Solo il 5 per cento delle imprese ha una donna al vertice: «Avanzata troppo lenta»
Indagine dell’Osservatorio Bocconi con Eric Salmon & Partners: focus su 47 aziende trivenete. Le executive rappresentano il 19% del management, molto meno le amministratrici delegate

Nel Triveneto la presenza femminile nei ruoli di comando delle aziende cresce, ma resta ancora lontana dall’equilibrio rispetto ai manager di sesso maschile. Se da un lato le donne executive rappresentano circa il 19% del management, dall’altro solo il 5% degli amministratori delegati è donna.
È quanto emerge dall’indagine dell’Osservatorio Donne Executive realizzata dal Corporate Governance Lab della SDA Bocconi in collaborazione con Eric Salmon & Partners, che ha analizzato anche un campione di 47 aziende del Triveneto (33 venete, 9 friulane e 5 trentine) per un totale di 428 funzioni executive, di cui 82 femminili.
«Il Triveneto si caratterizza per una presenza femminile leggermente superiore rispetto alla media nazionale (18%) anche nelle posizioni di business, cioè quelle legate alle strategie e alle operazioni straordinarie», spiega Simonetta Cavasin di Eric Salmon & Partners.
«Tuttavia, la concentrazione maggiore di donne si registra ancora nelle “funzioni di staff”, cioè nelle aree di supporto al business, in particolare risorse umane (43%), affari legali e controllo interno (45%) e sostenibilità (54%), mentre nelle funzioni di direzione generale (18%), relazioni con gli investitori (25%) e soprattutto nei ruoli di Ceo (5%) la presenza femminile resta molto bassa».
Cavasin sottolinea che il Triveneto riflette nella sostanza la tendenza nazionale dove solo il 7% dei Ceo risulta donna.
«Il dato territoriale è in linea con quello generale, considerato che il bacino considerato è più ristretto rispetto a quello delle 320 aziende analizzate nell’intera Penisola». L’ostacolo principale alla scalata delle donne al vertice è chiaro: «Il bacino di riferimento di donne con esperienza diretta in funzioni di business o in direzione finanza e controllo è ancora ridotto. E poiché è da queste aree che solitamente si attinge per le posizioni apicali, il potenziale di crescita è ad oggi inevitabilmente limitato».
Anche nel risk management, osserva Cavasin, «le donne ai vertici sono poche: è un ambito che richiede competenze tecniche e di analisi dei processi aziendali, dove il numero di professioniste è ancora contenuto. In particolare nel Triveneto, nel campione di aziende analizzato, tali funzioni sono risultate ricoperte da soli uomini».

Un fronte cruciale è quello formativo.
«A livello nazionale, e anche nel Triveneto, tra le donne che hanno conquistato ruoli di comando prevale la laurea in Economia, mentre è ancora scarsa la presenza di profili con studi in Ingegneria o altre discipline scientifiche. Eppure proprio queste competenze aprono la strada a carriere nel digitale e nelle tecnologie, settori sempre più strategici», spiega Cavasin.
«Per questo molte aziende stanno investendo nella relazione con le scuole, già a partire dalle secondarie di primo grado, per far conoscere le opportunità delle carriere tecnico-scientifiche. I percorsi di studi ingegneristici o comunque scientifici possono aprire orizzonti interessanti anche per le donne. È un bacino da alimentare, per non precludere in partenza una parte del potenziale, quello femminile».
Dal punto di vista del trend, l’avanzata delle donne è ancora troppo lenta: rispetto all’anno precedente, la quota di donne executive è cresciuta di appena un punto percentuale nel Triveneto e in particolare la quota di amministratrici delegate è rimasta invariata nell’ultimo anno.
L’indagine evidenzia anche come l’Europa proceda a velocità differenti: «in Italia oltre il 20% delle imprese non presenta alcuna donna nei propri team di vertice, mentre in Francia quasi un’azienda su cinque supera il 50% di presenza femminile nei ruoli executive, grazie anche ad un impianto normativo più lungimirante e a pratiche consolidate di inclusione».
Le aziende del Triveneto, tuttavia, mostrano una crescente consapevolezza. «Molte stanno adottando percorsi di mentoring, politiche di welfare e well-being per promuovere l’inclusione e sostenere la crescita femminile», conclude Cavasin.
«Per creare percorsi di carriera realmente sostenibili è fondamentale rafforzare gli strumenti di formazione e di conciliazione tra vita professionale e familiare. Solo così potremo attivare un percorso di cambiamento strutturale in cui le donne possano esprimere appieno il potenziale».
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