Centro estivo, quanto mi costi. Il racconto di una mamma: «Rinuncio allo stipendio per pagare la quota»

L’eterno dilemma per ogni famiglia con figli fino a 12 anni tra proposte ludiche e didattiche di ogni tipo e costi fino a mille euro al mese. Lo spettro del divario cognitivo, i salti mortali dei genitori. E settembre che appare come un miraggio

Lorenza Raffaello
Una attività di un centro estivo, una proposta sempre più richiesta eppure sempre più costosa
Una attività di un centro estivo, una proposta sempre più richiesta eppure sempre più costosa

Cento giorni da coprire. Qualcosa meno se si tolgono le vacanze che riescono a fare mamma e papà, ma si tratta pur sempre di tre mesi pieni. L’estate delle famiglie con bimbi sotto i 12 anni è come sempre bollente.

Se da una parte i genitori devono fare i salti mortali per trovare le risorse per pagare i centri estivi, dall’altra c’è il rischio che si ampli il divario cognitivo che intercorre tra i bambini che frequentano attività nuove e stimolanti proposte da centri estivi “di lusso” e quelli invece costretti a passare l’estate davanti alla televisione.

Il fattore costo

I costi dei centri estivi, secondo il report di Adoc, (Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori) e l’esperienza dei diretti interessati, per il quinto anno di seguito dopo il Covid, sono in aumento, precisamente del 23% in soli 2 anni. 

Per un mese si arrivano a pagare anche 1000 euro.

I genitori si sono quindi ritrovati a passare mesi ad analizzare le offerte e fare preventivi incrociando variabili fondamentali come disponibilità oraria ed economica, tutto per garantire un tempo piacevole ai propri figli cercando di non dilapidare tutto il patrimonio.

Non tutte le famiglie, e in particolar modo quelle monogenitoriali, hanno, però, potuto permettersi il centro estivo migliore, quello tenuto da personale madrelingua, in mezzo alla campagna, a bordo piscina o che prevede le lezioni di equitazione. Non tutte hanno a disposizione le risorse necessarie per accedere ai più blasonati centri estivi.

Chi ha più figli da sistemare o scarse risorse da investire deve risolvere in altro modo: un centro estivo “parcheggio” oppure tenendo i pargoli a casa, con i nonni o con i fratelli più grandi. Così gli under 12 finiscono quasi sempre davanti alla tv o al pc.

Si crea pertanto un divario cognitivo tra i bambini che d’estate sperimentano nuove attività e chi invece non può e, quindi, sta a casa senza vivere nulla di nuovo. Ma attenzione a generalizzare, perché non è tutto come sembra.

Divario cognitivo e relazionale

«Bisogna fare le opportune differenze perché il divario si crea non solo tra i bambini che restano a casa, ma anche per il fatto che ci si trovi obbligati a scegliere delle proposte economiche di “parcheggio figli”. La disparità dipende anche dal tipo di attività: da una parte è normale che le strutture propongano attività commisurate ai prezzi, però questo non garantisce lo stesso trattamento a tutti i bambini».

Così Giulia Pozzan, psicologa clinico dinamica, consulente psicologica per adolescenti, adulti e anziani e socia fondatrice dell’associazione culturale Sile Studio nel trevigiano. «Poi ci sono i grest, che hanno un prezzo ridotto, ma coprono solo poche ore al giorno e solo per un periodo limitato. Quindi se il bambino sta a casa ma ha nonni attivi può essere che sia stimolato in misura maggiore rispetto ai coetanei che hanno frequentato centri estivi “parcheggio”».

Giulia Pozzan, psicologa clinico dinamica
Giulia Pozzan, psicologa clinico dinamica

C’è anche un discorso legato alla socializzazione: il bambino che non può partecipare ai centri estivi «perde il contatto con i pari, si blocca l’aspetto relazionale e sociale e anche questo si riflette sul suo sviluppo del bambino».

