Miraggio pensione: il divario uomo-donna sul lavoro a Nordest è una cosa seria
Friuli Venezia Giulia e Veneto di fronte alla stessa sfida: aumentare l’occupazione di donne e giovani per sostenere il mercato del lavoro e la tenuta del sistema previdenziale. Allarme Inps Treviso: serviranno vent’anni per colmare il gap retributivo

Nel Nordest, Friuli Venezia Giulia e Veneto condividono un nodo comune: il divario di genere, che si manifesta tanto nei redditi quanto nelle pensioni, e che rischia di accentuarsi nei prossimi anni se non verranno attuate politiche incisive a sostegno dell’occupazione femminile e della conciliazione tra vita e lavoro.
Una sfida comune
Un obiettivo raggiungibile solo aumentando l’occupazione di giovani, donne e stranieri. Le due regioni infatti si trovano dunque di fronte alla stessa sfida: valorizzare il lavoro femminile come leva per la crescita e per la sostenibilità del sistema previdenziale. L’invecchiamento della popolazione e il rallentamento dei nuovi ingressi nel mercato del lavoro rendono urgente un cambio di rotta. Come ha osservato Carlos Corvino dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro del Fvg, per mantenere l’attuale tasso di occupazione del 70% serviranno 45 mila occupati in più entro il 2034, e quasi 100 mila entro il 2044.
I dati del Fvg
Nell’arco del quinquennio 2024-2028 il fabbisogno di lavoratori delle imprese e della pubblica amministrazione in Italia sarà di 3,85 milioni. In Friuli Venezia Giulia sarà di 84.200 lavoratori. Ma a fronte della prevista espansione della domanda di lavoro da parte di imprese e pubblica amministrazione, si stima che l’offerta di lavoratori formati in grado di soddisfarla sarà insufficiente: ne mancheranno, per la precisione, 16.300.
È lo scenario emerso il 26 maggio dallo studio previsionale realizzato dalla società di consulenza Ptsclas per la Regione e illustrato dal ricercatore Luca Schionato nel corso del convegno sul mercato occupazionale intitolato “Strategie e politiche del lavoro per un territorio attrattivo” che si è tenuto il 26 maggio nel palazzo di piazza Unità. Uno studio a cui si è affiancata l’analisi delineata da Carlos Corvino, responsabile dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro.
Domanda e offerta
Su un fabbisogno totale di 84.200, l’espansione della domanda di nuovi lavoratori da parte delle imprese e della pubblica amministrazione (expansion demand) fino al 2028 sarà di 9.600 figure professionali, mentre i restanti 74.600 andranno a coprire la domanda (replacement demand) per sostituire lavoratori in uscita, anzitutto per pensionamento, dal mercato occupazionale.
Visto l’aumento del numero di persone in età da pensione atteso nei prossimi anni, la prospettiva è di un aumento della replacement demand. Da oggi al 2028 la maggior parte dei lavoratori – la stima è di 62.400 – troverà occupazione nel privato e i restanti 21.800 nel pubblico (comprese istruzione e sanità). Nell’industria affluiranno 19 mila lavoratori.
Giovani e formazione
Il fabbisogno del Friuli Venezia Giulia – come ha rimarcato Schionato – viene soddisfatto da immissioni sul mercato occupazionale di giovani in uscita dai percorsi formativi, dal passaggio di persone da una condizione di inattività a una di occupazione, e dall’arrivo di lavoratori immigrati da altre regioni o nazioni.
Per quanto riguarda il numero di giovani in ingresso nel mercato del lavoro, le stime non sono incoraggianti. Risulta che da qui al 2028 mancheranno almeno 5.500 lavoratori laureati rispetto alle richieste delle imprese e della pubblica amministrazione del Friuli Venezia Giulia. Mancheranno anche almeno 5.100 diplomati dei percorsi di scuola superiore quinquennali, 5.300 qualificati e diplomati in uscita dal sistema di istruzione e formazione professionale e circa 800 diplomati tecnici.
I dati del Veneto
La situazione appare drammaticamente simile anche in Veneto. A darne un quadro la direttrice dell'Inps provinciale di Treviso, Roberta Carone, durante la presentazione del rendiconto sociale provinciale del 2024 ieri mattina a Palazzo Giacomelli: «Ci vorranno vent'anni perché le donne raggiungano la parità con gli uomini per quanto riguarda i redditi».
Le differenze
«Continua ad esserci una differenza consistente di redditi tra uomini e donne. È un a costante, ci vorranno almeno 20 anni per colmare il divario, ammesso che ci si riesca perché finché il carico di cura sia parentale che delle generazioni più anziane ricadono sulle donne avranno meno forza da investire in carriere continue e ben remunerate». Per fare un esempio e prendendo i dati dei redditi medi giornalieri, tra uomini e donne a parità di occupazione in media ci sono 30 euro di differenza, che a fine mese non sono proprio pochi.
Secondo il report una donna guadagna 78 euro al giorno, mentre un uomo con la stessa mansione ne percepisce 110. La forbice si allarga e si restringe a seconda del settore. Nell'ambito dei servizi di comunicazione e informazione, gli uomini guadagnano al giorno 40 euro in più rispetto alle donne (82 euro al giorno le donne e 123 gli uomini). Il divario più grande si verifica nelle attività finanziarie e assicurative, dove una donna percepisce un reddito giornaliero di 134, 7 euro mentre il collega maschio ne porta a casa 205, 8. Settanta euro al giorno che a fine mese diventano 1. 400 euro. Stessa professionalità, stessa mansione.
Le differenze si vedono anche nell'ambito pubblico. Le dipendenti pubbliche hanno una paga giornaliera di 101 euro mentre gli uomini di 135 euro. «È anche una questione di cultura», continua Carone, «in Italia si vede in modo particolare che non viene valorizzato il lavoro femminile allo stesso modo di quello maschile e questo è un processo che forse può avere dei risultati nel tempo, ma c'è ancora molta strada da fare», conclude Carone.
Le pensioni
Secondo il rendiconto, nel 2024 nella provincia di Treviso sono state liquidate 11. 876 pensioni previdenziali, i trattamenti pensionistici complessivi erogati dai diversi fondi gestiti dall'Inps ammontano a 261 mila, anche in questo caso con una media mensile più bassa tra le femmine (1.488 euro lordi) e più alta per i maschi (2.316,08 euro lordi).
Invertire la rotta
«Se da una parte l'aumento dell'età pensionabile e i vincoli su quota 103, opzione donna, ape sociale, lavori usuranti e precoci, hanno diminuito il numero delle pensioni, dall'altra l'aumento consistente degli ultrasettantenni porta con sé un incremento delle prestazioni collegate all'invalidità civile e alla non autosufficienza, che necessitano di finanziamenti pubblici consistenti», certifica Paolino Barbiero, presidente del Comitato provinciale Inps di Treviso, che aggiunge: «E necessario invertire la tendenza dello sviluppo e creare maggiori entrate, altrimenti per compensare i costi lo farà qualsiasi Governo, che significa tagliare la spesa sociale, allungare l'età pensionabile e diminuire la rendita pensionistica, ma anche tutelare meno la sanità e privatizzarla, con il rischio di creare ancora di più una divaricazione tra chi ha la possibilità di avere più ricchezza e chi, invece, pur trovandosi in una fascia di reddito medio che gli consentono di vivere bene, si troverà a scendere verso la soglia della povertà».
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