Antonella Viola: «La medicina di genere cambia diagnosi e cure»

La professoressa Antonella Viola spiega cos’è la medicina di genere e perché uomini e donne reagiscono diversamente a malattie, sintomi e farmaci

Laura Berlinghieri
La professoressa Antonella Viola
La professoressa Antonella Viola

Professoressa Antonella Viola, una domanda preliminare: cos’è la medicina di genere?

«È quel ramo della medicina che si occupa di studiare come le differenze di sesso biologico incidono sulla prevenzione delle malattie, su come si manifestano e sulla cura. Si parla di medicina genere-specifica, come fosse una medicina a se stante, quando in realtà tutta la medicina dovrebbe essere genere-specifica: la cardiologia, l’oncologia, l’immunologia, e così via. Dato che ormai è chiaro che ci sono differenze sostanziali nel modo in cui le malattie si manifestano negli uomini e nelle donne, e nel modo in cui questi reagiscono ai farmaci e alle cure».

Subiamo ancora i retaggi del passato?

«Dovuti a differenze economiche e culturali. Tradizionalmente la medicina era fatta da maschi bianchi per maschi bianchi. I medici stessi erano tutti uomini e procedevano vicendevolmente con le misurazioni. Le donne avevano una capacità ridotta di farsi sentire dalle istituzioni, e questo ha portato a una medicina imprecisa e discriminatoria nei confronti del genere femminile».

Concretamente?

«Escludendo per anni le donne da qualsiasi sperimentazione clinica. In pratica, i farmaci venivano testati sui maschi, per poi, appreso che funzionavano e non avevano effetti collaterali, venire diffusi anche tra le donne, senza nemmeno tararne le dosi. E lo stesso vale per la sperimentazione animale, che tuttora si fa prevalentemente sui maschi, per risparmiare tempo e denaro».

E tutto questo quanto viene preso in effettiva considerazione nella medicina attuale?

«Abbastanza, ma c’è ancora tanto su cui lavorare. Prima di tutto, le sperimentazioni cliniche vengono effettuate tanto sugli uomini, quanto sulle donne. Ma spesso le analisi complessive vedono l’esibizione di dati aggregati, che non consentono di analizzare nel dettaglio se le singole terapie sono efficaci per entrambi i sessi, o se esistono effetti collaterali».

È avvenuto con il Covid...

«Esatto, nonostante il contagio avesse degli effetti generalmente più gravi sugli uomini».

E riguardo alle patologie, quali sono esempi di differenze tra uomini e donne?

«Una differenza classica riguarda il cuore. Se ai miei studenti del terzo anno di Medicina chiedessi di indicarmi i sintomi dell’infarto, mi parlerebbero di un dolore fortissimo che si irradia al braccio: descrizione dell’infarto maschile. Pochissimi sanno che, nelle donne, l’infarto si può presentare senza dolore, ma ad esempio con un improvviso affanno, mancanza di fiato, ansia inspiegabile o con sintomi gastrointestinali, vomito. Significa che le donne, non riconoscendo i sintomi, rischiano di arrivare tardi in ospedale».

E nei tumori?

«L’immunoterapia, la più rivoluzionaria contro i tumori, si è dimostrata molto meno efficace e portatrice di molti più effetti collaterali sulle donne. E poi la ricerca del sangue occulto nelle feci, come strumento di prevenzione per il tumore al colon. Un tipo di cancro che spesso colpisce regioni diverse, a seconda che si parli di uomini o donne. Nei maschi il sanguinamento è precoce, e trovare sangue occulto nelle feci può significare individuare il tumore a uno stadio iniziale. È diverso per le donne, per le quali il sangue viene trovato quando il tumore è cresciuto».

E riguardo ai farmaci?

«Un esempio ha riguardato il linfoma diffuso a grandi cellule B, trattato con un anticorpo, che si è visto innescare risposte peggiori negli uomini, che eliminavano il farmaco più velocemente. È bastato aumentare la dose nei maschi per migliorare la risposta».

Sarebbe opportuno rafforzare la rete nelle Università?

«Padova è stata la prima in Italia ad attivare un corso di Medicina di genere, con la professoressa Giovannella Baggio. In città, il ruolo della medicina di genere è ormai riconosciuto. Bisogna agire fuori, ma quando ne parlo, molti medici continuano a reagire con sorpresa».

E fastidio?

«È accaduto molto raramente e solo con medici molto anziani. La differenza tra uomini e donne è questione nota. E quello successivo è un passaggio logico appurato». —

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