Mentana: «In Ucraina rotte le regole che il mondo rispettava da 80 anni»

Il giornalista in dialogo con il direttore del Gruppo Nem Ubaldeschi a Gorizia: «Credevamo che la pace durasse per sempre»

Alex Pessotto
Enrico Mentana e Luca Ubaldeschi a Gorizia Foto Pierluigi Bumbaca
Enrico Mentana e Luca Ubaldeschi a Gorizia Foto Pierluigi Bumbaca

Nel mondo ci sono oggi 56 conflitti: dalla seconda guerra mondiale, non se n’erano mai registrati così tanti contemporaneamente. Ecco perché Papa Francesco ha parlato di terza guerra mondiale a pezzi e, del resto, per i risultati di un sondaggio di Alessandra Ghisleri, una terza guerra mondiale è temuta dal 48% di italiani.

Guerre e paci

È da questa premessa, posta dal direttore del gruppo Nem, Luca Ubaldeschi, che ha preso le mosse l’incontro con protagonista Enrico Mentana dal titolo “Guerre e paci”, organizzato dal Teatri Stabil Furlan e ieri ospitato dall’Auditorium di Gorizia. «Il mondo ha rispettato le regole per circa ottant’anni. La guerra in Ucraina le ha rotte. Di guerre ce n’erano state molte anche prima, ma tutto sembrava contenibile e poi i conflitti avvenivano per lo più lontano dall’Europa, che è stata una nostra grande protezione, ma anche una illusione – ha esordito Mentana –. Siamo quindi usciti dalla seconda guerra mondiale con la convinzione che valori come la libertà, l’indipendenza, la democrazia fossero generali. In altre parole, credevamo che la pace durasse per sempre».

L’analisi di Mentana

Enrico Mentana Foto Bumbaca
Enrico Mentana Foto Bumbaca

Così non è stato. Con i risultati sotto gli occhi di tutti. Sollecitato da Ubaldeschi, Mentana si è allora addentrato in un’analisi per trovarne le responsabilità: «La democrazia non può essere un guscio vuoto: la sostanza delle ideologie del Novecento, che garantivano una visione di futuro, si è persa. E ora i partiti tradizionali annaspano, perdono di senso, sono soltanto fucine di amministratori del presente. Del resto, il presente viene scelto in assenza di una capacità di elaborare il futuro. Sì, il presente è fatto soprattutto dalle pulsioni, che appartengono alla destra. In fondo, se la sindaca di Monfalcone diventa europarlamentare è perché la sua battaglia sui migranti ha intercettato una paura reale della popolazione, mentre, in tema di migranti, la sinistra non è stata in grado di definire una posizione differente».

Orban e il populismo

In una cavalcata tra tanti temi d’attualità, «è Orbán il padre del populismo europeo – ha ancora commentato il direttore del telegiornale de la7 –. Il suo format, poi, l’hanno copiato tutti: la famiglia cristiana contro le altre, l’Europa delle patrie rispetto all’Europa di Bruxelles. E così via. Il secondo format che oggi vediamo, però, è made in Italy e nasce nel 1994 con Berlusconi, affiancato da Bossi e Fini: un uomo molto ricco e una maggioranza di antipolitica tradizionale». Quindi, l’incontro ha preso in esame la guerra Israele-Hamas, partendo da una considerazione in materia di antisemitismo: «Se ci fosse un referendum segreto, l’antipatia nei confronti degli ebrei, largamente alimentata dopo gli orrori perpetrati da Israele in seguito al 7 ottobre 2023, risulterebbe diffusa» ha affermato Mentana, definendo quegli orrori, a scanso di equivoci, «una carneficina continua ed inescusabile». E alla domanda del direttore Ubaldeschi su chi può fermare Netanyahu, «Trump, paradossalmente – ha risposto Mentana –, anche perché Israele vive pur sempre in un sistema internazionale». Tornando al conflitto Russia-Ucraina, «Non si può darla vinta a Putin, non si può in alcun modo creare un precedente» ha aggiunto il popolare giornalista. —

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