Lasciare la Russia? Le imprese del Nordest si dividono

Censimento della School of Management di Yale sul comportamento di oltre mille multinazionali rispetto alle sanzioni decise a causa della guerra

Giorgio Barbieri

L'imponente risposta dell'Occidente all'invasione dell'Ucraina sta fiaccando ormai da un anno l'economia della Russia. Le aziende, anche quelle del Nordest, si sono però mosse in ordine sparso di fronte ai dieci pacchetti di sanzioni decisi dal febbraio dell'anno scorso: c'è chi è uscito completamente dalla Russia, mentre altri stanno riducendo la loro presenza o si limitano a offrire servizi essenziali.

A misurare il comportamento di oltre mille multinazionali è stata la School of Management di Yale, secondo la quale il 32% delle aziende attive ha adottato forme di ritirata parziali o totali, dal fermo di alcuni business alla cessione di rami d'azienda russi. Sono invece una decina le imprese del Nordest prese in considerazione: si va da Generali che ha lasciato ogni attività in Russia a Benetton Group, inserita nel gruppo di aziende che stanno continuando a fare business a Mosca.

Il professore Jeffrey Sonnenfeld ha pubblicato sul sito dell'università di Yale il censimento del comportamento delle società in seguito all'invasione dell'Ucraina. Il dossier è aggiornato continuamente e oggi contiene oltre 1.586 imprese. Sono 40 le italiane presenti: in dodici, secondo lo studio, continuano ad operare nel paese al cento per cento e tra queste sono citate Diesel e Benetton Group.

«Benetton ha sospeso tutti i propri programmi di sviluppo in Russia», sottolineano da Ponzano, «un mercato dove è presente da oltre trent'anni, destinando gli investimenti previsti in nuove aperture ad attività di assistenza umanitaria del popolo ucraino da parte della Croce rossa italiana. Per ora proseguono le attività commerciali già in essere in Russia, costituite da rapporti di lunga data con partner commerciali e logistici e con una rete di negozi».

«Diesel non ha operazioni dirette in Russia», fanno invece sapere da Otb (acronimo di Only the Brave) di cui fa parte il marchio Diesel, «abbiamo chiuso da subito l'online, continuiamo a rispettare le normative vigenti rispetto alle restrizioni decise dal Governo e dall'UE».

Lo studio americano suddivide le imprese in cinque classi, a disimpegno decrescente. Nella classe A c'è chi ha lasciato del tutto la Russia: 518 aziende, tra cui le italiane Generali, Autogrill, Enel, Eni e Iveco. Nella classe B rientra chi ha "sospeso" alcune attività: la lista comprende 497 aziende tra cui Diadora Moncler, Ferragamo, Ferrari, Leonardo, Prada e Yoox.

Il livello intermedio C coinvolge chi sta "riducendo" l'intensità degli investimenti in alcuni ambiti mentre ne prosegue altri: sono 151 marchi tra cui Luxottica Ferrero, Indesit, Pirelli e Valentino. Nel caso dell'azienda fondata da Leonardo Del Vecchio ha ristretto il mercato russo alle sole operazioni relative ai servizi medici essenziali, facendo rientrare in tale categoria gli occhiali da vista e le lenti a contatto.

Vengono poi definiti "temporeggiatori" quelli che per ora pospongono investimenti russi ma proseguono rilevanti attività. Ne fanno parte 180 imprese tra cui De' Longhi, Geox, Barilla, Campari, Armani, Intesa Sanpaolo, Maire Tecnimont, Menarini, Saipem. Geox ha di fatto sospeso ogni nuovo investimento diretto in Russia e ritirato il management.

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