Secondo la psicologa la soluzione ci sarebbe: «Ci sono alcuni esempi virtuosi di centro estivo che prevedono il coinvolgimento della comunità. Penso ad un caso dove sono gli anziani del paese che organizzano dei laboratori. Sono tutti volontari, quindi il prezzo è molto basso e i bambini possono scegliere i corsi che vogliono fare durante la settimana».

Sulle spalle delle mamme

Ad accollarsi il costo dei centri estivi sono per la maggior parte dei casi le mamme, che destinano buona parte del loro stipendio per pagare rette e iscrizioni.

«Succede per lo stesso motivo per cui la maggior parte delle chat è popolata da mamme. I centri estivi sono considerati una fetta di vita del figlio appannaggio delle madri come durante l’anno lo sono la scuola, i compiti, le riunioni, i colloqui. I papà si vedono nelle occasioni sportive, ma anche questo è frutto di una questione culturale, difficile da sradicare».

La testimonianza: «Prendo 800 euro, il centro estivo costa 835»

«La verità è che i centri estivi hanno prezzi esagerati, tanto che non tutte le famiglie possono permetterseli. Andare a lavorare, rinunciando di fatto allo stipendio per pagare l’iscrizione, non è il massimo». Nadia ha 35 anni e vive nel Trevigiano, è laureata in Economia ma essendo straniera, in Italia da 9 anni, la sua laurea non è riconosciuta.

Oggi fa le pulizie, ha un contratto part-time, perché per il resto della giornata deve badare alla sua bambina di tre anni che alle 16 esce dalla scuola materna.

Per lei quella dei centri estivi è una questione spinosa: il suo stipendio, 800 euro mensili, non basterà per pagare la quota di cinque settimane di centro estivo che la sua bambina frequenterà dal 30 giugno a fine luglio, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 16.

Che centro estivo ha scelto per sua figlia?

«Mia figlia ha tre anni e ha frequentato il primo anno di scuola materna. Mi sono documentata e ho fatto diverse ricerche, ma alla fine ho deciso che frequenterà il centro estivo organizzato da una cooperativa all’interno del suo stesso asilo. Costa mediamente come gli altri».

Quanto costa?

«Per cinque settimane pago 835 euro».

E lei quanto guadagna?

«Guadagno circa 800 euro al mese.

Che lavoro fa?

«Dopo aver lavorato come barista, ho scelto qualcosa di più tranquillo e faccio le pulizie. Svolgo un lavoro part-time perché non ho nessuno che può occuparsi della mia bambina quando esce da scuola. Quindi posso lavorare fino alle 16. Sono in Italia da 9 anni, sono una contabile, ma la mia laurea in Economia qui non è riconosciuta».

Il suo stipendio non coprirà tutto il costo.

«No, e tra l’altro il centro estivo non copre l’intera estate. Ad agosto non so come farò. Un altro mese in cui, oltre al fatto che le mamme devono lavorare, si trovano con il portafoglio vuoto a cercare un modo per continuare a lavorare e, allo stesso tempo, trovare un posto dove lasciare i propri figli. Non so ancora come fare: chiederò a qualche amica e di essere flessibile al lavoro. Ma andare a cercare un altro centro estivo e pagare altri 800 euro non mi sembra giusto».

Ha provato a cercare qualche altra soluzione?

«Mi sono guardata in giro, ma i costi sono uguali se non maggiori. Ho trovato qualcosa a meno, ma è lontano da casa e quindi per accompagnarla e andarla a prendere dovrei rinunciare a ore di lavoro, per cui guadagnerei meno e non conviene. Tutti mi dicono come dovrei fare».

Cioè?

«Qualcuno mi ha detto: “Stai a casa con tua figlia”, ma rifiutare un contratto di lavoro non è una soluzione, soprattutto in un momento come questo. Qualcun altro ha aggiunto: “Mandala dalla nonna”, peccato che la nonna abiti a 1.200 chilometri di distanza. Oggi non è facile essere mamma, soprattutto se fai parte della cosiddetta “gente normale”, quella che lavora, si impegna, ma che ogni giorno deve lottare per far quadrare tutto».

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