Caterina Marianna Banti, romana, regina del Nacra 17
Caterina Marianna Banti, romana, regina del Nacra 17

Caterina Banti, la domatrice dei venti a Sport Business Forum: «Amo la vela, è competizione e libertà»

Si è ritirata dopo i trionfi del 2024. Parlerà a Trieste Campus il 30 maggio

Roberta Mantini

Caterina Banti, in coppia con Ruggero Tita, nel 2021 ha vinto l’Oro alle Olimpiadi di Tokyo2020 riportando una medaglia in Italia dopo 21 anni e ha bissato il successo a Parigi2024.

Dopo i Giochi di Parigi Banti ha annunciato il suo ritiro dall’attività agonistica di alto livello. La due volte campionessa olimpica oggi è consigliere nazionale della Federvela. Frequenta un Master universitario di secondo livello “Public Affairs and External Relations, Lobby” e il corso in Management Olimpico della Scuola dello Sport del Coni. Sarà ospite di Sport Business Forum venerdì 30 maggio alle 16.30 a Trieste Campus nell’incontro “L’oro nella vela di Parigi 2024”.

Martedì 3 agosto 2021 e giovedì 8 agosto 2024 sono due date che non dimenticherà. Che cosa si prova a vincere due ori olimpici consecutivi?

«Sicuramente è una bellissima emozione, ma soprattutto una grandissima realizzazione. Tutti gli sforzi che sono stati messi in campo, sia dal punto di vista personale, ma anche e soprattutto dal punto di vista di team, di equipaggio, sono serviti a raggiungere un grandissimo risultato che deve essere, come la vediamo io, Ruggero e la federazione, come un punto di partenza, non un punto d’arrivo».

La concentrazione di Caterina Banti in gara: qui con Ruggero Tita è in azione nelle acque di Fujisawa, Giappone, per le Olimpiadi del 2021 (AP Photo/Bernat Armangue)
La concentrazione di Caterina Banti in gara: qui con Ruggero Tita è in azione nelle acque di Fujisawa, Giappone, per le Olimpiadi del 2021 (AP Photo/Bernat Armangue)

Come si costruisce una vittoria olimpica?

«Si potrebbe passare ore a parlare di come si costruisce una vittoria olimpica. Innanzitutto, la cosa più importante è che non bisogna dare assolutamente nulla per scontato. Bisogna prendere in considerazione ogni dettaglio, anche il minimo, perché può fare una grande differenza. Noi siamo riusciti a costruire un team di persone eccezionali che ci hanno sostenuto e supportato in questi anni, che ha collaborato. Siamo riusciti a rendere la nostra diversità un punto di forza: siamo riusciti a essere complementari e soprattutto abbiamo avuto la presenza di tutti gli stakeholder intorno a noi, dai circoli di appartenenza alla federazione, al Coni, che ci hanno supportato in ogni modo».

C’è stato un momento in particolare lungo questo secondo percorso olimpico in cui avete capito che potevate ripetere l’oro di Tokyo?

«Se tu pensi che hai già la medaglia al collo, non la raggiungerai mai. Uno dei segreti fondamentali per raggiungere l’eccellenza, non è vincere e prendere la medaglia, ma cercare di migliorarsi continuamente ogni giorno, con dedizione, impegno, determinazione e duro lavoro, per superare ogni volta un limite fisico, tecnico, mentale. Durante i tre anni che hanno separato i Giochi di Tokyo da quelli di Parigi, ci sono stati momenti in cui non era neanche sicuro che andassimo all’Olimpiade. C’è stato un anno che noi non siamo andati bene, e al test event dell’Olimpiade è andato un altro equipaggio italiano, che ha pure vinto».

Quando guarda la medaglia, cosa vede?

«Quello che vedo non è un oggetto, che è un pezzo di metallo, è tutto il lavoro che è stato fatto per arrivare fino a qui, non solo il mio e di Ruggero, ma di tutte le persone intorno a noi. Quelle medaglie hanno un valore inestimabile, ma non è economico».

Che cos’era la vela per lei fino a quando non ha deciso di ritirarsi dall’attività ad alto livello e cosa è ora?

«È sempre stata un grandissimo strumento di libertà. Mi sono innamorata della vela perché quando ero in mare, sulla barca, riuscivo a svuotare totalmente la testa e a concentrarmi solo ed esclusivamente su quello che stavo facendo e mi dava una grande sensazione di libertà. Ma anche la competizione. Dovevo competere contro me stessa, competere con la barca e cercare di sfruttare al meglio gli elementi naturali intorno a me. Adesso la vela è anche un modo per ridare allo sport, in senso generale, e alla vela in senso stretto, quello che hanno dato a me. Vorrei che la vela e lo sport diventassero un strumento per lasciare un segno nel mondo e per rendere il mondo migliore per le future generazioni».

Come ha gestito il passaggio da una vita da atleta alla vita normale?

«Riempiendomi di impegni di qualsiasi tipo e cercando di mettermi subito dei nuovi obiettivi e delle nuove sfide da affrontare sempre nello sport ma non come atleta».

Il suo prossimo obiettivo?

«Un master universitario e un corso di formazione al Coni che sto seguendo. Da un lato mi sono rimessa a studiare, dall’altro ho cominciato anche un impegno in federazione come consigliere con delega all’Olimpica. Sto studiando per crearmi degli strumenti con i quali curare le relazioni esterne, le relazioni istituzionali di un’organizzazione sportiva. Non esiste questa figura e vorrei puntarci, perché le relazioni con il pubblico e il privato sono fondamentali in questo settore». —

 

Riproduzione riservata © il Nord Est