Giorgia Hofer, l’astrofotografa delle stelle nei cieli delle Dolomiti: «Uno spettacolo alla portata di tutti»

L’astrofotografa bellunese: «Le montagne venete sono le più belle del mondo. Immortalandole vorrei trasmettere la calma e l’ammirazione che provo io». E’ stata premiata per undici volte dalla Nasa con l’Astronomy Picture of the Day

Sabrina Tomè
Giorgia Hofer, l'astrofotografa premiata per undici volte dalla Nasa
Giorgia Hofer, l'astrofotografa premiata per undici volte dalla Nasa

Giorgia Hofer, astrofotografa premiata per undici volte dalla Nasa con l’Astronomy Picture of the Day: cos’hanno i suoi scatti per ottenere questo prestigioso riconoscimento?

«Domanda difficile. Immagino piacciano i paesaggi delle Dolomiti e che chi guarda le foto si immedesimi in quello che vede. Non so poi se concettualmente i miei scatti rispondano anche a regole specifiche. Poi, forse, influisce il fatto che siano state realizzate da una donna, con una sensibilità diversa: mi dicono che sono romantiche».

Ha scelto di fotografare il cielo perché non le piace quello che vede sulla terra?

«In realtà la terra che riprendo io mi piace molto, sono le Dolomiti. C’è, nei miei scatti, il connubio tra cielo e terra, e secondo me è questo legame che riesce a trasmettere qualcosa di più. Se dovessi fare solo foto di una costellazione l’immagine avrebbe una certa carica; mettendoci anche il paesaggio, chi la guarda è come se si trovasse in quel posto. Insomma, amo ambientare le foto. E, soprattutto, mi piace uscire a osservare il cielo».

Portandosi sempre dietro la macchina fotografica?

«Si, perché non si sa mai».

È iniziata prima la sua passione per l’astronomia o quella per la fotografia?

«Ho sempre avuto passione per il cielo, per la scienza, per l’astronomia. Quand’ero piccola, a casa avevamo l’Atlante della Terra e le ultime pagine erano quelle sull’astronomia che amavo sfogliare. Ho iniziato ad acquistare libri specifici, per capirne di più. Quando nel ’96 o ’97 iniziarono a circolare le immagini del telescopio spaziale Hubble, ho comprato il mio primo libro con le foto dei pianeti. Poi mi è sempre piaciuta anche l’arte, disegnare, e da piccola lo facevo tantissimo. Guardavo il cielo, la luna con le montagne e provavo a mettere sul foglio quello che vedevo. In realtà il risultato non era granché e ho abbandonato il disegno. Quindi ho scoperto la foto paesaggistica e da lì è nata la passione. Quando ho visto i primi lavori degli amici dell’associazione astronomica di Cortina, di cui faccio parte, ho deciso che volevo imparare anch’io. E ho comprato la mia prima macchina fotografica».

Anno?

«Nel 2009. Gli amici dell’associazione mi hanno aiutata a coltivare questa passione e a continuare. I primi anni i risultati erano limitati, poi ho acquistato obiettivi più adatti e sono partita davvero».

Nell’epoca in cui dominano i selfie e ci sentiamo tutti fotografi cosa distingue le foto d’autore?

«Io cerco sempre posti nuovi, mi infastidisco quando vedo quelli in cui vanno tutti. C’è la ricerca di inquadrature nuove, mai viste, voglio che la mia foto emozioni chi la guarda. Ma in primis deve emozionare me. Se non succede non la pubblico. Sto sempre imparando, non ritengo di essere arrivata, ma al contrario di poter continuamente migliorare e che ogni uscita faccia bene alla mia esperienza».



Stampa le sue foto?

«Solitamente le pubblico sui social e sul mio sito. Le ho stampate perché ho fatto delle mostre. Mostre che mi hanno chiesto di allestire... sono troppo timida per proporle io».

Come nasce l’ispirazione per la foto? Preferisce improvvisare oppure seguire un calendario di eventi astronomici?

