Valentina Galesso: «Caparbie e resilienti, ecco perché le donne sanno fare agricoltura»
Presidente veneta Coldiretti, Valentina Galesso ha un’azienda agricola in provincia di Padova dove lavora la lavanda. Alleva anche cavalli: «Il branco ti insegna che si cresce quando si rispettano i ruoli». E sulle imprese rosa: «In Veneto sono il 50 per cento: l’agricoltura oggi ti dà opportunità creative»

Se fosse nata pianta?
«Sarei la lavanda».
Per quel colore viola?
«Non solo. La lavanda ha moltissime proprietà, ma ci sono due cose principali che amo di lei e in cui un po’mi ritrovo. Sebbene possa sembrare fragile, è estremamente forte; è una pianta resiliente che sopporta stress elevati. Inoltre, il suo frutto migliore, l’olio essenziale, si ottiene dalla massima maturazione della pianta, non dalla fioritura lilla, ma quando il colore diventa viola scuro, quasi borgogna. Questo mi ricorda che la bellezza migliore non è legata solo alla giovinezza o all’apparenza esteriore. E questo colore più scuro è infatti quello che ho scelto per il brand della mia azienda».
Come è arrivata a diventare presidente regionale delle donne Coldiretti?
«È stato un percorso iniziato nel 2018. Sono stata eletta per rappresentare le donne di Padova quasi subito dopo essere entrata nel mondo dell’agricoltura, da cui non provenivo. Ho portato avanti questo impegno per cinque anni con grande entusiasmo, e poi ho avuto l’onore di essere eletta come rappresentante delle donne del Veneto e nell’esecutivo nazionale».
Qual era la sua vita prima di approdare all’agricoltura?
«Venivo dal mondo della moda. Fin da ragazza ho lavorato in questo settore, prima nell’abbigliamento e poi nelle calzature, con uno showroom sulla Riviera del Brenta. Ho scelto di lasciare quella vita, anche se era una vita di successi e soddisfacente, per inseguire questo sogno di fare qualcosa in agricoltura».
E questo sogno si è concretizzato nella sua azienda agricola di Bovolenta.
«Esatto. L’azienda include una fattoria didattica, un agriturismo con alloggi e un allevamento di cavalli. Ho voluto aggiungere un tocco d’arte creando il labirinto di lavanda più grande d’Italia».
Il suo amore per la lavanda come si è trasformato in un labirinto artistico che vengono a fotografare da tutta Europa?
«L’idea della lavanda è stata una casualità, suggerita da un caro amico di famiglia, farmacista ed erborista. Così ho avviato una linea cosmetica naturale. Il tocco d’arte di creare un labirinto viene dal mio percorso nella moda, dove ho appreso e visto tanta bellezza; l’unione di natura e bellezza è quello che cerco nel mondo».
Mi parli del suo ruolo in Coldiretti e dei progetti che porta avanti.
«Rappresento un gruppo di donne, quindi le idee sono condivise. Sicuramente quella più importante si rivolge all’agricoltura sociale. È un progetto nato in Veneto che ha portato a una legislazione dedicata a livello nazionale, ma che purtroppo ha trovato ostacoli nell’attuazione. Ora è stato ripreso in mano e speriamo diventi di nuovo la locomotiva per il resto d’Italia».
In cosa consiste l’agricoltura sociale?
«L’agricoltura sociale ha due rami. Uno è il ramo del servizio: le fattorie sociali diventano luoghi dove persone con disabilità o in programmi di riabilitazione possono elaborare i loro percorsi. In abbinata all’ASL, possiamo diventare un servizio per chi usufruisce di bonus statali, ad esempio, usando il cavallo come cura, un po’come la Pet Therapy. L’altro ramo è l’assunzione di lavoratori. L’azienda può avere dei benefit assumendo persone che provengono da situazioni di problematiche o disagio sociale. Questo include non solo malattie, ma anche riabilitazioni dal carcere o donne che hanno subito abusi e necessitano di essere riabilitate e reinserite nella società».
Dal suo punto di osservazione, come è cambiata l’agricoltura femminile nel Veneto?
«È cresciuta enormemente. Pensate che delle 14. 000 imprese agricole iscritte alla Camera di Commercio in Veneto, il 50% è guidato da donne. Molte hanno preso l’azienda di famiglia, ma molte altre, come me, vengono da altri mondi e hanno trovato nell’agricoltura una possibilità di attuare qualcosa di creativo».
