L’effetto Suez frena l’industria Illy: «Rischi di crisi sistemica»
I grandi gruppi temono stop alle fabbriche. Ikea e Electrolux cercano nuove rotte
Per il numero uno di Illycaffè «sono troppe le incognite geopolitiche nel mondo»

La crisi nel Mar Rosso, con gli attacchi dei ribelli Houthi alle navi commerciali che costringono le compagnie di navigazione a circumnavigare l’Africa per non passare attraverso il Canale di Suez, rischia di mandare al tappeto il commercio globale innescando nuove tensioni sui prezzi mentre la grande industria inizia a rallentare alcune produzioni.

Preoccupazione espressa anche dal numero uno di Illycaffè, Andrea Illy, che parla dal vertice di Davos dove oggi interviene come relatore ad un panel dedicato alla decarbonizzazione del settore del caffè: «Qui si discute molto di intelligenza artificiale ma il rischio più grande di questa crisi è che riparta l’inflazione piuttosto che una frenata delle produzioni. Sono preoccupato perché il 2024 si presenta come uno degli anni più difficili della storia recente. Un anno di passione. Ci sono troppi focolai di crisi nel mondo». Illy teme un allargamento del conflitto in Medio Oriente: «Andiamo verso le elezioni americane che in caso di vittoria di Donald Trump potrebbero avere un impatto non prevedibile. L’incertezza è massima e i rischi di una crisi sistemica ci sono tutti». Tornando al blocco di Suez, il presidente di Illycaffè rileva che «per la nostra azienda, che ha un grosso stock di importazione di caffè, i problemi logistici e di trasporto sono assorbibili». Il ritorno delle produzioni a casa? «Lo ritengo un fenomeno temporaneo anche perché, di fronte alle turbolenze eccezionali che vediamo sui mercati, non risolve i problemi di un Paese dipendente dall’export come l’Italia. Mi preoccupa l’instabilità mondiale che sta rallentando gli investimenti sul clima e la fragilità dell’Europa».
Ci sono analisti che temono si ripresenti uno scenario post-Covid, quando il mondo si è fermato paralizzando gli scambi internazionali: «Solo un anno fa-riflette Illy- qui a Davos si dava per certa una nuova recessione che poi non si è verificata. Oggi, a distanza di un anno, è tornata a essere une eventualità quasi certa».
Nella crisi di Suez saranno i beni di consumo a subire l’impatto maggiore a causa del rientro verso Oriente dei container vuoti, dove ci sarà penuria di navi per imbarcare i beni di consumo diretti in Occidente. Un impatto che potrebbe colpire soprattutto settori come il fashion che produce a basso costo nei Paesi emergenti. La necessità di circumnavigare il globo sta comportando per le aziende costi aggiuntivi che potrebbero essere trasferiti ai consumatori.
Una tempesta perfetta che è stata al centro di varie discussioni a Davos. Un gigante dell’arredamento come Ikea ha avvertito che le forniture di prodotti potrebbero subire ritardi se l’interruzione delle spedizioni dovesse continuare. Jesper Brodin, amministratore delegato di Ingka Group - che possiede la maggior parte dei negozi Ikea nel mondo - ha tuttavia confermato i tagli dei prezzi. Brodin ha però aggiunto che la mappa degli investimenti sta prendendo la direzione di Cina e India. Un altro colosso come Tesla ha sospeso la produzione del suo unico stabilimento europeo di auto elettriche, a Berlino. Anche un colosso degli elettrodomestici come Electrolux sta già cercando percorsi alternativi per mantenere puntuali le consegne. —
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