Imprese trivenete pronte ad assumere, ma non si trovano operai specializzati

Fondazione Nordest è andata a sondare quali siano realmente le ragioni che portano a questa penuria di lavoratori. «Nel Triveneto il 62,5% degli imprenditori intervistati ha risposto che ha intenzione di assumere nei prossimi sei mesi. Con punte del 76,8% nel commercio e del 71,4% nel metalmeccanico. E sono soprattutto le grandi a cercare personale (94,6%)» spiega la ricercatrice Silvia Oliva. 

Roberta Paolini
Operai al lavoro in una recente immagine d'archivio.ANSA / CLAUDIO PERI
Operai al lavoro in una recente immagine d'archivio.ANSA / CLAUDIO PERI

PADOVA. Il Nordest delle imprese vuole assumere ma non trova personale. La notizia ormai è stata data e ridata, la carenza di personale non rappresenta ormai più una novità. Ecco perché Fondazione Nordest è andata a sondare quali siano realmente le ragioni che portano a questa penuria di lavoratori. Non si tratta solo del mismatch delle competenze tra lavoratori e imprese, c’è una effettiva carenza di giovani e anche un disallineamento con l’offerta economica.

«Nel Triveneto il 62,5% degli imprenditori intervistati dalla Fondazione Nord Est ha risposto che ha intenzione di assumere nei prossimi sei mesi. Con punte del 76,8% nel commercio e del 71,4% nel metalmeccanico. E sono soprattutto le grandi a cercare personale (94,6%)» spiega Silvia Oliva nel suo commento. Le grandi imprese, precisa Oliva ricercano per «rispondere all’aumento della domanda (37,4%) e sostituire persone che andranno in pensione (28,1%) o supportare un cambiamento organizzativo (18,0%)». Sottolineando che, in sintesi, la ricerca è motivata da esigenze di crescita nelle dimensioni e nella qualità del fare impresa.

Tra le figure si cercano soprattutto operai specializzati, con elevate competenze nel condurre i macchinari (81,4%), ma anche dirigenti e tecnici (30,2%). Solo in un caso su otto si tratta di manodopera non qualificata – precisa ancora nella sua analisi la ricercatrice della Fondazione Nordest -.

«Per lo più, invece, serve “mentedopera”, cioè persone con un elevato bagaglio di conoscenze: laureati (26,1%) o diplomati ITS (25,8%)». Nonostante oltre un quarto degli interpellati voglia risorse con alto livello di skill «ancora ben un quinto di aziende pensa di cavarsela non richiedendo nessun titolo di studio, in un’ottica di competizione low cost che non può non avere il fiato corto» dice ancora Oliva.

Una missione semi-impossibile

Tra le persone con educazione terziaria sono privilegiate (quattro su cinque) le discipline STEM, ossia Science, Technology, Engineering, Mathematics. Trovare persone competenti è, però, una missione semi-impossibile: nel 64,2% le imprese dichiarano che incontrano difficoltà se si tratta di tecnici specializzati, nel 57,5% se hanno un’alta specializzazione.

Addirittura, il 79,8% di intervistati fatica a reperire operai specializzati. Perché mancano candidati, con percentuali che variano tra il 57,9% e il 72,0%. Mentre le richieste economiche incidono in misura degna di nota (31,2%) solo nel caso dei dirigenti. Limitando l’analisi delle risposte a coloro che hanno dichiarato una difficoltà nel reperire le figure, emergono le motivazioni che secondo gli imprenditori determinano questa situazione.

«Se per i dirigenti si tratta soprattutto di un gap tra le richieste salariali dei candidati e l’offerta delle imprese», per tutte le altre figure, invece, emerge in primis una reale mancanza di candidati, seguita da una carenza di competenze da parte dei potenziali collaboratori disponibili sul territorio. “La mancanza di candidati è connessa solo in parte con le scelte formative e si lega, inv ece, alle a ragioni di attrattività dei territori e a dinamiche demografiche che confermano già oggi e ancora più un venire meno di giovani e lavoratori”.

La mancanza di studenti

Un singolo dato aiuta a chiarire la dimensione della tendenza: nel corso del ciclo scolastico primario 2015-2020 si sono registrati 107mila studenti in meno a livello italiano e circa 10mila a livello nordestino.

Numeri che si tradurranno in minori studenti alle superiori e all’università e poi di lavoratori negli anni successivi, a fronte di un quadro già oggi critico. Rispetto all’inadeguatezza delle competenze, altre ricerche condotte da Fondazione Nord Est richiamano quanto le problematiche principali siano legate alla questione delle competenze trasversali, in particolare l’autonomia, la capacità di lavorare in contesti complessi e in continua evoluzione, l’imprenditorialità e le capacità relazionali. L’insegnamento delle soft skills, tuttavia, ancora non trova largo spazio nei percorsi formativi, sia a livello scolastico che universitario, e oggi si apprendono principalmente nei contesti lavorativi.

La relazione scuola-impresa

Il focus sulle figure tecniche specializzate e non offre uno sguardo sulle misure da intraprendere per ridurre tale criticità. Da parte del panel, le soluzioni ritenute più utili vengono individuate nelle azioni volte ad agire preventivamente al fine migliorare le competenze acquisite e la conoscenza del mondo imprenditoriale tramite maggiori occasioni di dialogo tra la scuola e le imprese (41,2% di rispondenti) e di accrescere il numero di possibili candidati con adeguati percorsi di orientamento per gli studenti (27,1%).

Fondazione Nordest intende proseguire nell’indagine, nelle note successive, scavando fino alle radici di questa carenza di persone che minaccia di bloccare lo sviluppo, partendo dall’esodo di giovani. 

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