Aborto, quando un diritto viene tradito. Il caso del Veneto: obiettori due medici su tre

Il report della rete Medici del Mondo in occasione della Giornata internazionale per l’aborto sicuro il 28 settembre. Il caso del Veneto, unica regione a rendere pubblici i dati sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Ma due ginecologi su tre sono obiettori e non si investe sulla rete dei consultori

Rubina Bon
La statua della Madonna in un reparto di Ginecologia (foto credit Michele Lapini)
La statua della Madonna in un reparto di Ginecologia (foto credit Michele Lapini)

Interruzione volontaria di gravidanza (IVG): quanto è una prestazione accessibile nelle strutture sanitarie pubbliche della penisola, tra medici obiettori e informazioni che scarseggiano? Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute, ha presentato alla Camera dei Deputati il report “Aborto senza numeri - L’assenza di dati come politica di deterrenza e causa di disuguaglianza” in vista della Giornata internazionale per l’aborto sicuro il 28 settembre.

Una manifestazione pro aborto a Bologna (foto credit Michele Lapini)
Una manifestazione pro aborto a Bologna (foto credit Michele Lapini)

In Italia ogni donna può richiedere l'Interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Oltre i 90 giorni, invece, l’interruzione di gravidanza su indicazione medica può essere praticata in caso di “grave pericolo per la vita della donna” o in caso di “processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”.

Il rapporto annuale, giunto alla terza edizione, evidenzia «il blackout informativo che alimenta le disuguaglianze e ostacola l’accesso a un diritto garantito dalla legge». Con un focus sul Veneto, eccellenza nella sanità ma dove due ginecologi su tre sono obiettori e la rete dei consultori è sempre più ridotta.

Il report

Il documento, spiegano da Medici del Mondo, «affronta un nodo cruciale e strutturale: la mancanza di informazioni chiare, aggiornate e accessibili sull’IVG nel nostro Paese. Un ostacolo silenzioso ma determinante per l’effettiva fruizione di questo diritto fondamentale, esercitato da oltre 65 mila donne nel solo 2022. Nonostante l’aborto sia un diritto garantito dalla legge 194/1978 e incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), chi desidera farvi ricorso si trova di fronte ad un vuoto informativo che compromette la possibilità di compiere scelte consapevoli e tempestive sulla propria salute».

Per legge, il Ministero della Salute è obbligato a presentare ogni anno al Parlamento, entro febbraio, una relazione sull’attuazione della legge 194 e sull’accesso all’IVG. Tuttavia, in oltre 40 anni questa scadenza non è mai stata rispettata e le relazioni vengono pubblicate con mesi di ritardo, con dati già superati, incompleti e non aperti. La relazione del 2024, ad esempio, è stata resa pubblica a dicembre, con quasi un anno di ritardo e riferita a dati del 2022.

Il motivo? Un processo di raccolta dati disomogeneo e difficoltoso.

«La filiera di raccolta dei dati sull’aborto non è affatto più complessa rispetto a quella di altri dati sanitari che le Regioni e le strutture raccolgono quotidianamente. Non esistono ostacoli tecnici specifici. E quando anche le richieste ufficiali di accesso ai dati vengono ignorate o rifiutate, è evidente che siamo davanti ad una precisa volontà politica di non fornire le informazioni in modo tempestivo, disaggregato, aperto e fruibile», commenta Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia, «Con conseguenze gravi e concrete: si creano disuguaglianze nell’accesso a un diritto fondamentale, senza subire discriminazioni. L’Oms è chiara: garantire informazioni accurate è il primo passo per garantire aborti sicuri. In Italia, purtroppo, siamo ancora molto lontani da questo obiettivo».

Ma passi avanti, seppur piccoli, ci sono: quest’anno ha infatti visto la luce la prima mappa interattiva nazionale dei punti IVG (qui il link), che indica le strutture attive e i metodi disponibili (chirurgico o farmacologico), frutto di un progetto del Ministero della Salute coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, con aggiornamento dei dati annuale su base Istat (ad ora sono disponibili i numeri del 2022).

Il report completo

Come leggere il documento. Cliccando sul simbolo in alto a destra si può aprire il documento a tutto schermo e leggerlo con maggiore comodità; è possibile anche usare la lente in basso per lo zoom in o lo zoom out, ossia per allargare o restringere la visualizzazione.

L’obiezione di coscienza

La legge 194 prevede l’obiezione di coscienza, ossia la possibilità, prevista dall’articolo 9, per “il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie” di dichiararsi obiettore di coscienza e dunque esimersi dal “compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”. 

Secondo la relazione del Ministero della Salute riportata nel report, in Italia si è dichiarato/a obiettore/obiettrice il 60,7% dei ginecologi e delle ginecologhe nel 2022, in leggera diminuzione rispetto al 2021, quando era del 63,4%, con numeri disomogenei nel Paese. Si va dal 25% della Valle d’Aosta al 90,9% del Molise. 

A Nord Est è obiettore il 66,6% dei ginecologi in Veneto, mentre la percentuale scende al 46,6% in Friuli Venezia Giulia.

Il caso del Veneto

Un tasso di obiezione al 66,6%, procedure farmacologiche in aumento (dal 53% del totale nel 2023 al 64% nel 2024), e una rete di consultori tra le più limitate d’Italia. I dati raccontano l’Interruzione volontaria di gravidanza in Veneto, a cui hanno avuto accesso circa 4.300 donne nel 2022.

Il Veneto, a cui il report “Aborto senza numeri” dedica un focus, è l’unica regione italiana a fornire sul proprio portale istituzionale (qui il link) dati aggiornati sull’IVG fino all’anno precedente, inclusi quelli sull’obiezione di coscienza, suddivisi per singola struttura. Si tratta di dati in formato aperto e utilizzabile.

«Il Veneto dimostra come sia possibile pubblicare dati aggiornati e in formato aperto, confermando come la mancanza di dati e informazioni da parte del Ministero e delle Regioni non sia legata ad una difficoltà tecnica ma frutto di una chiara volontà politica», commenta Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia, «Inoltre si evidenzia come la presenza di informazioni senza una loro diffusione verso l'utenza rappresenti un ostacolo al pieno godimento di un diritto di salute».

Si legge nel report “Aborto senza numeri” che «Il Veneto ha il 66,6% di obiettori/obiettrici di coscienza, una delle percentuali più alte del Nord Italia. Nel 2024 le figure mediche non obiettrici sono aumentate a livello regionale del 29%, passando da 153 a 198».

Aumentano anche le IVG farmacologiche, arrivate al 64% nel 2024 (erano il 53% nel 2023), ma non sono disponibili in tutti gli ospedali. Inoltre il Veneto, stando al report, non ha ancora adottato le linee guida per la somministrazione della RU486, ossia la pillola abortiva, nei consultori. Del resto, la rete consultoriale veneta è tra le più limitate d’Italia.

Secondo la relazione del Ministero della Salute, nel 2022 il Veneto contava 104 sedi, una ogni 50.000 residenti (contro lo standard minimo di 1 ogni 20.000). Nel 2024, secondo il sito regionale, i consultori pubblici sono scesi a 102. La media nazionale di accesso ai consultori familiari è del 43,9%. In Veneto vi si rivolge solo l’1,9% della popolazione, e si registra una carenza cronica di personale.

Risultato? Secondo Medici del Mondo è un circolo vizioso: «I consultori vengono poco usati perché non sono un servizio capillare ed efficace. Così, anziché potenziarli, vengono chiusi». 

 

Argomenti:donne

Riproduzione riservata © il Nord Est