Sport Business Forum, Costacurta amarcord: «Oggi le bandiere scappano dall’Italia»
Sabato 7 giugno, a Belluno, appuntamento con l’ex difensore che ha giocato per 20 venti anni con la maglia del Milan: «Ho avuto diverse offerte dall’estero, sono rimasto fedele perché sono romantico»

Alessandro “Billy” Costacurta, lei è stato insieme a Franco Baresi, Paolo Maldini, Beppe Bergomi, Javier Zanetti e Francesco Totti, solo per citarne alcuni, un giocatore-bandiera, incarnazione perfetta di chi ha sposato una sola maglia nel calcio che contava.
Oggi gli uomini-simbolo sono sempre di meno. Come mai?
«In realtà, qualche esempio ne abbiamo ancora. Non da noi, ma nei campionati esteri. E questo perché in Italia una volta c’erano le squadre e i giocatori migliori, dato che nei settori giovanili i ragazzi in auge non avevano motivo per andarsene, stavano bene nei loro club. Però, oggi io vedo Pedri, Gavi e Yamal che rimarranno a Barcellona per tanti anni, guardo a Madrid e vedo Carvajal che sta bene dov’è. Per cui, secondo me, queste figure non spariranno mai. In Italia no perché non hanno le soddisfazioni personali che abbiamo avuto noi ai nostri tempi. Arrivati otto, nove, dieci volte nelle finali più importanti al mondo, che cosa potevamo volere di più? In questo momento non è più possibile, neppure per l’Inter, che è giunta in due finali Champions negli ultimi 3 anni: si può dire che sia una delle più forti in Europa? No, ce ne sono 5-6 di migliori dei nerazzurri. Ma se parliamo di calcio italiano, è l’unica ad aver ottenuto dei risultati, le altre non vanno oltre i quarti di finale delle varie competizioni. Quindi, uno per guadagnare di più e avere maggiori soddisfazioni e un futuro più vincente prende e va via».

Voi nel Milan avete avuto un presidente illuminato come Silvio Berlusconi. Oggi imprenditori come lui non ce ne sono. Dipende anche da questo se il calcio italiano non sforna più talenti da coltivare e alzare la bandiera dei club?
«Berlusconi era quello che investiva di più. Stiamo parlando di un visionario. Ma lui spendeva in Europa più di tutti, per prendere giocatori adatti ai propri obiettivi, li pagava meglio di chiunque. Pensate a Papin, Pallone d’Oro, e nelle classifiche dei primi 10 per la corsa al trofeo ce n’erano sempre 6-7 del Milan. Era facile rimanere a casa propria in quel momento. Totti e Del Piero altri simboli, certo, Francesco poi voleva vincere lo scudetto a Roma e nel 2000 ci riuscì».
Ci tolga una curiosità: è nato a Jerago con Orago il 24 aprile 1966. Ma dov’è questo posto che sembra ricordare città e paesi d’oltreoceano?
«È un paesino di 5-6.000 abitanti vicino a Gallarate, provincia di Varese, attaccato all’aeroporto di Malpensa. Ma soprattutto non distante da Milanello, il quartier generale dei rossoneri».
Parliamo della sua carriera di giocatore. Nel 1986 esordisce con il Milan in Coppa Italia, poi passa in prestito al Monza in C1. Quindi il rientro al Milan e dal 1987 al 2007 vive un ventennio bellissimo e glorioso: 24 trofei, tra cui 7 scudetti e 5 Champions League. Il senso di appartenenza era anche giustificato dall’essere protagonista nella formazione più forte al mondo?
«Io la vedo in una certa maniera. Sono stato lì per una serie di motivi, anche se la mia voglia di uomo prima ancora che di giocatore sarebbe stata quella di provare anche un’esperienza all’estero. Noi siamo dei romantici e spesso mi chiedo: per noi era tutto più semplice, ma ho fatto la scelta più giusta?».
E quale risposta si è dato?
«Che mi sono limitato il campo d’azione. Penso a quando l’Atletico Madrid si fece sotto per avermi, o in Premier League fu il Tottenham a chiedermi. Sarei stato diverso o migliore, senza contare che avrei guadagnato molto di più?».
