Giulia, istruttrice di guida a 25 anni: «Pregiudizi? Solo dai papà»

In Veneto quasi tutti gli istruttori di guida sono uomini, ma Giulia Zanella ha scelto comunque questa strada, portando sulle spalle la voglia di cambiare il settore, un cambio marcia alla volta: «Nessun problema con le nuove generazioni, sono i genitori che mi guardano male a volte»

Elia CavarzanElia Cavarzan
Giulia Zanella, 25 anni, istruttrice di scuola guida
Giulia Zanella, 25 anni, istruttrice di scuola guida

Nel 2024 in Italia sono stati sostenuti oltre 2,2 milioni di esami per la patente di guida, tra questi, il 42% dei candidati erano donne. E tra gli istruttori, la presenza femminile resta ancora un’eccezione, specie nelle autoscuole.

La storia di Giulia Zanella, 25 anni, padovana, va nella direzione opposta. E lo fa con tutta la forza e la grinta del suo sguardo fiero per il lavoro che svolge, con l’autoironia che traspare dalla sua voce quando racconta delle facce sbigottite di alcuni papà quando vedono che l’istruttrice del proprio figlio, o della propria figlia, è una donna, giovane, di 25 anni. «Se la mettono via, se gli va bene restano, sennò cambiano. Ma quando i loro figli entrano in macchina con me si sentono tranquilli e passano l’esame».

Giuali Zanella diventata istruttrice nell’ottobre 2024, dopo due anni e mezzo di formazione e abilitazioni. Si inserisce a piedi pari in un settore dove la figura maschile è ancora dominante: «Pregiudizi contro di me? Sì, ma non tra le nuove generazioni, sono i genitori che mi guardano male a volte».

Ora lavora come istruttrice di guida all’Autoscuola Accademia di Padova, e quando qualcuno le dice “donna al volante, pericolo costante”, puntigliosamente spiega che non è così.

Giulia Zanella fuori dall'Autoscuola
Giulia Zanella fuori dall'Autoscuola

Com’è iniziata la sua esperienza come istruttrice di guida?

«In realtà un po’ per caso. Avevo studiato Psicologia, ma non sono riuscita a entrare alla magistrale che desideravo. Mi sono trovata in un momento in cui non sapevo bene cosa fare. È stato il marito di mia mamma, che ha un’autoscuola, a propormi di provare. Non ci avevo mai pensato prima, ma ho detto: “Perché no?” E così ho cominciato».

Quanto tempo ci è voluto per diventare istruttrice?

«Due anni e mezzo, tra corsi, patenti, esami. Sono riuscita a passare tutto al primo tentativo, anche grazie a una certa fortuna con le tempistiche dei bandi. Ho iniziato a lavorare ufficialmente nell’ottobre 2024».

Essere una donna giovane in questo mestiere: un vantaggio o uno svantaggio?

«Con gli allievi giovani è sicuramente un vantaggio. Si crea un rapporto immediato, si sentono più a loro agio. Con i genitori, invece – soprattutto i papà – a volte percepisco un po’ di diffidenza. Mi è successo che uno, vedendomi con la divisa da istruttrice, mi dicesse: “È lei che deve insegnare a mio figlio?” Gli ho risposto: “Sì, se vuole restare in questa autoscuola. Altrimenti può scegliere un’altra.” Alla fine il figlio ha fatto la guida con me ed è tornato entusiasta».

Hai mai avuto episodi spiacevoli sul lavoro?

«Qualcuno sì. Per esempio un’esaminatrice una volta mi ha scambiata per un’allieva. E in strada mi è capitato di ricevere commenti non richiesti, battutine, fischi… cose che, onestamente, i miei colleghi uomini non subiscono. Ma vado avanti comunque, anche questo fa parte del gioco».

Donne al volante? Sì, e per fortuna: perché guidano meglio e fanno meno incidenti
Elia CavarzanElia Cavarzan
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Come reagiscono le persone quando dici che fai questo lavoro?

«C’è chi si sorprende in senso positivo e chi resta un po’ perplesso. A entrambi rispondo con un sorriso: “Sì, sono proprio io l’istruttrice”»

Hai sempre avuto un buon rapporto con la guida?

«Non proprio. Alla patente della macchina sono stata bocciata sia alla teoria che alla pratica. Lo dico sempre ai miei allievi: un esame non dice nulla su chi sei o cosa puoi diventare. È solo un momento. Se fallisci, ti rialzi e riparti».

Cosa ti piacerebbe dire a chi guarda ancora con diffidenza le donne al volante?

«Che dovrebbero fare un giro con me in macchina. Capirebbero subito che i pregiudizi non portano da nessuna parte. Siamo capaci, attente, e possiamo anche essere un punto di riferimento per i più giovani. Questo lavoro è una grande occasione per cambiare le cose. Un passo alla volta».

 

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