
Il Nordest delle donne, a due velocità: dagli stipendi all’aspettativa di vita, tutti i dati
L’indice del Sole 24 Ore dedicata al benessere femminile fotografa un Paese ancora segnato da divari profondi. In Fvg e Veneto c’è più occupazione, più longevità e maggiore partecipazione civica ma restano criticità su sicurezza, imprese e divari salariali.
Una notizia che non fa notizia: nel 2025 la qualità della vita delle donne fa ancora fatica ad essere presa sul serio. La geografia del benessere femminile si muove, cambia forma, si riallinea. E mentre molte province arrancano tra salari che non crescono e opportunità che si restringono, il Nordest traccia una traiettoria diversa, più luminosa e più stabile. Qui, tra la pianura veneta e l’arco friulano, le donne vivono più a lungo, lavorano di più e partecipano con maggiore pienezza alla vita pubblica. È un’Italia che funziona, almeno in parte, e che continua a dimostrare che quando servizi, lavoro e cultura civica si intrecciano, il benessere diventa reale.
A Treviso questo intreccio è quasi perfetto: la provincia entra nella top ten nazionale con l’aspettativa di vita più alta del Paese e una continuità lavorativa che per molte altre aree italiane resta un miraggio. A Udine, dodicesima, la fotografia è quella di un territorio in cui le donne non solo lavorano, ma restano nel lavoro, e in cui la salute e la qualità dei servizi disegnano un tessuto quotidiano più solido che altrove.
Attorno a questi poli si allarga un Nordest che mostra anime differenti ma accomunate da un elemento decisivo: le donne non vi sono marginali, ma centrali. È questa la differenza che emerge dall’indice del Sole 24 Ore. È questa la direzione verso cui l’Italia potrebbe guardare per colmare le distanze che ancora la dividono. Perché la qualità della vita delle donne non è un indicatore isolato: è il termometro di quanto un territorio riesce a essere giusto, moderno e capace di crescere.
Come funziona l’Indice della Qualità della vita delle donne
L’indice della Qualità della vita delle donne del Sole 24 Ore misura il benessere femminile sul territorio italiano attraverso 15 indicatori che raccontano condizioni di salute, lavoro, sicurezza, partecipazione pubblica e qualità della vita quotidiana.
A ciascun indicatore vengono assegnati da 0 a 1000 punti, in base alla distanza tra la provincia migliore (a cui viene attribuito il punteggio massimo) e quella con la performance peggiore (punteggio minimo). Tutti gli indicatori hanno lo stesso peso e il valore finale è la media aritmetica dei quindici punteggi. Dove i dati non sono disponibili, si ricorre a stime basate sulla media nazionale o sui valori delle province limitrofe, per garantire omogeneità di lettura. L’obiettivo dell’indice è rappresentare in modo immediato dove, in Italia, le donne trovano maggiori opportunità, migliori condizioni di vita, maggiore parità.
Treviso e Udine
Tornando alla classifica del Sole, ci sono due territori che ci riportano alla realtà. Treviso è la provincia che sorprende più di tutte all’interno dell’area. Conquista l’ottavo posto nazionale grazie a un equilibrio raro: la speranza di vita femminile è la più alta d’Italia, il tasso di occupazione e quello giovanile risultano stabili e diffusi, mentre la continuità lavorativa delle donne è tra le migliori del Paese. Le giornate retribuite sono tra le più elevate e indicano una partecipazione piena al mercato del lavoro, una caratteristica che nel resto d’Italia fatica ancora a consolidarsi. A ciò si aggiunge la capacità delle donne di presidiare la vita pubblica: quasi il 40% degli amministratori comunali trevigiani è donna, uno dei valori più alti in Italia. Restano invece più deboli la presenza nelle imprese femminili e il ruolo ai vertici delle organizzazioni produttive, un divario che riflette un sistema economico forte ma ancora poco permeabile al talento femminile nelle posizioni di comando.
