Margherita e Franz, i fratelli Granbassi si raccontano a Link

Protagonisti tra sport, teatro e comunicazione: per la prima volta saranno davanti a un pubblico per parlare di sé e della loro famiglia

 

Piero Tallandini
Francesco e Margherita Granbassi
Francesco e Margherita Granbassi

Domenica 18 Link si concluderà con il confronto tra Francesco e Margherita Granbassi e Fabrizio Brancoli, vicedirettore del Gruppo Nem con delega a Il Piccolo.

La campionessa di scherma e il fratello, presidente del Teatro Stabile del Fvg, si racconteranno svelando retroscena e curiosità familiari. Vi proponiamo, come “antipasto”, questa intervista doppia: Margherita e Franz.

Sport, teatro, tv, giornalismo: siete decisamente abituati ai contesti pubblici, eppure sarà la prima volta che vi troverete insieme, su un palco, a parlare di voi stessi. Cosa vi aspettate?

Margherita: «In effetti sul palco non abbiamo mai interagito, ma sicuramente saremo più politically correct di come siamo quando interagiamo in famiglia. Tra di noi siamo parecchio goliardici e abbiamo un senso dell’umorismo simile» .

Francesco: «Sono molto curioso. Tra di noi c’è sempre stato un legame molto forte, ma chissà che non sia l’occasione per scoprire qualcosa di nuovo».

Sempre andati d’accordo?

M.: «Siamo quattro fratelli, i due biondi e i due mori. Giovanna è la più grande, poi Franz e Manlio per imitare i quali ho iniziato a fare scherma. Questa passione comune, che per me e Franz è durata più a lungo, ci ha uniti sin da bambini».

F.:«Abbiamo avuto la fortuna di crescere in una famiglia molto unita. E questo per merito dei nostri genitori. Margherita sarà sempre la mia “sorellina”, ma la ritengo anche una delle donne migliori che conosco».

Avete la scherma nel Dna: cosa rappresenta questa tradizione familiare?

M.: «Mangiavamo pane e scherma, simulavamo assalti anche in casa. Franz è sempre stato il mio primo tifoso. Una volta si è preso due cartellini neri inveendo contro arbitri che avevano cambiato le sorti di assalti molto importanti. Poi per me è diventata un lavoro, un’opportunità per scoprire altri mondi. E ora ha iniziato mia figlia».

F.: «Lei l’ha praticata al massimo livello. Io non sono andato oltre al buono. Il mio unico merito è aver fatto sì, assieme a mio fratello, che Margherita iniziasse a praticarla. La scherma è stata un collante che ci ha portato a vivere, assieme, momenti di grande intensità ».

A unirvi è anche la passione per il teatro: come è nata?

M.: «Il mio interesse è aumentato grazie ai racconti di Franz e ci vado spesso, quando ho tempo. Ci porto anche mia figlia».

F.: «Grazie all’esempio dei miei genitori. Da semplice frequentazione si è trasformato, con grande entusiasmo, in un impegno che ogni giorno mi insegna qualcosa di nuovo».

Sempre in tema di inclinazioni comuni: giornalismo e comunicazione sono ambiti che vi hanno visti protagonisti. Perché vi attirano e che rilevanza hanno nel mondo contemporaneo?

M.: «Mi attira il potere della comunicazione, anche di quella quotidiana. Parole e gesti sono importantissimi, la comunicazione potrebbe cambiare il mondo, non solo in positivo, purtroppo anche in negativo».

F.: «Sono ormai da tre generazioni una passione di famiglia. Mio nonno Mario è stato a 24 anni il più giovane capocronista della storia del Piccolo, oltre che pioniere del mezzo radiofonico. Il mio prozio Manlio fu il primo giornalista, nel 1943, a fare dei reportage sulle foibe. Ho da sempre lavorato nella comunicazione, grazie all’attività creata da mio papà più di settant’anni fa. La comunicazione è uno dei pilastri su cui si basa la nostra società».

Il vostro rapporto con i social?

M.: «Ho un rapporto equilibrato con i social, li uso soprattutto per lavoro, magari per lanciare una puntata o condividere interessi e situazioni senza entrare molto nel privato. Non sempre mi piace l’uso che se ne fa e non condivido la ricerca spasmodica di viralità e followers. Mi fa paura l’impatto che possano avere sui giovanissimi e come mamma sto cercando di tenere duro con l’utilizzo dei dispositivi».

F.: «Da strumenti potenzialmente interessanti si sono trasformati in responsabili di gran parte dell’omologazione e dell’appiattimento attuali. Li utilizzo, ma senza subirli. Non sono la parte migliore dell’evoluzione digitale». —

 

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