Francesca Michelon: «Per il Tribunale sono figlia di Stefano D’Orazio, contro di me una guerra senza limiti»
Il lunghissimo sfogo social della padovana che il giudice di Roma ha riconosciuto come la figlia dell’ex batterista dei Pooh, morto nel 2020. Sulla decisione la vedova del musicista ha presentato appello. Michelon: «Una pugnalata quando in tivù disse che tra i suoi rammarichi c’era il fatto di non aver avuto figli»

L’avevamo lasciata lo scorso aprile che, attraverso i suoi legali trovandosi «dall’altra parte del mondo», commentava con pochissime parole la sentenza del Tribunale di Roma che aveva messo fine ad almeno due decenni di battaglie.
Il giudice aveva stabilito che la padovana Francesca Michelon è figlia del musicista Stefano D’Orazio, storico ex batterista dei Pooh morto nel 2020. Risultato: testamento annullato (Michelon infatti non compariva nella spartizione del lascito del musicista) e vedova condannata a risarcire la padovana.
Gli avvocati di Francesca Michelon – Francesca Urseolo, Francesco Stefanelli e Luca Pozzolini – avevano precisato all'epoca che la loro cliente, ufficialmente figlia di D’Orazio, «non vuole approfittare di un cognome famoso».
Vicenda chiusa? Assolutamente no. Perché nel frattempo la vedova di D’Orazio ha presentato appello, ma soprattutto perché Michelon finalmente ha parlato. Lo ha fatto in un post chilometrico su Facebook nel quale ha ricostruito minuziosamente tutto quello che è accaduto prima, ma anche dopo la sentenza di aprile. Il testo si intitola “Un chiarimento dopo tanti anni di sussurri e congetture...”

«Non ho mai esternato nulla, perché mi sono sempre detta che, alla fine, sono questioni molto personali e so di non dover spiegazioni a nessuno. Di natura sono una persona estremamente riservata e, nonostante le tante provocazioni, ho sempre taciuto, cercando di farmi scivolare addosso tutto e di continuare la mia vita, tenendomi dentro ciò che scaturiva da questi accadimenti. Ma a tutto c'è un limite», l’esordio del post, «Tengo a precisare che in TUTTE le occasioni in cui ci siamo visti io avevo sempre specificato che non volevo nulla da lui, se non conoscerlo meglio per conoscere di conseguenza meglio me stessa».
«Nei nostri incontri lo avevo sempre e solo giustificato, cercando per quanto potessi di metterlo a suo agio nell'eventuale imbarazzo che poteva provare nei miei confronti (spesso indugiava sulle motivazioni che lo avevano portato a non volermi, e io rispondevo sempre e solo che lo capivo... anche se non nego che a volte, avrei voluto anch’io ricevere una piccola rassicurazione… del resto, che colpa avevo io?)», prosegue, «Una cosa molto grave è successa tra il 2007 e il 2010: per qualche motivo a me davvero sconosciuto aveva improvvisamente iniziato ad andare in TV e giornali, lamentando che tra i suoi più grandi rammarichi nella vita c'era proprio quello di non aver avuto figli. Quelle sue dichiarazioni erano come pugnalate».
Francesca descrive minuziosamente tutti i passaggi dell’intricata vicenda, fino all’approdo nelle aule dei Tribunali: «Il processo è stato lungo e doloroso (anzi, i processi). Lui ha sempre fatto di tutto per rallentare o bloccare le cose. Al tempo stesso non si è mai pronunciato a riguardo, non ha mai cercato di spiegarsi o di chiedere spiegazioni. Ho dovuto subire anche un processo penale, per falso ideologico con i miei familiari».
«E' stata intrapresa una guerra contro di me che va ben oltre ogni immaginabile previsione, in cui, tra le altre cose, sono stata accusata di aver provocato la sua morte». Il primo grado del procedimento si è concluso a favore di Michelon, ma non è finita.
«Adesso è stato promosso contro di me un appello, su cui per il momento e per ovvie ragioni, non intendo entrare nel merito. Dico solo che la versione fornita va ad invertire totalmente le parti, al contrario di quanto è stato detto negli ultimi dieci anni. Al momento mi sento di dire che, quando nella vita si può pensare di aver raggiunto il limite di sopportazione, quel limite può essere, invece, oltrepassato. Io non sono solita esporre i miei fatti personali, non l’ho mai fatto e avrei preferito continuare, ma non posso davvero accettare che vengano ribaltate le carte in questo modo. È troppo doloroso. Dovrebbero esserci dei limiti dettati dal buon senso da non superare. Ma quei limiti sono stati superati. E io non ce la faccio più».
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