionale degli studenti, coordinatrice della Rete Studenti Medi di Padova e da marzo dell’anno scorso di quella del Veneto. «Cosa farò dopo l’Università? So per certo che continuerò a fare politica intesa in senso ampio, manifesterò, farò volontariato...».

 

 

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