Arianna Alessi: «Profit, ma con etica. Nelle nostre aziende pensiamo al sociale»
La manager vicentina cacciatrice di start up, attiva in progetti di solidarietà: «Il successo economico si deve accompagnare all’impegno per il bene comune»

Arianna Alessi con la Red Circle Investments avete acquisito 37 start up. “Come investitori guardiamo solo a realtà che hanno una sensibilità sociale, in cui c’è una vera attenzione ai lavoratori, alla parità di genere e con un impatto ambientale minimo e in grado di restituire alla società”, ha dichiarato in un’intervista al Sole 24Ore.
Dica che non siamo dentro Utopia di Thomas More.
«I nostri investimenti rispecchiano i valori in cui crediamo. Lavorando nel sociale, in cui metto lo stesso entusiasmo, negli anni ho maturato una crescente consapevolezza dell’importanza di considerazioni sociali, ambientali e di governance nelle decisioni finanziarie. Anche se potrebbe sembrare un ideale da utopia, in realtà sta diventando sempre più comune che gli investitori considerino non solo il rendimento finanziario, ma anche l’impatto sociale e ambientale delle loro azioni. Sono in molti a credere che il successo economico debba essere accompagnato da un impegno verso il bene comune e la sostenibilità a lungo termine».
Come traduce il pensiero sociale gestendo un’attività?
«Le società oggi devono pensare sia alla comunità in cui operano che al benessere dei propri dipendenti. Prendiamo il gender gap: nelle realtà in cui investiamo andiamo a vedere la situazione della donna, i ruoli, i redditi e se c’è parità con gli uomini. Io ho la stessa mentalità sia nel board delle società in cui siedo sia nella gestione di OTB Foundation. Oggi il terzo settore è diventato un operatore economico a tutti gli effetti in Italia. Le aziende hanno una sensibilità crescente nel far star bene i propri dipendenti con lo smart working e altri benefit, il cliente finale preferisce aziende con sensibilità ambientale e sociale ».
Con l’attività imprenditoriale unita a quella benefica, lei richiama la figura di imprenditore illuminato teorizzato da Owen nell’Inghilterra della rivoluzione industriale. Ma è ancora attuale?
«Lo è più che mai. Owen ha anticipato i tempi».
Con OTB Foundation ha firmato diversi progetti di solidarietà. Ce n’è uno di cui va particolarmente fiera?
«Mi piacciono tutti tantissimo. Sento moltissimo il tema della donna a 360 gradi, dall’empowerment alla protezione delle vittime. Abbiamo un servizio di supporto a un centro antiviolenza in cui diamo sostegno legale e psicologico, sosteniamo case rifugio, abbiamo finanziato 57 borse di studio per ragazze in stato di necessità. In Afghanistan prima dei talebani, abbiamo avviato la prima impresa femminile: otto shuttle guidati da donne che portavano in fabbrica altre donne. Poi con OTB Foundation abbiamo aperto un orfanotrofio per 101 bambini e finalmente, 6 mesi fa, uno anche per bambine. Sempre a Kabul abbiamo avviato un progetto in cui un pullman di donne insegna all’interno delle case arti e professioni e si stanno formando piccoli distretti con microimprese. Ad oggi siamo quasi a 3000. E poi progetti di prevenzione nelle scuole».
Che genere di prevenzione?
«Droghe, alcol, bullismo, cyberbullismo, ludopatia, violenza di genere, violenza contro le donne, programmi di affettività e sessualità. Prendiamo i palazzetti dello sport, raduniamo più classi possibili, cerchiamo di avere 400-1000 persone per volta e portiamo testimonianze concrete. E i ragazzi ascoltano. Il telefonino rimane in tasca. Chiediamo ai genitori di seguire gli incontri via webinar perché fondamentale è poi l’esempio in famiglia».
Perché non si vede il traguardo di questa corsa contro la violenza di genere?
«Si pensi che solo il 25 novembre scorso, solo adesso quindi, abbiamo fatto una legge sul femminicidio. Il primo centro antiviolenza in Italia è stato aperto a Milano 40 anni fa, quando una donna veniva uccisa ogni 3 giorni. Proprio come oggi. Questo deve far riflettere tutti. Serve agire su più fronti, importante è l’esempio in casa, il rispetto reciproco tra mamma e papà. E poi l’esempio dei genitori, della scuola, dei compagni, degli amici. È il sistema società che deve cambiare. Per questo spingiamo con i percorsi dentro le scuole, è da lì che deve partire la rivoluzione culturale necessaria a cambiare il futuro».
A proposito di cambiamento: in 10 anni il Veneto è la regione che in Italia ha perso più potere d’acquisto, il numero di giovani è basso e i laureati vanno all’estero. Il modello veneto scricchiola?
