Tra gli stipendi delle donne e quelli degli uomini c’è un mese e mezzo di divario
Lo stipendio medio annuo di una donna in Europa corrisponde a quanto un collega uomo guadagna entro il 17 novembre. Ecco perché in questa data si celebra l’Equal pay day per combattere il divario retributivo di genere nell’Unione

Quanto guadagna in media un uomo più di una donna? In Europa (dati 2023), la retribuzione oraria lorda media dei lavoratori uomini era superiore del 12 per cento rispetto a quella delle donne. Un divario retributivo di genere che equivale, calcolatrice alla mano, a una differenza di circa un mese e mezzo di stipendio all’anno.
Ecco perché la Commissione europea, proprio per ricordare questa disparità e lavorare perché il gap si riduca sempre più, ha deciso di celebrare l’Equal Pay Day, la Giornata europea della parità retributiva, ossia un giorno dell’anno in cui, simbolicamente, le donne smettono di essere pagate rispetto agli uomini a cui invece l’introito è garantito fino alla fine dell’anno.
Questa giornata, come si legge nel sito della Commissione Europea, «cambia a seconda dell’ultimo dato sul divario retributivo di genere nell’Ue». Nel 2025 la Giornata europea della parità contributiva è stata fissata il 17 novembre.
L’Italia segue la data stabilita dall’Unione, mentre altri 12 Paesi europei scelgono una propria Giornata sulla base del rispettivo divario retributivo nazionale.
Nel caso dell'Unione europea, il 12% di differenza nelle retribuzioni orarie lorde medie tra lavoratori e lavoratrici corrisponde a 44 giorni in meno, ossia dal 17 novembre fino alla fine dell'anno. La buona notizia è che, sebbene lentamente, il divario si è ridotto nel corso dell’ultimo decennio passando dal 16,4% del 2012 al 12% del 2023.
La situazione in Italia
Stando all’ultimo report dell’Istat su “La struttura delle retribuzioni in Italia” pubblicato a gennaio 2025 su dati 2022, nel nostro Paese il gender pay gap si attesta mediamente al 5,6%: la retribuzione oraria media maschile è pari a 16,8 euro e quella femminile a 15,9 euro. Il gap tende ad ampliarsi tra i laureati (16,6%), tra i quali la retribuzione media oraria è di 20,3 euro per le donne e di 24,3 euro per gli uomini, ma anche tra i dipendenti con al più l’istruzione secondaria inferiore (15,2%), sebbene su livelli retributivi orari decisamente più bassi (11,1 euro per le donne e 13,1 euro per gli uomini). Il gender pay gap più contenuto (10,7%) si osserva tra chi ha conseguito un titolo di studio secondario superiore in corrispondenza di retribuzioni orarie di 14 euro per le diplomate e di 15,7 euro per i diplomati.
Il gap salariale, sempre secondo l’Istat, aumenta tra le professioni con una ridotta presenza femminile: nel gruppo dei dirigenti raggiunge un valore del 30,8% in corrispondenza delle retribuzioni orarie più alte, sia per le donne (34,5 euro) sia per gli uomini (49,8 euro); segue il gruppo delle forze armate (27,7%) con valori della retribuzione oraria pari a 16,9 euro e 23,4 euro rispettivamente, e quello degli artigiani e operai specializzati (17,6%), per i quali le retribuzioni orarie ammontano a 10,6 euro per le donne e 12,8 euro per gli uomini.
Il più basso gender pay gap si registra nelle professioni intellettuali e scientifiche (8,4%) e nelle professioni non qualificate (9,3%), caratterizzate anche da retribuzioni orarie particolarmente basse (10 euro per le donne e 11 euro per gli uomini). Il gruppo delle professioni intellettuali e scientifiche, peraltro, presenta elevati livelli retributivi (secondi solo a quelli dei dirigenti, attestandosi a 23,4 euro tra le donne e a 25,5 euro tra gli uomini) e una marcata presenza di lavoratrici donne.
Uno dei fattori che nel nostro Paese concorre fortemente a determinare il differenziale salariale di genere è l’effetto di composizione tra il comparto pubblico e quello privato. Se infatti il gender pay gap nel comparto privato è pari al 15,9%, nel comparto pubblico scende al 5,2%. In quest’ultimo le donne sono la maggioranza (55,6% dei dipendenti), hanno un elevato livello di istruzione e la più alta retribuzione oraria: tra le laureate la retribuzione oraria arriva a 23 euro ed è di ben 6,9 euro superiore a quelle delle laureate nel comparto privato; tra gli uomini la differenza si riduce a 4,1 punti, con retribuzioni orarie pari a 26,6 euro nel pubblico e a 22,5 euro nel privato.
L’analisi dell’economista
Azzurra Rinaldi, economista femminista e professoressa di Economia Politica all’Università Unitelma Sapienza di Roma, dove è anche Direttrice della School of Gender Economics, ha spiegato a Demografica Adnkronos che il gender pay gap diventa un problema di «inefficienza economica».
«Questo sistema produttivo, che è il sistema a cui noi associamo la massima efficienza possibile, in realtà cova delle sacche di inefficienza fra cui questa: la verità è che le donne nel nostro Paese, come in tanti Paesi ricchi, sono il principale capitale umano, perché secondo Ocse, Eurostat, Alma Laurea sono quelle che si laureano prima, con voti più alti», ha spiegato la professoressa Rinaldi, «Quando diciamo che le donne smettono di guadagnare, produciamo un deterrente per quelle che vogliono entrare sul mercato del lavoro, ma anche uno specchio in realtà delle discriminazioni. Se il mercato fosse efficiente, ad un più alto capitale umano femminile assoceremmo un salario più alto. C’è proprio qualcosa che non funziona e noi ce lo spieghiamo attraverso lo stereotipo».
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