Da Coin alla padovana Bedeschi, composizioni negoziate è boom di richieste a Nord Est

Da maggio in Veneto i casi sono aumentati del 27,2%. Riccardo Bonivento: «Dietro a ogni numero c’è un’azienda che è riuscita a rialzarsi dalla crisi»

Giorgio Barbieri

Da Coin alla padovana Bedeschi, dal colosso friulano delle costruzioni Rizzani de Eccher a Furla. Anche a Nord Est cresce lo strumento della composizione negoziata delle crisi aziendali, una procedura volontaria e stragiudiziale che consente alle imprese in difficoltà di risanarsi tramite negoziazioni assistite da un esperto indipendente, favorendo la continuità aziendale e il dialogo con i creditori.

Secondo la sesta rilevazione dell’osservatorio di Unioncamere sul fenomeno, presentata il 30 novembre scorso, le aziende che avevano attivato questo strumento erano 87 nel 2023. Alla stessa data dell’anno successivo questo numero è arrivato a 168, sostanzialmente raddoppiando in soli 12 mesi.

«La forza della composizione negoziata», spiega Riccardo Bonivento, commercialista padovano membro del circuito di Equilibrio Finanza, «è stata recentemente consolidata anche da un recente ordinanza del tribunale di Padova, che impone alle banche di non escutere garanzie durante la pendenza di una composizione negoziata. In più, da settembre 2024, anche l’Agenzia delle Entrate è diventata un interlocutore rilevante nel processo sul presupposto di poter raggiungere una transazione del debito fiscale attraverso il percorso della composizione negoziata».

Tra le aziende che hanno usufruito di questo strumento ci sono tante Pmi (circa il 60% delle aziende coinvolte non superano la soglia dei 5 milioni di euro di fatturato e il 29% non raggiunge il milione di euro) ma anche grandi imprese che affrontano le proprie difficoltà, transitorie o strutturali che siano, grazie ad un approccio che consente loro di attivare un ventaglio di accordi individuali con i propri creditori, a maggiore vantaggio di tutti: dell’azienda che evita di avvitarsi in pericolosi circoli viziosi di debito e crisi, del territorio che riduce i rischi di depauperamento grazie all’allontanarsi la chiusura dell’impresa coinvolta e anche dei creditori stessi che possono ottenere accordi ben più vantaggiosi di quelli che si accompagnano a quello che si chiamava fallimento e che ora si chiama liquidazione giudiziale.

A Novembre 2024, in Friuli Venezia Giulia questo strumento ha interessato 27 imprese (erano 16 solo 12 mesi prima). Una crescita che si osserva anche andando riguardare l’andamento degli ultimi 6 mesi, tra le rilevazioni presentate a maggio 2024 e quelle di novembre 2024: in Veneto i casi segnalati a maggio erano 132, mentre a novembre erano 36 in più con un incremento del 27,2%, in Friuli Venezia Giulia i casi di maggio erano 21 e a novembre erano cresciuti di 6 unità (+28,5%).

«I numeri», aggiunge Bonivento, «restituiscono l’immagine di uno strumento di grande valore, ma vorrei anche ricordare che dietro ogni numero c’è un’azienda che è riuscita a rialzarsi dalla crisi, o quanto meno a chiudere un periodo difficile con conseguenze meno drammatiche, per l’imprenditore e per i dipendenti, di quelle che avrebbero potuto essere senza l’aiuto di esperti qualificati al loro fianco. E questo ha un valore inestimabile, per l’intera comunità». Un caso positivo, reso noto alla fine di ottobre di quest’anno, è quello del colosso friulano delle costruzioni Rizzani de Eccher che aveva iniziato un percorso di ristrutturazione di un debito complessivo di 350 milioni di euro nel giugno 2023 (ma l’azienda era forte di un backlog di circa 4 miliardi di euro) per chiuderlo con un successo alla fine di questo ottobre.

Complessivamente in Italia il totale delle istanze registrate a novembre 2024 ammonta a 1.860, vale a dire 823 in più rispetto a quelle censite nell’ultimo Osservatorio semestrale di novembre 2023, con una crescita incrementale nei primi tre trimestri del 2024, rispetto al medesimo periodo del 2023, del 57% (683 contro 435 istanze presentate).

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