Linda Raff, professione architetta: «La mai vita con Papu e i nostri figli in giro per il mondo»
La compagna del campione del mondo vive ora in Veneto con la famiglia. «Con lui ci siamo conosciuti giovanissimi, fondamentale è la condivisione. Anche nei lavori di casa»

Linda Raff, architetta, designer, moglie del campione del mondo di calcio Papu Gomez, mamma globetrotter. Come va la convivenza fra tutte queste identità?
«Da sola non si arriva da nessuna parte. Ho iniziato un percorso con il life coach per trovare l’equilibrio necessario a fare tutto. Volevo riuscirci senza sentirmi in colpa se qualcosa restava indietro. Non volevo essere solo la “moglie di”, o solo la mamma, c’era anche il mio lavoro. Ma per tenere tutto insieme occorre essere in pace con sé stessi, lavorandoci e capendo tempi della vita e priorità».
Cosa l’ha affascinata dell’architettura per sceglierla come professione?
«Mi è sempre piaciuto il design, quando ero più giovane mi interessavano soprattutto abiti e gioielli. A 18 anni ero una studentessa ribelle: ultimi banchi e cattive note. Ma prendevo voti alti. Parlai con una mia cugina architetto, scoprii che nella sua professione c’era tanto disegno. Mi sono detta: proviamoci. L’Università l’ho fatta velocissima e studiando poco: mi veniva facile. L’obiettivo era fare presto, fare bene per poi fare altro. Ed ero molto organizzata con i tempi. Poi ho fatto la specializzazione in disegno di progetto e il master per creare aziende».
E del Papu cosa l’ha affascinata per sceglierlo come compagno di vita?
«Avevo 16 anni e lui 17, diversi amici in comune e abitavamo a 400 metri. Ci siamo piaciuti, è stata una cosa veloce per entrambi. Lui era molto maturo per l’età, aveva già responsabilità, un contratto di lavoro. Mi è piaciuta la sua sicurezza».
Avete tre figli, quante tate?
«Nessuna. Il rapporto che si crea con i figli dalla nascita e fino all’adolescenza è fondamentale per i rapporti successivi. Con il life coach mi sono voluta preparare per accompagnare la loro educazione».
Che tipo di educazione?
«Credo che quella tradizionale sia arrivata al limite di scadenza: è frutto dell’epoca della rivoluzione industriale, quando servivano operai e le priorità erano di un certo tipo. Appartiene a quel periodo il sistema dei voti, della media, dei test, delle prove a sorpresa, delle competizioni tra ragazzi. Per non parlare delle nozioni imparate a memoria, concetti che poi vengono rapidamente dimenticati. Ecco, tutto questo non mi convince. Certo, non posso scegliere la città dove vivere e le scuole sono quelle che trovo, ma penso si debba cambiare l’educazione tradizionale. E cerco di fare in modo che il concetto passi almeno a casa. Le maestre sanno che i voti non mi interessano. Se mio figlio si è impegnato tutta la settimana e poi per qualche motivo il voto non è all’altezza, il punto non è il voto, ma la strada che lui ha fatto per imparare. Oggi le informazioni arrivano rapidamente, si pensi a Chatgpt, la tecnologia va avanti, ma la scuola rischia di rimanere indietro».
Che scuola vorrebbe?
«Ai ragazzi bisogna insegnare a riflettere, a ragionare, non a imparare a memoria, a leggere libri obbligatori o a fare compiti su compiti. I bambini devono avere il tempo di annoiarsi perché è da lì che inizia la creatività, è da lì che possono pensare, trovando quello che piace loro veramente. La vita non è solo seguire istruzioni, ma individuare la propria strada, le cose che piacciono davvero».
Come vi dividete i compiti a casa con il Papu?
«Facciamo metà e metà su tutto, compreso cucinare, fare i letti, portare i bambini alle varie attività».
Lei, laureata, impegnata nel lavoro, è diversa dalle wags, le moglie dei calciatori. Cosa pensa del loro modello?
«I calciatori sono professionisti d’élite, devono avere il fuoco sull’obiettivo che è dare il meglio la domenica: in quello c’è il 90% della loro testa, delle loro energie. Serve una compagna con cui condividere i momenti che restano. Capisco la figura di una wag che si prende l’impegno di accompagnare. Certo, non è per tutti, a volte bisogna accettare di mettere da parte i proprio sogni».
Lei non l’ha fatto.
«Ho lavorato molto su di me per tenere tutto in equilibrio. Noi abbiamo un modo di gestire casa, famiglia e vita basato sulla condivisione. Quando uno di noi non è al 100%, arriva l’altro. Ma servono chiarezza e conoscenza per capirlo».
