Oybo: il business è nel calzino spaiato

PADOVA. Ohibò è un antico termine della lingua italiana: esprime disapprovazione, sdegno (in tono scherzoso) e anche stupore. Come quello che si prova a vedere qualcuno indossare due calzini spaiati. Ma quello che può sembrare un apparente errore legato al sonno mattutino, è per Eusebia Berlaud e Lionello Borean un vero e proprio business. Con sede a Ponte Molino, nel pieno centro di Padova.
Oybo, che dell’esclamazione mantiene l’onomatopea in una forma linguistica più internazionale, è nata nel 2012. In piena crisi. Mentre tutti, anche le fashion victim, iniziavano a tagliare i budget dello shopping e più che capispalla si dirigevano verso gli accessori. Oybo nasce anche in un momento stilistico fortunato: quello che ha alzato il pantalone da terra permettendo alle caviglie di emergere e portando in primo piano un capo solitamente nascosto, anche perché non tanto modaiolo, come il calzino.
In questo caso, invece, il calzino diventa nuovo protagonista di insoliti look.
Eusebia Berlaud, origini rumene, è una francese d'adozione che ha lasciato la città di Parigi e il suo lavoro (si occupava di comunicazione per l’alta moda) per trasferirsi in Italia, a Padova, otto anni fa. Con il marito, grafico pubblicitario, s’inventa un “piano b” per ripartire partendo da un’idea. “Ad agosto 2012 ci venne in mente di fare dei calzini. Noi siamo sempre stati dei grandi utilizzatori di internet e ideammo un progetto di vendita esclusiva online- racconta -. Oybo è un gioco partito da una battuta ma che ha trovato subito un produttore capace di declinare i nostri disegni”. La forza, fin da subito, è essere stati diversi. “Volevamo fare delle calze nuove, il mercato era saturo, solo in Usa c’era il mix match ma con target adolescenziale. Così lo spaiato è diventato il Dna”. La prima campionatura fece il sold out online.
Eusebia e Lionello iniziano a fare sul serio: costruiscono packaging di cartone, disegnano nuovi modelli, curano le spedizioni. “Ora è un lavoro a tempo pieno: il nostro piano B è diventato piano A” conferma Eusebia.
Oybo parte con una clientela italiana molto ricettiva online (il che, quattro anni fa, non era così scontato) poi Belgio, Olanda, Germania, Inghilterra, Francia e America. Oggi la distribuzione si è allargata anche all’Europa dell’Est; Giappone, Corea, Canada, Emirati Arabi, e Hong Kong.
Il fatturato segna +30/45% ogni anno sul precedente, dal 2012. Il mercato? 60% Italia, 40% estero.

“All’inizio molti ci prendevano in giro. People really buy this? Ci scrisse un utente online dall’America. Per scrupolo e timore, quando abbiamo iniziato, non abbiamo detto al produttore che si trattava di calze spaiate, quindi lui li faceva e noi passavamo le notti ad accoppiarli. Un gran lavoro” racconta. “Eravamo diversi, con un’idea nuova. Specie nelle calze, perché nella moda la simmetria era già stata esplorata. Non siamo innovatori abbiamo solo realizzato un’idea. Che poi ci hanno iniziato a copiare…”
Oybo, dopo l’avvio in ecommerce, è presente oggi anche nei negozi fisici: da due anni e mezzo in Giappone, Benelux, Italia, Francia, Usa. Ma ancora nessuno shop a propria insegna.
@eleonoravallin
Riproduzione riservata © il Nord Est