Mulini Gobbo, cent’anni di farine a Motta di Livenza: tre generazioni per la dinastia dei “muinèr”

TREVISO. Ricorrono quest’anno i 100 anni di attività dei Mulini Gobbo: 1920-2020. Il padre fondatore, il capostipite Francesco Gobbo e la moglie Antonia Guolo e i loro nove figli (Giacomo, Giovanni, Egidio, Silvio, Augusto, Teresa, Maria, Rita, Noemi) giungono a Motta di Livenza nel lontano 1920 da Zero Branco e da Santa Cristina, una frazione di Quinto di Treviso.
A Motta di Livenza inizia per loro una nuova vita. Rilevano l’attività di un mulino dedito alla trasformazione dei cereali in farina panificabile, a quel tempo un impiego di notevole importanza nell’economia rurale di ogni singolo paese.
Nel secondo dopoguerra il lavoro si espande e la famiglia Gobbo rileva altri mulini: uno a Villanova di Motta (di fronte la Trattoria Al Mulino che prende il nome proprio dai mulini Gobbo), un altro a Chiarano, uno a Belfiore di Pramaggiore, uno a Portogruaro e uno a Concordia Sagittaria. Diventano esperti e capaci imprenditori, ma vogliono diversificare la loro attività. Appare così la prima impresa di aratura per terzi eseguita con macchine agricole cingolate.
Alcuni figli aprono bar e caffè rinomati, sia in centro città che in località Madonna proprio di fronte la casa padronale. E poi la storica armeria con negozio Caccia e pesca di Aldo, figlio di Silvio Gobbo.
Dai “Mulini Gobbo” escono farine (come quelle da polenta, bianca e gialla) di qualità per panifici, pasticcerie, pizzerie, ristoranti e agriturismi, negozi di vicinato, fornendo la materia prima anche ai supermercati della zona e in tutto il Friuli Venezia-Giulia.
L’ultimo “muinèr”, mugnaio, a portare avanti l’attività è stato Paolo, figlio di Giacomo Gobbo, insieme alla moglie Eufemia con i figli Sonia e Sergio. Un incendio, avvenuto nel 1998, ha messo fine al lavoro dei cilindri da farina. Nella casa padronale, sede storica dell’attività molitoria, oggi rimane una rivendita di farine con articoli per animali domestici.
«Sono trascorse tre generazioni – sottolinea Sonia Gobbo, figlia di Paolo – le vicende della guerra, la devastante alluvione del 1966, ma rimane sempre in noi la consapevolezza di aver contribuito, con grande impegno da parte di tutta la famiglia, a portare sulle tavole delle case un piatto conviviale sano e puro come la polenta, prodotta con le nostre farine. Gli emigranti di Motta, quando tornavano in vacanza, si rifornivano della farina da portare all’estero per passare l’inverno». —
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