Congedo parentale, ecco perché resta (ancora) un’opportunità solo per mamme

Lo strumento per le famiglie con figli fino a 12 anni raccontato attraverso i dati dell’Inps: nel primo anno di vita del bambino in media le madri fruiscono di 126 giorni contro i 36 dei padri. Il 91 per cento degli uomini non beneficia nemmeno di un’ora in 12 anni. Le novità, i numeri, le prospettive

Rubina Bon
I dati del Rapporto Inps 2025 raccontano l'uso del congedo parentale
I dati del Rapporto Inps 2025 raccontano l'uso del congedo parentale

Congedo parentale, una giungla in continua evoluzione. La norma cambia, si modificano la durata e la percentuale di indennizzo nell’ottica dichiarata di ampliare le misure a sostegno della genitorialità. E vengono coinvolti sempre più i papà. Già, ma loro si lasciano coinvolgere? Ecco cosa raccontano i dati contenuti nel XXIV Rapporto annuale dell'Inps.

Che cos’è il congedo parentale

Il congedo parentale è il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ad astenersi dal lavoro per la cura e l'assistenza del proprio figlio/a fino al compimento dei 12 anni o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Va in aggiunta alla maternità obbligatoria per le madri e ai giorni obbligatori per i padri.

Previsto per entrambi i genitori lavoratori dipendenti, il congedo parentale può essere fruito per un massimo complessivo di dieci mesi (elevabili a undici se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi). A partire dal 1° gennaio 2025, i primi tre mesi di ciascun genitore sono interamente indennizzati all’80% della retribuzione, ma solo se fruiti entro il sesto anno del figlio (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).

Oltre ai tre mesi non trasferibili, i genitori hanno diritto a un ulteriore periodo complessivo di tre mesi, da ripartire tra loro, con indennità al 30%. Dal quarto al nono mese l’indennità resta fissata al 30%, mentre eventuali mesi aggiuntivi possono non essere retribuiti, salvo che il reddito individuale sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo Inps. Il diritto è pienamente riconosciuto anche in caso di genitore solo.

Dal 1° agosto il servizio online “Domande di maternità e paternità” dell’Inps è stato aggiornato con la nuova funzionalità “Consulta contatori congedo parentale”, che consente la consultazione dei congedi parentali richiesti negli ultimi 12 anni.

Un affare da madri

E’ chiaramente nel primo anno di vita del bambino che si registra il picco significativo nel numero di giorni di congedo parentale. In media le madri fruiscono di 126 giorni contro i 36 dei padri. 

A partire dal secondo anno si osserva una riduzione per entrambi i genitori, anche se molto più marcata per le madri che fruiscono in media di circa 37 giorni di congedo, mentre i padri scendono a circa 27 giorni.

Il trend continua con un ulteriore calo nel terzo e quarto anno, seguito da una lieve ripresa fino al sesto anno di vita. Dal settimo al nono anno, il ricorso al congedo parentale diminuisce ulteriormente, stabilizzandosi intorno ai 13-14 giorni sia per le madri che per i padri.

Dal 2023 le condizioni di accesso al congedo parentale sono diventate più favorevoli: ciò potrebbe aver incentivato anche donne meno propense all’utilizzo a beneficiare di questa opportunità.

Poco più del 40% delle donne che usufruisce del congedo parentale esaurisce tutti i mesi disponibili entro il dodicesimo anno di età del figlio, che rappresenta il limite massimo previsto. La maggior parte di coloro che utilizzano l’intero periodo di congedo lo fa già entro il primo anno di vita del bambino, con una quota pari a circa il 30%. Si osserva poi un incremento con l’aumentare dell’età del bambino, particolarmente marcato nei primi anni. 

Chi è la donna che usa il congedo parentale

I numeri dell’Inps tracciano il ritratto della donna che chiede il congedo parentale. Circa il 37% delle mamme non ha mai fatto ricorso al congedo parentale durante i primi 12 anni di vita del bambino, mentre il restante 63% l’ha usato almeno una volta. Tra le lavoratrici che hanno un contratto a tempo determinato, ben il 79% rinuncia a fruire del congedo parentale, mentre la percentuale si riduce al 32% tra coloro che godono di un contratto a tempo indeterminato.

Il 48% delle madri occupate nelle imprese di piccole dimensioni (fino a 15 dipendenti) non fruisce del congedo, contro il 35% e il 25% di quelle occupate in imprese di medie e di grandi dimensioni. 

«I dati osservati suggeriscono che nelle piccole imprese le madri tendono ad adottare comportamenti polarizzati», si legge nella Relazione dell’Inps, «Da un lato, una quota consistente rinuncia del tutto al congedo, dall’altro chi lo utilizza tende a farlo in modo intensivo, probabilmente per compensare l’assenza di altre forme di supporto organizzativo».

Maggiore il ricorso al congedo parentale nelle regioni del Centro-Nord, non solo in termini di accesso ma anche di intensità d’uso.

E i padri?

Solo l’8,33% dei padri fa ricorso a questo strumento, mentre la stragrande maggioranza (91,67%) non ne usufruisce.

«Questo basso tasso di utilizzo solleva interrogativi rilevanti sui fattori che possono scoraggiare la partecipazione paterna», osservano dall’Inps nella Relazione, «Tra questi, un ruolo particolarmente significativo potrebbe essere svolto dalle norme sociali e culturali che tradizionalmente assegnano i compiti di cura alla figura materna, creando barriere invisibili ma potenti alla partecipazione paterna».

Tra i padri che utilizzano il congedo, la distribuzione per intensità di fruizione rivela ulteriori differenze: quasi l’80% dei fruitori lo utilizza per meno di 90 giorni nel corso dei primi 12 anni di vita del figlio/a. Circa il 16% presenta, invece, un utilizzo medio compreso tra i 90 e i 180 giorni, mentre circa il 4% usa 180 o più giorni.

Solo una quota molto contenuta di padri fa un uso intensivo del congedo parentale tale da portare all’esaurimento dei mesi disponibili: si passa da una quota pari allo 0,9%, quando il figlio ha un anno, fino al 6,4% quando il figlio ha 12 anni. 

Anche tra i padri il mancato utilizzo del congedo parentale risulta più frequente tra coloro che si trovano in condizioni occupazionali più instabili. La differenza più significativa si osserva tra i lavoratori occupati in grandi imprese e quelli impiegati in imprese di piccole dimensioni: nel primo gruppo, il 16% dei padri usufruisce del congedo parentale, mentre tra i lavoratori delle piccole imprese la quota scende drasticamente al 3%.

I dieci giorni obbligatori

E il congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni previsto dalla legge? Secondo l’Inps, i padri lavoratori usufruiscono di 7,17 giorni. Un padre su quattro sceglie di utilizzare completamente il congedo a disposizione, il 66,21% dei beneficiari si astiene dal lavoro per almeno 7 giorni.

«Dall’analisi complessiva emerge un quadro positivo, ma con significative aree di miglioramento. Se da un lato la maggioranza dei beneficiari sceglie di fruire di una porzione sostanziale del periodo disponibile, dall’altro lato un dato particolarmente rilevante è che circa il 30% dei padri utilizza meno della metà dei giorni a disposizione», conclude l’Inps, «Le ragioni del ricorso parziale al congedo parentale possono essere diverse, tra cui le pressioni presenti nell’ambiente di lavoro, che scoraggiano assenze prolungate - soprattutto in determinati settori o ruoli professionali - e la persistenza di stereotipi di genere che continuano a influenzare la ripartizione dei compiti di cura all’interno della coppia».

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