Come avete condiviso momenti straordinariamente belli come la vittoria ai Mondiali 2022 e straordinariamente difficili come le accuse di doping?
«Sicuramente non con leggerezza. Il momento migliore, la vittoria ai Mondiali, l’abbiamo vissuto senza dimenticare da dove siamo arrivati. Appena visti ci siamo detti: “Guarda dove siamo”. Non è tutto scontato, non dimentico quanto fatto per essere qui. Quanto al doping, se c’era una persona a cui non poteva succedere questo è lui. Perché è uno precisissimo, di quelli che quasi pesano la pasta, per capirci. Ha un profondo senso di responsabilità con il calcio, con la sua carriera. C’è chi va a letto tardi, chi esagera con l’alcol, lui invece zero perché sa che potrebbe non dare il 100%. Lui dava lo sciroppo ai bambini perché è un padre presente in casa, presente con i figli. Ci si pone delle domande: poteva stare più attento? Sicuramente c’è stata un po’ di sfortuna. Ma anche il sistema sbaglia e si deve fare delle domande: uno può prendere due anni di squalifica dopo una carriera senza problemi, dopo tutto quello che ha fatto, dopo l’esempio in famiglia?».
Vivere con un calciatore significa anche cambiare spesso città e Paese. Lei si è spostata da Buenos Aires alla Spagna con l’Erasmus e poi a Catania, in Ucraina, a Bergamo e ora a Padova. Ogni volta una vita da riorganizzare.
«Mi occupo della riorganizzazione della famiglia, ma non mi pesa. La priorità sono i bambini, la scuola, i nuovi amici. Ora il grande e il piccolo fanno calcio a Padova, nostra figlia tennis».
La prima impressione arrivando in Veneto e a Padova?
«Molto positiva: ho trovato persone disponibili, attente, divertenti che chiacchierano e che ti aiutano. Non mi aspettavo una città così viva, piena di turisti, con tanti negozi, bar, con opzioni diverse di cibo. E poi i tramezzini...».
...i tramezzini?
«In Argentina sono un piatto tipico. E qui sono così buoni...».
Da architetta: preferisce Venezia città della storia o Dubai città del domani?
«Per Venezia non ci sono parole, ci sono già stata tre volte in due mesi. A Dubai ci andiamo spesso, offre tante opportunità, puoi trovare di tutto, dalla scuola olistica a quella svizzera, dalla pasticceria indiana a quella della Bolivia. E poi c’è l’aspetto delle tasse, non perché non si debbano pagare, ma perché in Europa il peso è eccessivo, si lavora metà dell’anno per lo Stato. E quali servizi ti vengono dati?».
A Bergamo lei ha lavorato a progetti importanti come la sistemazione dell’Orio Center e al centro medico sportivo Perform. Ha già qualcosa in campo qui in Veneto?
«Ho imparato che bisogna essere presenti per portare avanti i propri progetti. È molto difficile farli funzionare se non ci sei. Ora sto studiando, sto facendo un corso di coaching perché penso che la comprensione della propria mente aiuti a sviluppare meglio ogni altra cosa. Per nuove imprese devo prima capire come funziona la città».
Argentina, terra di rivoluzionari moderni: Che Guevara, Maradona, Papa Francesco. A chi si sente più vicina?
«Vedo un legame tra loro. Comunque: mio figlio è nato il giorno di Maradona, abbiamo la sua foto a casa, è l’idolo dei miei figli. Che Guevara non appartiene ai miei anni. Per Papa Francesco tanto rispetto, ma mi spiace non sia riuscito a venire in Argentina».
Lei è attiva sui social, quale messaggio vorrebbe rimanesse tra chi la segue?
«Vivere in coerenza allineando il pensare, il sentire e il fare. Si tratta di un principio di integrità personale in cui le azioni sono in accordo con le proprie idee, sentimenti e valori più profondi. Essere coerenti significa agire con consapevolezza e allineamento, per raggiungere una sensazione di armonia interiore e creare una realtà che rispecchi il proprio sentire».
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Chi è
Linda Raff è nata in Argentina, a Buenos Aires e dal 2016 è sposata con Alejandro “Papu” Gomez, il calciatore argentino campione del mondo ora arrivato in Veneto per giocare con il Padova; hanno tre figli. È laureata in Architettura, con master in Creazione d’Impresa conseguito in Spagna. Dopo gli studi ha intrapreso un’attività imprenditoriale nella moda, lanciando un proprio marchio di abbigliamento. Ha partecipato a importanti progetti: ha lavorato con lo studio De8 di Bergamo all’ampliamento dell’OrioCenter, uno dei più estesi shopping mall d’Italia e al centro di wellness Perform sempre di Bergamo. —
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