San Francesco, la parte migliore di noi: a colloquio con Aldo Cazzullo

Il più italiano dei santi: scrive il meraviglioso Cantico delle Creature, crea il presepe, reinventa il teatro, le sue prediche erano vere e proprie rappresentazioni, le sue parole ispirano Giotto

Massimiliano CannataMassimiliano Cannata
Aldo Cazzullo
Aldo Cazzullo

Francesco il più italiano dei santi. Aldo Cazzullo nel suo ultimo lavoro (Francesco, ed. HarperCollins) tratteggia l’eccezione figura del Patrono d’Italia. Il giornalista in questi giorni è nella nostra Regione, per presentare il suo saggio prima a Verona e poi a Monselice.

“Francesco è il primo italiano”, questa affermazione fa da fil rouge del suo libro. Possiamo argomentarla?

Francesco scrive la prima poesia in italiano il meraviglioso Cantico delle Creature che amiamo e che studiamo a scuola, crea il presepe, reinventa il teatro, le sue prediche erano vere e proprie rappresentazioni, le sue parole ispirano Giotto che modifica il fondo oro e dà corpo al paesaggio disegnando le creature celebrate dal Santo: fiori, piante, animali. Vive nasce e riposa nel cuore della Penisola, esprimendo quella italianità profonda che dobbiamo saper custodire. Francesco è la parte migliore di noi perché da lui prende le mosse il filone migliore della nostra storia. Un primato non solo cronologico, ma morale e spirituale, posto a fondamento della nostra identità

Un primato anche culturale?

Certamente, se consideriamo che lo possiamo considerare “fondatore” dell’umanesimo, che è il grande contributo che l’Italia ha dato alla civiltà universale. Per Francesco l’uomo è al centro del mondo, cresce a diretto contatto con Dio, la dignità del singolo deve essere sempre rispettata, perché siamo tutti uguali. Trattare gli uomini da pari a pari questo il messaggio radicale della sua predicazione, un messaggio rivoluzionario se pensiamo che è rivolto a una società gerarchica come quella del Medio Evo. La stessa idea di un cristianesimo meno dogmatico, più tollerante rispetto a quello coltivato in altri paesi, è un precisa eredità francescana che segna la storia della nostra chiesa.

Persino i più piccoli lo amano senza condizioni. Come si spiega questo trasporto?

E’ il patrono dei “lupetti”, come Santa Chiara, sua amica in vita, lo è delle coccinelle. Conosciamo tutti la favola del lupo di Gubbio che mansueto gli porge la zampa in senso di amicizia, della cicala che canta per lui. La favolistica che riguarda il Santo ha una forza che agisce nell’immaginario fin dall’infanzia. A Francesco non si chiedono miracoli, quelli si chiedono ai grandi francescani, Antonio, Padre Pio. Il suo miracolo è dimostrare che si può cambiare. Sceglie la povertà per essere libero, per non aver nulla da perdere, niente da dover difendere, nessuno cui sentirsi superiore. Questa semplicità profonda i bambini la fanno propria, così come l’aspirazione al bene e al bello che connota la biografia del Santo di Assisi.

Per la prima volta abbiamo avuto un Papa col suo nome. Da quel momento la storia ha cambiato corso?

Il Francescanesimo è come un fiume “carsico” che riemerge quando la Chiesa ha più bisogno di ritrovare l’autenticità dell’insegnamento evangelico e il valore della povertà. Bergoglio ha fatto una scelta coraggiosa che ha cambiato il corso degli eventi, e che ha avuto un seguito se pensiamo che il successore, Leone, porta il nome del migliore amico del Santo. Pietro è il fondamento della chiesa di Roma, Francesco è la missione, che crede nella forza del dialogo motore di conversione, tanto da scrivere, prima di morire, una lettera a tutti gli abitanti della terra presenti e futuri.

Un “uomo contro”, che ha sfidato i potenti se pensiamo alle vicende della quarta crociata. In tempi di pensiero unico un insegnamento importante, non crede?

Francesco ha rischiato di finire sul rogo come eretico, per salvare la chiesa non certo per distruggerla, cosa che il Papa dell’epoca fortunatamente comprese bene. Non ha parlato di Italia o di Europa, perché il suo orizzonte era il mondo. L’idea di creare una comunità in cui tutti sono uguali è già rivoluzionaria. Il suo è il tempo in cui nascono le Università, le città, le banche, in cui si produce denaro destinato a finire nelle mani di pochi, denaro che lui rifiuta, come gli stessi libri che erano considerati oggetti di lusso, come lo sono oggi le borse firmate. La cultura era infatti un segno di potere, di orgoglio che strideva per chi conduceva una vita da “sottomessi e illetterati” come scrive dei suoi primi seguaci. Un esempio, quello di Francesco, incardinato in un tempo di grandi cambiamenti come il Medio Evo, capace di proiettarsi nella contemporaneità con una energia intatta che obbliga sempre la nostra coscienza a riflettere.

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