Chi è Pietro Parolin, il cardinale veneto che potrebbe diventare Papa
Considerato un tradizionalista, è contrario a matrimoni gay ed eutanasia, ma non esclude una ridefinizione del celibato ecclesiastico

A casa sua – a Schiavon, 2600 anime di paese, tra la campagna vicentina e le Prealpi – è ancora “don Piero”. Retaggio di questa parte di Veneto: dove “Pietro” diventa “Piero” e dove il sacerdote, anche se elevato al rango di cardinale, è un po’ uno di famiglia.
Ed è qui, in questo incrocio di strade, che Pietro Parolin è nato e ha trascorso l’infanzia.

La vita nel paese
Primo di tre fratelli, Pietro Parolin è figlio di Luigi, titolare di un negozio di ferramenta, e Ada Miotti, maestra alla scuola elementare del paese. La San Domenico Savio, la stessa che frequenterà anche il giovane Pietro.
Riceve un’educazione fortemente cattolica. Ed è proprio tra le mura di casa – una villetta su due piani al civico 45 di via Roma: al piano terra il negozio del papà e al primo l’abitazione vera e propria – che matura la fede e la vocazione.
Gli amici di allora ricordano quando, ancora bambino, indossava il grembiule della mamma e, sul balcone, allestiva una sorta di altare, con i santini, per dire la messa. Giocava a fare il sacerdote; anche se c’era già chi – don Augusto Fornasa, il parroco di allora – che per lui già profetizzava un futuro speciale: “Qui abbiamo un Papa”.

Pietro trascorre un’infanzia difficile. Il padre Luigi muore quando il figlio più grande ha solo dieci anni, lasciando la moglie vedova e con tre figli da crescere.
La famiglia, intanto, si era trasferita un centinaio di metri più in là: in una villetta tutta per sé, al contrario di quella condivisa prima con la famiglia Bertinazzo, che nel frattempo aveva rilevato l’attività di Luigi Parolin.
La madre si rimbocca le maniche e riesce a fare studiare tutti e tre i figli: Maria Rosa ne segue le orme, diventando insegnante, mentre Giovanni è magistrato a Bassano.
La vita ecclesiastica
Intanto, in Pietro matura la fede. Nel ‘69, a 14 anni, entra nel seminario vescovile di Vicenza. E, il 27 aprile del 1980, diventa sacerdote. Viene prima nominato presbitero della diocesi di Vicenza, poi viceparroco a Schio. Fino a quando viene mandato a Roma, per studiare alla Pontificia Università Gregoriana.

Il primo luglio dell’86 si laurea in Diritto canonico con una tesi sul Sinodo dei vescovi. È l’alba della sua attività diplomatica. Per tre anni lavorerà presso le nunziature in Nigeria e altrettanto tempo lo trascorrerà in Messico, dove il suo ruolo sarà fondamentale per le trattative che hanno condotto al riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e alla costruzione di un canale di dialogo diplomatico con la Santa Sede.
Conclusa la sua esperienza all’estero, torna a Roma, dove viene incardinato presso la seconda sezione della Segreteria di Stato. Quindi, otto anni dopo, diviene collaboratore del futuro cardinale Attilio Nicora.
Diviene sottosegretario della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segretaria di Stato nel 2002, su nomina di papa Giovanni Paolo II. E anche qui riesce a distinguersi per le sue capacità diplomatiche, in particolare nei rapporti tra la Santa Sede e i Paesi asiatici: su tutti, il Vietnam e la Cina.
Il 17 agosto del 2009, con Papa Benedetto XVI, viene nominato nunzio apostolico in Venezuela. E il successivo 12 settembre riceve la consacrazione episcopale.

A nominarlo segretario di Stato – a “soli” 58 anni: un’età che, nel ruolo, lo ha reso il più giovane della storia – è invece Papa Francesco, il 13 agosto del 2013. Infine, il 12 gennaio dell’anno successivo diviene cardinale e, il 26 giugno del 2018, cardinale vescovo. Durante il conclave in corso per il Papa che assumerà l’eredita di Francesco, è cardinale decano.
Le posizioni
Conservatore, ma comunque vicino a Francesco. Sta probabilmente in questa sintesi la ragione che spinge le quotazioni di Parolin.

Possibilista su una modifica del divieto per i sacerdoti di sposarsi. “Il celibato non è un dogma della Chiesa e può essere discusso, perché è una tradizione ecclesiastica – ha detto, in un’intervista al quotidiano venezuelano El Universal – È possibile parlare e riflettere su quei temi che non sono definiti dalla fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e sempre secondo la volontà di Dio”.
Mentre non ha dubbi sulla totale inopportunità dei matrimoni gay. “È una sconfitta per l’umanità” aveva dichiarato, all’indomani del referendum che si era tenuto in Irlanda per la legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Infine, negli anni si è esposto anche contro l’eutanasia, a suo dire generata dalla “hybris”, e quindi “dalla tracotanza violenta di chi vuole equipararsi a Dio”.
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