Come si spiega questa crescita delle donne in agricoltura? Hanno forse gli uomini abbandonato il settore?
«Gli uomini non hanno abbandonato, ma le donne sono cresciute in numero e importanza. Questo grazie alla diversificazione agricola e a un’agricoltura più innovativa, che ha offerto uno spazio dedicato a noi. Le attività si sono diversificate molto: agriturismi, fattorie didattiche, cantine, attività legate alle piante officinali. Questo aspetto creativo caratterizza maggiormente le donne».
Le donne venete sono brave in agricoltura?
«Non lo dico io, lo dicono i numeri, che sono sempre in crescita, sia come aziende che come risultati».
Quali sono le caratteristiche che secondo lei rendono le donne particolarmente adatte a questo settore?
«La donna ha due caratteristiche principali. Innanzitutto, una resilienza e una caparbietà importanti. Anche se il risultato non è immediato, c’è molta lungimiranza e capacità di attendere, perché i percorsi agricoli richiedono tempo e insistenza. L’altra cosa è la passione e la forte impronta creativa, la voglia di portare un grado importante di emozionalità anche nel lavoro. Non si cerca il business a tutti i costi, ma il business che piace a noi».
Lei ha usato spesso le parole resilienza e caparbietà per descrivere anche sé stessa. In cosa misura questa sua caratteristica?
«Dal punto di vista imprenditoriale, la misuro nel fatto che negli ultimi anni i piani sono stati stravolti da situazioni esterne importanti: pandemia, guerre, input economici mondiali. Il fatto di non farsi spaventare, ma continuare a sognare, investire e reinvestire è un aspetto resilientissimo, ed è assolutamente anche mio. Senza resilienza, resistenza e passione è difficile diventare un imprenditore».
Tornando alla sua azienda, l’idea di aprirla è nata dalla sua passione per i cavalli?
«In realtà, la leva motivazionale non sono stati solo i cavalli, ma la voglia di donare al mondo qualcosa che avevo già fatto e compreso. Desideravo creare un’azienda che lavorasse su tutto ciò che avevo imparato, anche grazie ai cavalli: il fatto che il percorso di una persona può essere condiviso con gli altri. Per questo ho aperto una fattoria didattica e organizziamo eventi legati alla crescita culturale e interiore, all’essere utili nella società».
Cosa le hanno insegnato i cavalli?
«I cavalli insegnano che all’interno di un branco, se i ruoli sono rispettati e svolti al meglio, il branco sopravvive e cresce. Se un solo individuo non collabora, il branco in natura soffre. Facciamo molti team building mediati dai cavalli per questo. Studio l’etologia del cavallo. Il cavallo fa da specchio alla persona; per entrare in sintonia con lui, devi essere centrato con le tue emozioni. Sono come uno yoga per noi».
Quanti cavalli ha nella sua azienda? Li conosce tutti?
«Ho 30 cavalli. Sono partita dai miei tre. Li conosco perfettamente, ognuno ha il proprio carattere ed esigenze, proprio come le persone. Per rapportarmi con ognuno, devo avere un comportamento diverso, come con le persone. Per entrare in empatia, devo comprendere il loro bisogno, necessità e canale comunicativo migliore. Loro rispondono in modo molto diretto: o ti seguono e ti riconoscono come referente, o non lo fanno. Questo è uno specchio della tua coerenza e centratura».
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Chi è: imprenditrice, titolare di una tenuta nel Padovano
Presidente delle imprenditrici agricole della Coldiretti Veneto, Valentina Galesso, 43 anni, è titolare della Tenuta “Va Oltre” a Bovolenta (Pd). Ha seminato il labirinto di lavanda più grande d’Italia ispirato ai Cavalieri Templari e inaugurato un allevamento di cavalli in gestione naturale.
Nell’azienda agricola di Valentina Galesso gli animali in branco vivono una seconda possibilità. Il ranch di Valentina è diventato anche luogo ideale per concerti e spettacoli all’aperto. Proprio a ridosso del lavandeto, che produce una linea di biocosmesi a base di olii essenziali, si sono alternati scrittori, cantanti e musicisti.
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