Ma perché poi è rimasto al Milan?
«Chiamatelo romanticismo, insisto».
Parliamo di allenatori. L’incontro con Arrigo Sacchi che cosa ha rappresentato?
«La svolta della mia vita. A lui sarò sempre legato e lo ringrazierò in eterno. Credo sia stato davvero il Leonardo da Vinci del calcio, nel senso che ha dato un’impronta così nuova al nostro sport che lo ha fatto rinascere, insegnandoci delle cose incredibili e creando dei giocatori fortissimi».
In carriera ha accumulato 59 gettoni con la Nazionale, segnando 2 gol. Ma soprattutto ha smesso di giocare ad oltre 40 anni, un record...
«Sono stato uno dei primi ad aver tagliato il traguardo dei 40 giocando. Ho preso sul serio la mia vita professionale, e la chiave di tutto è che non ho mai subìto infortuni gravi».
Torniamo agli inizi del Terzo Millennio. Smette nel 2007 e nell’ottobre 2008 viene chiamato dal Mantova in Serie B per iniziare la carriera di allenatore. Unica esperienza in panchina, perché si dimette dopo 4 vittorie, 4 pareggi e 6 sconfitte. Come mai non ha funzionato?
«Per fare l’allenatore ci vogliono altre qualità, che io non avevo. La mia non capacità era quella di cercare di motivare un gruppo di ragazzi che erano molto bravi e disponibili. Non volevo essere un allenatore normale, ma una star. Però capii in fretta che non potevo raggiungere determinati traguardi e pensai ad altro».
Quell’altro è l’opinionista di Sky Sport dal 2010.
«Sono soddisfattissimo di questo ruolo, ho un gruppo di lavoro che mi fa stare bene e con cui mi diverto».
Sarà uno dei protagonisti dello Sport Business Forum di Belluno. Cosa andrà a dire alle giovani generazioni?
«Siamo degli influencer, uso un termine per noi nuovo, e cercherò di far capire qual è stato il mio percorso di giocatore e uomo».
Per finire. Se avesse una bacchetta magica in mano, quale sarebbe la prima cosa che cambierebbe nel calcio italiano?
«La cultura, chiamiamola pure sportiva ma che racchiuda un risanamento economico che purtroppo non c’è. Noi tifosi dobbiamo migliorare e se un allenatore lancia un ragazzo di 17 anni deve lasciarlo giocare almeno 6-7 partite prima di avere delle risposte. Va cambiato l’approccio nel modo di leggere e guardare il calcio, questo sì».
L’evento del 7 giugno
Alessandro Costacurta, soprannominato "Billy", classe 1966 è considerato uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano. Costacurta ha legato la sua carriera al Milan, club con cui ha esordito in Coppa Italia nel 1986 e dove ha giocato fino al 2007, formando una delle difese più solide della storia del calcio insieme a Baresi, Maldini e Tassotti. Nel 2007, a 41 anni, è diventato il calciatore più anziano a segnare in Serie A. Ha collezionato 59 presenze la nazionale italiana, partecipando a due Coppe del Mondo (1994 e 1998) e un Campionato Europeo (1996). Nel 1994 è stato vicecampione del mondo. Sposato con la showgirl Martina Colombari dal 2004, dopo il ritiro dal calcio, è diventato opinionista per Sky Sport. È anche impegnato in attività di volontariato con ABIO, associazione che si occupa di bambini ricoverati in ospedale. Conosciuto per la sua serietà e professionalità, Costacurta è una figura rispettata nel mondo del calcio italiano e sarà uno dei grandi ospiti di Sport Business Forum, evento organizzato dal Gruppo Nem | Nord Est Multimedia.
Sabato 7 giugno / ore 16.30-17.45
Teatro Dino Buzzati
Piazza Vittorio Emanuele 2, Belluno, Italia
Intervista a
Alessandro Costacurta, commentatore sportivo e campione di calcio
A cura di Giancarlo Padovan, vicedirettore sport quotidiani Gruppo Nord Est Multimedia
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