«Purtroppo è un problema nazionale. Sono veneta e orgogliosissima di esserlo, figlia di imprenditori veneti. Conosco bene la mia regione e la mentalità dei veneti sempre pronti a rimboccarsi le maniche quando c’è un’emergenza, senza aspettare l’aiuto dello Stato. Oggi, il Veneto sta affrontando grandissime sfide ma ho molta fiducia nella nostra governance, arriviamo da anni d’oro di gestione del nostro grandissimo Zaia che ha avvicinato molto il sociale all’impresa. Cosa che spero anche Stefani continui. Per ripensare il modello veneto si potrebbero considerare diverse azioni come ad esempio una diversificazione economica riducendo la dipendenza da settori vulnerabili come il turismo. Spostando gli investimenti in settori emergenti (grazie all’AI) o ad alto valore aggiunto che potrebbe contribuire a stimolare la crescita economica e a creare opportunità di lavoro per i giovani. Incentivare l’imprenditorialità e l’innovazione per stimolare la creazione di nuove imprese e investimenti nel territorio con incentivi fiscali, programmi di accelerazione per startup e accesso agevolato al credito. Senza dimenticare l’inserimento di politiche volte a sostenere le famiglie e la natalità per contrastare il calo demografico. Misure come il sostegno all’istruzione, all’assistenza all’infanzia e all’accesso alla casa potrebbero favorire la permanenza dei giovani. Non da ultimo la collaborazione tra il settore pubblico e privato».
Il ruolo degli imprenditori?
«È cruciale per il rilancio. Gli imprenditori oggi penso abbiano capito che la collaborazione all’interno dei vari settori è fondamentale in un mondo in continua evoluzione. Gli investimenti stessi che sta portando AI sono spesso troppo pesanti per una sola società, quindi meglio allearsi con altre aziende dello stesso settore e fare l’investimento insieme. Il mondo sta cambiando ad una velocità mai vista nella storia dell’industria. Il modo di fare impresa sta cambiando così come il consumatore finale. Serve apertura mentale, con aziende sempre più leggere e versatili, più moderne».
Ricevendo il premio Mela d’Oro 2025 della Fondazione Bellisario lei ha detto che è un simbolo delle sfide che hanno sostenuto la sua vita.
«Ho dedicato la mia Mela d’Oro alle persone che mi hanno ostacolato nella vita: è grazie a loro che sono diventata la persona di oggi. Senza frustrazione non c’è soddisfazione: è da lì che nasce la voglia di riscatto, quella di superare i propri limiti, di farcela. Il primo scoglio enorme è stato quello con la famiglia di mio papà, con gli zii che non mi hanno voluto in azienda. È stato un grande scotto, io amo profondamente mio padre, è il mio idolo e il mio sogno era di lavorare con lui tanto che il mio percorso scolastico è stato improntato in tal senso. E invece, appena laureata, mi è stato detto che non c’era posto per me. Una batosta. L’ho accettata, da quel momento ho deciso che mi sarei arrangiata in tutto. Sono tornata a Milano e lì ho iniziato la mia carriera, prima in Interbanca: finito il primo periodo di stage in riclassificazioni di bilanci, incontrai in ascensore il capo della sezione M&A e gli chiesi di lavorare nel suo dipartimento. Feci uno stage, poi fui assunta. Ed è lì che sono diventata interista perché c’erano tutti maschi e in pausa caffè si parlava solo di Inter. È stata la chiave per inserirmi nel gruppo».
Accanto a lei un uomo come l’imprenditore Renzo Rosso: di cosa parlate fuori dal lavoro? Non dica di bilanci.
«Di cose di una famiglia normale, siamo molto curiosi e commentiamo le news del mondo, di come è andata la giornata di lavoro o di scuola di nostra figlia. Coinvolgendo sempre lei, Sydne, di 10 anni. Amo cucinare per cui si parla anche di cosa mangiare per cena. Siamo una famiglia normale, normale e curiosa».
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Chi è
Arianna Alessi è una manager e filantropa italiana, ad della società di investimenti Red Circle Investments e vicepresidente della OTB Foundation. Dopo gli studi in economia alla Bocconi, ha iniziato la carriera in Interbanca e poi nello studio McDermott Will & Emery Carnelutti, occupandosi di operazioni straordinarie.
Con la OTB Foundation sviluppa progetti sociali in Italia e all’estero. In Red Circle Investments cura investimenti in startup innovative nei settori tech, food, biotech e lifestyle. È sposata con l’imprenditore Renzo Rosso, con cui condivide attività filantropiche e imprenditoriali.
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