«Dipende. All’inizio dell’anno, quando escono i calendari degli eventi astronomici, preparo un programma. So già che in alcuni giorni ci saranno situazioni particolari, poi però tutto dipende dal meteo. Ma capita che ci siano avvenimenti improvvisi, come l’aurora boreale dell’anno scorso a maggio o di quest’anno a novembre. Bisogna prendere la palla al balzo: se c’è qualcosa, si esce».

Come sceglie il luogo? In base al miglior posto di osservazione o a quello che più piace a lei?

«In base al posto migliore per quello che devo riprendere. Per esempio quest’estate sono stata a Danta perché c’era una congiunzione favorevole verso est per riprendere il paese con le luci del mattino. Spesso cerco posti vicini a casa, ma una notte sono andata sulla cima della Tofana. L’importante è aspettare il momento giusto e partire quando si può».

Va anche all’estero o preferisce rimanere sulle Dolomiti?

«Ci sono eventi come l’eclissi di sole che richiedono di spostarsi: nel 2016 sono stata in Indonesia. È un evento particolare: bisogna essere in un posto preciso, a differenza dell’eclissi di luna che si può vedere quasi ovunque. Solitamente, comunque, preferisco le Dolomiti».

Cosa rende così speciale il cielo delle Dolomiti venete?

«C’è pochissimo inquinamento luminoso. Fuori dal paese abbiamo cieli bui, ci sono moltissime strade che ci permettono di raggiungere posti alti. E poi la bellezza delle Dolomiti, le montagne più belle del mondo. E questo a detta di tutti. Magari io non conosco bene il mondo, ma mi ritengo fortunata a vivere qui. La possibilità di uscire per una passeggiata nel bosco la sera tornando dal lavoro, senza il caos della città, è una cosa impareggiabile».

Teme che le Olimpiadi possano danneggiare questo paesaggio ancora in parte incontaminato?

«È vero che c’è tanto più turismo, rispetto a qualche anno fa la differenza si nota. Per quanto riguarda l’aspetto dell’inquinamento luminoso, al momento i turisti non danneggiano eccessivamente, basta cercare mete più isolate che non tutti sono disposti a raggiungere» .

Per Cartier Bresson la fotografia è osservazione fedele della realtà, per Ansel Adams invece il mondo viene ricreato attraverso la foto. E per Hofer?

«Fedeltà alla realtà, perché il cielo è già bellissimo e non ha bisogno di trucchi. Su internet si vedono immagini che possono sembrare la realtà, io mi accorgo che non è così... La mia priorità è rispettare rigorosamente la realtà in base al luogo da cui ho deciso di fotografare. Ci sono però delle tecniche che si possono sfruttare per creare delle foto interessanti: come la mia foto della Luna che tramonta dietro il rifugio Auronzo. Riprendendo la scena con un forte ingrandimento ho sfruttato l’illusione ottica della compressione prospettica creata dalla lunga focale».

Quale fenomeno astronomico non ha ancora catturato e sogna di immortalare?

«Mi piacerebbe riprendere l’occultazione di Giove da parte della Luna. È successo un paio di volte da quando ho questa passione, ma è evento raro e a causa del meteo avverso non sono mai riuscita a riprenderlo. Oppure una pioggia di stelle cadenti. O ancora l’aurora boreale vista dalle alte latitudini. E poi vorrei rivedere il cielo australe. Quando siamo andati in Indonesia ho osservato le stelle visibili dall’emisfero sud dove c’è una concentrazione pazzesca di stelle. In confronto da noi non ce ne sono».

Quale emozione vorrebbe provasse chi guarda i suoi scatti?

«Vorrei che le persone provassero quello che provo io: grande calma e ammirazione per lo spettacolo del cielo. Mi rapisce guardare la Luna, è un’emozione enorme. E penso: ma queste cose sono lì fuori, il cielo è alla portata di tutti, è uno spettacolo gratuito che può essere lì se uno lo vuole osservare. Vorrei passasse questo messaggio, che tutti possono osservare questo spettacolo».

La prossima foto, dove?

«Non l’ho ancora programmata. Ora, verso Natale, ci sarà una congiunzione tra Saturno e la Luna. Dipende però da come sarà il meteo».

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