Bassetti e l’arte di fare libri: «A Venezia la culla dell’editoria libera»
Piglio imprenditoriale milanese e amore per la laguna: Emanuela Bassetti e una vita in Marsilio Editori. L’impronta di Cesare De Michelis, gli autori dirompenti, gli anni duri di Mani pulite

Emanuela Bassetti, vicepresidente di Marsilio Editori e presidente Marsilio Arte. Di Milano ma venezianissima, la sua famiglia è legata allo storico marchio del tessile italiano Bassetti, eppure lei ha da sempre “fatto” libri. Come le è venuto in mente?
«Le racconto un aneddoto che forse spiega il punto d’incontro tra l’educazione borghese, la milanesità, il senso del lavoro. Tra voglia di affrancarsi e la propensione all’impresa culturale. Alla morte del nonno, come gli altri nipoti ho ricevuto un lingottino. Ci ho comprato un buco di casa e ho detto ai miei: “Me ne vado”. Era il 1968, io appena maggiorenne, non ancora laureata ho trovato impiego alla Emme edizioni. Erano tempi diversi».
Il suo percorso di donna imprenditrice è stato in salita?
«Direi di no, ma sono stata una donna fortunata. Ho studiato quello che volevo, non mi sono sposata a 23 anni, come si usava, ho potuto costruire la mia vita. Uscita di casa, mio padre mi disse: “Qui ci sarà sempre un piatto per te ma, sappi, d’ora in avanti dovrai arrangiarti”, e per questo gli sono grata. Quando dico fortunata intendo, anche, che faccio parte della prima generazione in cui le donne si sono messe a lavorare, a cui il Sessantotto ha dato l’indipendenza. In tutto ciò ho incontrato Cesare, il prof De Michelis, mio futuro marito. Così sono approdata a Venezia e in Marsilio».
Venuto a mancare nel 2018, è stato emerito di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, editore, saggista, critico letterario, tra i fondatori della casa editrice veneziana a cui, dopo mezzo secolo, lei dedica ancora l’entusiasmo più puro. Cosa ricorda di lui?
«La visione alta, il coraggio di guardare lontano» dice seduta alla scrivania, nello studio in Marittima, a Venezia, mentre il Canale della Giudecca mormora oltre la portafinestra spalancata. «Era uno straordinario editore. Ci ha cresciuti tutti con il motto: “Bisogna vendere i libri che si fanno e non fare i libri che si vendono”».
Cosa ricorda dell’arrivo in casa editrice?
«Era il 1977, Marsilio era già stata trasferita a Venezia ma era ancora molto artigianale. Era stata fondata a Padova nel 1961, a pochi anni dalla prima esperienza di centrosinistra, occupandosi delle discipline sociali con cui, gli accademici del Bo, volevano portare idee alla nuova esperienza politica. Per anni si è lavorato cercando di mettere a posto i conti.
Si è sentita subito accolta?
«L’inizio è stato complicato. Ma ero comunque la moglie di un signore importante, il professor De Michelis, ed ero una Bassetti. Se non andava bene una, andava bene l’altra (sorride, ndr). Ma la città era estremamente chiusa, snob, scomoda. Ricordo la tragedia del carrello della spesa da trasportare su e giù per i ponti… Oggi, però, posso dire di essere quello che sono perché ho avuto la fortuna di abitare qui. E se Venezia per me è la forza, l’energia, per Marsilio è linfa vitale».
“Vendere i libri che si fanno”: che cosa significa?
«Stare sul mercato senza perdere la propria identità. Un equilibrismo che, assieme al radicamento nel territorio veneziano, ha da sempre incarnato l’anima di Marsilio Editori come, poi, di Marsilio Arte. Solo così sei una casa editrice di progetto, con un disegno suo. D’altra parte, il filosofo Marsilio da Padova sosteneva la separazione tra i poteri religioso e temporale. Quindi già chiamarsi come lui, in un Veneto allora democristiano, che tendeva a riunirli, voleva dire: “Noi siamo diversi”».
E che libro è il libro Marsilio?
«Un prodotto di qualità, innanzitutto. Sia come oggetto fisico che come strumento che dà voce ad autori con cui capire cosa, in quel momento, sta accadendo intorno. A pensare in modo non omologato».
Chi è un autore con questa cifra?
«Potrei citare Marcello Veneziani, ma vale per tutta la nostra selezione. Così come per le mostre che dal 2021 organizza Marsilio Arte, un’esperienza in cui l’ad Luca De Michelis, figlio di Cesare e protagonista nel cambio generazionale riuscitissimo, ha un ruolo portante. Anche qui, ciascuna esposizione è soppesata e prende vita solo in luoghi con un significato. A gennaio, ad esempio, portiamo Anselm Kiefer, con un allestimento site-specific nella Sala delle Cariatidi al Palazzo Reale di Milano».
