Salari, i lavoratori di Veneto e Friuli Venezia Giulia sono i meno “ricchi” tra quelli del Nord
In Veneto, in vetta c’è Verona, con 30.409 euro annui, seguono Belluno, Venezia, Padova, Vicenza, Rovigo e Treviso. In Friuli Venezia Giulia prima è Trieste con oltre 33 mila 300 euro medi annui, al secondo posto in Italia dopo Milano, quindi Udine, Gorizia e Pordenone

PADOVA. Friuli Venezia Giulia e Veneto fanalino di coda delle regioni del nord per quel che riguarda le retribuzioni. L’ultimo report di Jp Geography Index 2021, a cura di Job Pricing in collaborazione con Spring, se pure vede le regioni con una Ral media (retribuzione annua lorda) che si attesta sopra la media nazionale, nell’analisi per province ne elenca diverse che, invece, stanno sotto.
In vetta c’è Verona, con 30.409 euro annui, seguono Belluno, che è poi la provincia che, in Italia, ha registrato la maggiore crescita rispetto all’anno precedente, e quindi Venezia, Padova, Vicenza, Rovigo e Treviso.
In Friuli Venezia Giulia prima è Trieste con oltre 33 mila 300 euro medi annui, al secondo posto in Italia dopo Milano, quindi Udine, Gorizia e Pordenone. In Trentino Alto Adige, Bolzano è sopra i 32 mila euro, 3° posto in Italia, e Trento sopra i 30 mila.
Che la pandemia abbia un peso in questa classifica è intuibile: le statistiche Istat sul numero di occupati per classi di ore effettivamente lavorate settimanalmente, dicono che gli occupati che lavoravano più di 41 ore settimanali sono diminuiti del 17% rispetto all’anno precedente; -11% coloro che lavoravano 40 ore settimanali; sono aumentati del 73% coloro che non hanno lavorato neanche un’ora in una settimana.
E sebbene le norme hanno impedito i licenziamenti di massa, nulla hanno impattato sui contratti a termine in scadenza e non hanno influito sulla generazione di posti di lavoro (vedasi stagionali).
Al netto del Covid c’è «un problema salariale in questo Paese e soprattutto a Nordest - dichiara Christian Ferrari, segretario generale Cgil Veneto -. È l’Ocse che ci dice che negli ultimi 30 anni in Italia i salari sono diminuiti del 2,9% a fronte di aumenti a doppia cifra di tutti gli altri Paesi. È chiaro che permane una strategia competitiva al ribasso giocata sui costi e sui salari».
Una strategia che in Veneto, vocato all’export come il Fvg, è diventata un modello «che punta a conquistare spazi di competitività agendo, ancora, sui costi e sui salari piuttosto che sull’innovazione». Questo insieme alla precarietà, che è esplosa, al lavoro povero, al part time involontario «determina l’abbassamento dei salari» continua Ferrari.
Non è un caso, dunque, se Veneto e Fvg da anni vedono la fuga di giovani e donne «da una domanda di lavoro che propone salari di questo tipo». Salari rispetto ai quali il reddito di cittadinanza diventa competitivo. «Richiamando Joe Biden: pagate di più - esorta Ferrari - e forse risolveremo anche il problema del miss-match».
Infine il tema dei “contratti pirata” per contrastare il quale, secondo Ferrari, serve la legge sulla rappresentanza per mettere fuori gioco un meccanismo «che depotenzia la contrattazione collettiva e diventa strumento di concorrenza sleale».
Tre le problematiche contrattuali secondo Alberto Monticco, segretario generale della Cisl Fvg: «Degli oltre 800 contratti depositati al Cnel, i due terzi sono scaduti e non rinnovati; tra questi contratti ce n’è una massa di “comodo”, e rispetto a questo - avanza Monticco - mi chiedo se si deve misurare la rappresentanza delle organizzazioni sindacali, allora va misurata anche quella delle associazioni datoriali. Il rinnovo contrattuale, poi, consente di recuperare potere d’acquisto, non aumenta il salario, cosa che dovrebbe fare la contrattazione di secondo livello legata a obiettivi di produttività, che è ancora patrimonio di pochi. Infine la tassazione sul lavoro andrebbe rivista: ancora oggi è troppo elevata».
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