Veneto Banca: troppo stress, Favotto pronto a lasciare. Vardanega in pole

Un malore ha portato al ricovero del presidente. Nonostante il 'matrimonio' mai avvenuto le due Popolari sembrano accumunate da un unico destino. Dopo l'uscita dei due amministratori, il ricambio di vertice potrebbe concretizzarsi per entrambe a breve

Troppo stress: Francesco Favotto, presidente di Veneto Banca, ha avuto un malore ed è stato ricoverato in ospedale a Castelfranco Veneto per accertamenti. Ora starebbe meditando di lasciare il suo ruolo di vertice: a Montebelluna si aprirebbe la partita della successione, con l’ipotesi di una reggenza pro-tempore da parte del vice, Alessandro Vardanega, in attesa della nomina di un successore, quasi certamente un manager esterno “gradito” a Banca d’Italia e Banca centrale europea.

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La redazione


È successo martedì, stando alle informazioni che filtrano da Montebelluna. Le condizioni di Favotto, fortunatamente, non sarebbero gravi: solo un malore dovuto all’eccessivo stress e alla mole di lavoro che il presidente ha dovuto sopportare in queste ultime settimane, tese quanto decisive per il futuro dell’istituto di credito. Favotto ha avuto un mancamento mentre era al lavoro al centro direzionale di Veneto Banca, a Montebelluna. A scopo precauzionale ha deciso di farsi visitare al pronto soccorso di Castelfranco Veneto: lì i medici, viste le sue condizioni molto precarie, hanno consigliato il ricovero e una serie di accertamenti approfonditi. Nella serata di ieri si davano già per imminenti le dimissioni dall’ospedale.


Sono destinate a essere altre, però, le dimissioni “calde”: non quelle ospedaliere, bensì quelle eventuali da presidente. Favotto dovrà decidere in tempi brevi cosa fare: in questa fase - delicatissima, non serve ripeterlo - per Veneto Banca, è indispensabile avere una guida nel pieno delle proprie capacità, comprese quelle fisiche. Il lavoro da fare è tanto, e di peso specifico altissimo: la data dell’assemblea straordinaria per la trasformazione in Spa (5 dicembre) si avvicina, e l’ex Popolare di Asolo e Montebelluna dovrà decidere in questi giorni che strada imboccare: quotazione in Borsa, aggregazione con un altro istituto (quale?), strada solitaria con il cosiddetto stand alone, senza fusioni.


Scelte pesanti, che in queste ultime settimane hanno acceso una forte dialettica all’interno del consiglio di amministrazione. Dialettica è un eufemismo, secondo alcuni: le tensioni crescenti potrebbero aver giocato un ruolo determinante nel carico di stress che ha colpito Favotto. Anche sulla nomina del nuovo direttore generale e a.d., Cristiano Carrus, non ci sarebbe stata unità di vedute, tutt’altro. Quale sarà il futuro della banca e del cda lo si saprà a breve. Tra gli stessi consiglieri non ci sarebbe sintonia d’intenzioni su cosa fare dopo il 5 dicembre, la data cerchiata in rosso: dimissioni in blocco o continuare il lavoro in questa fase di trasformazione? In queste settimane l’Associazione azionisti presieduta da Giovanni Schiavon è stata chiara, nettissima: serve un ricambio totale, l’attuale cda deve presentarsi dimissionario all’appuntamento dell’assemblea straordinaria.


Gli strani destini paralleli di Montebelluna e Vicenza, insomma, continuano. Dopo gli anni del boom e della gara a crescere sono arrivate la crisi, le inchieste giudiziarie, la svalutazione del titolo, ora la trasformazione in Spa (obbligata) e le ipotesi di fusione - prima assieme, poi ognun per sè - accompagnate dai “terremoti” ai vertici. A Vicenza ora anche i sindacati - notizia di ieri - chiedono «discontinuità al vertice», con l’uscita del presidente Gianni Zonin: a Montebelluna potrebbero essere i medici di Favotto, a imporre la discontinuità.
 

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