Tornando alle radici della galassia Marsilio, perché proprio Venezia?
«Perché è la capitale dell’editoria del Cinquecento, grazie alla stagione inaugurata da Aldo Manuzio, e perché Cesare era veneziano. Con un po’ di presunzione, tornare in Laguna voleva dire riallacciarsi a questa tradizione, in ottica di servizio al territorio. Con lo stesso spirito Marsilio è entrata, come dicevo, nel sistema dell’arte. Tra cataloghi, guide e allestimenti, un ambito in cui ho fatto tesoro della precedente esperienza in Civita Tre Venezie con soddisfazione: oggi Marsilio Arte sa cogliere i coglie i frutti splendidi e maturi di una Venezia capitale mondiale dell’arte contemporanea».
Ricorda tempi duri in azienda, sul fronte economico?
«Eccome. Per dare l’idea, i primi tempi un fornitore, stufo per i ritardi nei pagamenti, un giorno minaccia al telefono di andare dall’avvocato ma chiede, prima, di parlare col signor Marsilio. Il commercialista di allora gli risponde che il signor Marsilio è morto, e questo, poverino, si scusa e dice che si farà vivo il mese prossimo. E intanto un po’ di tempo lo avevamo recuperato».
Come ha vissuto la donazione dei libri del prof De Michelis all’ateneo di Padova?
«All’inizio malissimo. Parliamo di 55 mila titoli solo di letteratura italiana, di cui fare una biblioteca consultabile. Il progetto ha preso piede con il rettore Rosario Rizzuto e anche l’attuale rettrice, Daniela Mapelli, ci crede molto. L’obiettivo è finire nel 2028, quando avremo pubblicato anche tutti e sei i titoli della collana di Cesare. A casa, in quello spazio arriverà l’archivio storico Marsilio ora in Grafica Veneta».
In Italia il mercato dei libri è in crisi?
«Noi navighiamo in acque serene ma c’è un po’ di sofferenza. Il problema dell’Italia è che chi legge compra sempre di più, ma è una fetta ristretta, sempre più istruita e non giovanissima. Soprattutto donne e al nord. Ma più libri si vendono in un Paese, più questo è democratico...».
Questione di educazione?
«Leggere deve diventare un’abitudine, fin da piccoli. Trovo indispensabile che la scuola faccia di più nei confronti del libro, appassioni alla lettura».
L’ultimo titolo che ha letto?
«Il Paese che conta di Linda Laura Sabbadini. Lo abbiamo pubblicato di recente, lo trovo fantastico. Lei è stata direttrice dell’Istat. Ti fa capire che i numeri sono sangue, passione, storia. Che sono uomini e donne, diritti, bisogni».
Un’ultima domanda. Mani Pulite: prova ancora amarezza per quegli anni?
«Il ’92 è stato un anno terribile per la Marsilio. Non c’erano tangenti da trovare ma per il fatto che mio cognato si chiamasse Gianni De Michelis, e che fosse stato incriminato, per associazione di cognomi siamo finiti su tutti i giornali. Quel nome improvvisamente era diventato scomodo, e lavorare con enti e istituzioni un problema. Cesare, poi, per motivi di salute era fragile. Abbiamo pensato: “È finita, chiudiamo”. Ma quando ne abbiamo parlato al Cda, in tutta risposta ci è stato detto: “Tu De Michelis ti occupi di trovare libri, tu Bassetti di guardare i conti. Rimettetela a posto”. E così è successo. Abbiamo chiesto un prestito ad amici importanti. Carlo Caracciolo, Massimo Cacciari, i Coin, i Bassetti. Hanno risposto in molti. Con un milione di euro abbiamo fatto l’accordo con Rizzoli, a cui è seguito quello con Feltrinelli. Voltando pagina, abbiamo imparato a crescere».
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Chi è
Emanuela Bassetti, milanese, proviene da una famiglia di imprenditori del tessile. Si laurea in filosofia, nel 1973, all’Università Statale di Milano.
Cavaliere della Repubblica italiana, è vicepresidente di Marsilio Editori, presidente di Marsilio Arte, membro del Consiglio generale di Fondazione di Venezia e del board UniCredit Nordest, membro dei Cda di Fondazione M9, M9 District, Fondazione Pellicani.
Dal 1972 al 1974 lavora a Milano per Electa ed Emme, poi a Guaraldi a Firenze e, dal 1976, per Marsilio, casa editrice indipendente con sede a Venezia e di proprietà ora della famiglia De Michelis e Gruppo Feltrinelli.
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