Polizia ed esercito sloveni in rivolta contro il mancato aumento di paga

LUBIANA Il 2024? Un annus horribilis all’insegna degli scioperi, con giudici, medici, infermieri, impiegati pubblici a incrociare le braccia. Ma potrebbe andare anche peggio, in Slovenia, dove sul piede di guerra, ora, ci sono di nuovo i sindacati degli agenti di polizia. E addirittura quelli che rappresentano membri delle forze armate, pronti a scendere in piazza.
È lo scenario che si sta concretizzando a Lubiana, dove il governo Golob è entrato nel mirino di sindacati dei membri delle forze dell’ordine e dell'esercito, furenti dopo che l’esecutivo avrebbe deciso di offrire questa settimana aumenti di paga solo a una parte del settore pubblico, dimenticandosi invece di polizia e forze armate, l’accusa dei sindacati, che hanno parlato di «mossa umiliante» nei loro confronti da parte di Golob e dei suoi.
Da qui il lancio di un vero e proprio ultimatum all’esecutivo. «Se il governo non muterà immediatamente il suo atteggiamento verso il comparto sicurezza e difesa, informeremo le rilevanti istituzioni Ue di questa situazione inaccettabile e useremo tutti i mezzi disponibili per proteggere i nostri diritti e la nostra dignità», si legge in un durissimo comunicato postato sui siti ufficiali del Sindikat Vojakov Slovenije (Svs), che rappresenta i lavoratori dell’esercito e del Policijski Sindikat Slovenije (Pss), l’omologo che difende gli agenti di polizia, un documento firmato anche da altre sigle del comparto.
Sindacati che sono andati oltre, evocando appunto un possibile nuovo sciopero delle forze dell’ordine, contemporaneamente a una marcia di protesta di membri dell’esercito. Sarebbe questa l’unica via, dopo che invece che «ricevere un trattamento giusto, alla base dello stato di diritto, stiamo osservando interessi politici che demoliscono le motivazioni e l’identità dei nostri guardiani della legge e difensori della sicurezza», a causa di «un comportamento illegale del governo». Ma c’è di più, in quel comunicato.
C’è anche un richiamo quantomeno controverso, che sembra giustificare chi, in Slovenia, ha deciso di “far da sé”. A causa del mancato rispetto delle uniformi da parte dell’esecutivo «non siamo sorpresi di osservare» un crescente fenomeno di «nascita di cosiddette guardie di villaggi», leggi ronde e altri gruppi che si assegnano «illegalmente compiti di polizia», in particolare in chiave anti-migranti, hanno suggerito i sindacati, sostenendo che la carenza di fondi e la mancanza di paghe adeguate, oltre a far fuggire ancor di più membri dell’esercito e delle forze dell’ordine, starebbe «diminuendo l’efficacia» dell’azione di polizia ed esercito, con «conseguenze disastrose per la sicurezza del Paese».
Ben diversa l’altra campana, quella delle autorità al potere. «Il posto giusto per trovare soluzioni costruttive è il tavolo negoziale» e sarebbe sbagliato «intensificare» le tensioni e la retorica o «evocare un’escalation della pressione da parte dei leader sindacali», ha fatto sapere il ministero sloveno per l’Amministrazione pubblica, che ha sostenuto che il governo avrebbe poco da rimproverarsi, dopo aver prospettato aumenti per il comparto sicurezza e difesa del 25-30%, circa 400 euro a testa, una cifra significativa. Ma difficilmente le precisazioni placheranno la rabbia degli agenti, che già in passato avevano scelto il muro contro muro contro il governo, anche attraverso lunghi scioperi. E ora la frustrazione, secondo i sindacati, dilaga nelle forze armate.—
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