Udine, dodicesima, è la provincia più alta del Friuli Venezia Giulia e conferma un contesto in cui le donne vivono meglio che in gran parte d’Italia. L’aspettativa di vita femminile è una delle più elevate e il tasso di occupazione sfiora il 70%, molto sopra la media nazionale. La quota di giornate retribuite e la partecipazione femminile al lavoro sono tra i punti più solidi del territorio. Anche la presenza femminile nella pubblica amministrazione locale è significativa, con valori che superano la media nazionale. I segnali meno favorevoli arrivano invece dal gender pay gap, che resta ampio, e dall’incidenza delle violenze denunciate, che colloca la provincia nella metà inferiore della graduatoria.
Il Nordest a due velocità
Attorno a Treviso e Udine si muove un Nordest a due velocità. Pordenone, diciassettesima, mantiene performance molto elevate nel lavoro: le sue lavoratrici rientrano tra quelle con il maggior numero di giornate retribuite in Italia e la provincia è prima per presenza di donne nei consigli comunali. Il quadro peggiora però sul fronte della sicurezza e della presenza imprenditoriale femminile, entrambe aree che penalizzano il punteggio finale. Belluno, ventiduesima, racconta una qualità della vita equilibrata, sostenuta da un tasso di occupazione femminile del 71% e da competenze scolastiche – sia alfabetiche che numeriche – tra le migliori in Italia. Anche qui il gender pay gap resta elevato, un tratto comune a molte province del Nord, dove la partecipazione è alta ma non ancora sufficiente a colmare le distanze retributive.
Trieste si colloca ventisettesima ma resta un caso emblematico: la città registra uno dei gap occupazionali di genere più bassi del Paese, inferiore ai dieci punti percentuali, ed è terza in Italia per quota di donne laureate. Le sue donne lavorano di più e più stabilmente della media nazionale. Allo stesso tempo emergono fragilità: la sicurezza resta critica e la presenza di donne ai vertici delle imprese rimane ancora limitata.
Venezia, sessantesima, è la provincia più in difficoltà del Nordest nella misurazione del benessere femminile. Le donne veneziane vivono molto a lungo, come in tutto il Veneto, ma sperimentano discontinuità lavorativa, un gender pay gap superiore al 32% e tassi relativamente bassi di imprenditorialità femminile. Anche le violenze denunciate risultano più elevate rispetto alla media nazionale, un dato che incide duramente sull’indicatore complessivo.
E in Italia?
Mentre il Nordest evidenzia punti di forza e debolezze diversificate, il quadro nazionale mostra una dinamica più complessa. Siena conquista il primo posto assoluto per la qualità della vita delle donne, grazie a indicatori che combinano salute, occupazione, partecipazione civica e competenze. Firenze e Perugia completano un podio centrato interamente nel cuore del Paese, confermando come il Centro Italia continui a rappresentare un equilibrio virtuoso tra servizi, cultura del lavoro e attenzione sociale.
Il resto d’Italia appare ancora attraversato da profondi divari. Il tasso di occupazione femminile migliora e sale al 58%, ma rimane lontano dalla media europea del 70,8%. La distanza tra lavoro maschile e femminile resta stabile oltre i 19 punti percentuali, nonostante esempi virtuosi come Trieste, Aosta e Pesaro-Urbino. Le giornate retribuite migliorano, segno di una partecipazione più piena al mercato del lavoro, ma la retribuzione non segue lo stesso ritmo: nel settore privato il divario annuale supera gli 8.100 euro e peggiora rispetto all’anno precedente. Anche le laureate diminuiscono leggermente, segnale che preoccupa soprattutto nelle aree dove l’economia richiede competenze sempre più alte.
Il gender pay gap, per la prima volta misurato con un indicatore dedicato, conferma un divario medio del 31,2%. Prato è la provincia più virtuosa, con un gap del 20%, mentre Siracusa supera il 41,5 per cento. Anche territori molto forti sul piano dell’occupazione, come Bolzano, registrano differenze retributive superiori al 35%, dimostrando che l’accesso al lavoro non basta a garantire parità.
Se il quadro italiano resta complesso, il Nordest mostra comunque una tenuta significativa. La verità resta comunque una e una sola: la sfida dei prossimi anni sarà tradurre questi punti di forza in un miglioramento reale delle condizioni economiche, riducendo il divario salariale e consolidando una presenza femminile più forte là dove oggi è ancora più fragile: nelle imprese, nei ruoli di vertice e nei settori ad alto valore aggiunto.
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