Beppe Severgnini a Link 2025: «Invecchiare è un’arte, ma si può imparare»
Lo scrittore presenta il bestseller Socrate, Agata e il futuro in dialogo con Daiana Paoli: ironia, memoria e dieci esercizi per vivere con garbo la terza età

Bisogna indossare con eleganza la propria età: invecchiare bene è un’arte che si può apprendere, ma solo quando ci si riesce a liberare di quello spasmodico desiderio di rimanere sempre uguali, che non può che essere fonte di delusioni. È questo il messaggio che Beppe Severgnini porterà domenica alle 12 alla Link Arena di piazza Unità, a Trieste, presentando il suo bestseller Socrate, Agata e il futuro in dialogo con Daiana Paoli, caporedattrice del Tg1 Società. Un evento già sold out, che promette riflessioni brillanti sulla capacità di invecchiare con garbo.
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Il suo libro è diventato un fenomeno editoriale con 14 edizioni in tre mesi e 90 mila copie vendute. Perché questo titolo che unisce un filosofo antico, una bambina e il tempo che verrà?
«In casa ho un brutto busto di Socrate in finto marmo, un souvenir delle Olimpiadi di Atene. Era all’anticamera della discarica quando Agata, la mia nipotina, ha deciso che le piaceva. È diventato il suo amico immaginario e ci parla. Vedere una bambina del 2022 che conversa con il filosofo simbolo della saggezza antica fa effetto. Ho pensato che io, nel mezzo tra loro, dovevo cogliere un messaggio: c’è un passato da ricordare e un futuro da rispettare. Chi vive la terza parte della vita ha il dovere di capire dove sta».
E dove sta, Severgnini?
«In un posto non facile. L’Italia non è un paese giovane. Abbiamo il dovere di comprendere il nostro ruolo. Invece vedo persone che sbagliano tantissimo. Nel primo capitolo, il più polemico, colleziono i segni di cattivo invecchiamento. Ne farò un test per il pubblico di Link: potranno rispondere anche figli e nipoti, denunciando i comportamenti dei nonni».
Lei scrive che l’invecchiamento è anche un’arte. Quali gli atteggiamenti da evitare per coltivarla bene?
«Molti, dalla mia età in su – ho 68 anni – diventano volgari nel linguaggio, aggressivi o cinici. Si tenta di proteggersi con il cinismo dal declino della forza e del potere. Non s’invecchia bene quando si smette di farsi domande, di informarsi, quando ci si abbandona a sentenze lapidarie come “non me ne frega niente, sono tutti uguali”. Ma ci sono anche segnali divertenti: non invecchi bene, se usi punti e virgola su WhatsApp».
Quanto conta l’ironia nel fare i conti con l’età che avanza?
«È fondamentale. Nel libro propongo dieci esercizi per il cervello. All’ironia dedico un intero capitolo, perché è un antidoto, un antiruggine del cervello a ogni età. Spiego anche come rimanere creativi nella terza parte della vita e l’importanza del ricambio generazionale. Prima di Trieste sarò a Torino a parlare con 600 ragazzi delle medie e del biennio superiore sul tema “cosa non sopportate degli adulti”. Con i giovani bisogna mettersi a disposizione: se esordisci con la classica frase “ai miei tempi” non ti ascoltano più, e fanno bene».
Cosa ha capito del nostro paese scrivendo questo libro?
«Che c’è chi prova a invecchiare bene e chi non fa nemmeno il tentativo. Persone incapaci di accettare il tempo che passa. Anche nel nostro mestiere ci sono colleghi che sono gomitoli di ambizione furiosa. Questo libro doveva essere la mia pensione, ma ha avuto un successo inaspettato. Mi ha fregato: devo ricominciare daccapo! Mi godo gli ultimi fuochi, per citare Fitzgerald».
Il libro parla anche di futuro. Cosa attende con speranza e cosa la preoccupa?
«Mi preoccupa un mondo in cui Trump può sembrare un esempio per un ragazzo. Questi personaggi, con la loro ricchezza, la prepotenza, l’idea di un mondo in cui le organizzazioni internazionali valgono zero perché conta solo chi è più forte, sono tossici. Non credo durerà molto: lui è un anziano problematico e dovrebbe leggere il mio libro. Mi dà coraggio, invece, pensare che gli anziani hanno sempre detto che il mondo è un disastro. La letteratura latina è piena di autori che sostenevano che il mondo stava crollando e che i giovani avrebbero distrutto tutto. Invece Agata e i suoi coetanei sistemeranno ogni cosa.
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