Dalla metalmeccanica alla carta 8.400 lavoratori di aziende in crisi

La “mappa” della Cisl in Friuli Venezia Giulia. Pizzo: «Le imprese restano competitive, ma non vanno lasciate sole»

Elena Del Giudice

Sono circa 8.400, a fine 2022, i lavoratori dell’industria del Friuli Venezia Giulia direttamente coinvolti in situazioni aziendali di crisi. Un numero importante, ovviamente, ma non drammatico, che rimanda la fotografia di un’economia per alcuni versi in affanno, a causa dei tanti problemi noti, ma che «resta competitiva».

Il quadro lo delinea il dipartimento industria della Cisl regionale nel monitoraggio trimestrale da cui emerge «una sostanziale tenuta del sistema industriale, con una scarsa variazione delle crisi tra settembre e dicembre 2022», spiega Cristiano Pizzo, responsabile del dipartimento industria cislino. Il dato che varia è quello riguardante i motivi delle crisi rilevate perché, contro le aspettative che vorrebbero i costi dell’energia al centro del mirino, i principali elementi di impatto risultano la mancanza di ordinativi (in 18 casi su 65) e soprattutto le difficoltà legate ai vari settori (25 su 65), mentre solo 8 aziende tra quelle rientranti nel monitoraggio cislino sono segnate dal problema energetico.

«Un dato – prosegue Pizzo – che ci fa riflettere e che ci risulta confermato anche da un altro elemento di non poco conto. Se è vero che il tema delle bollette energetiche, oltre alle famiglie, impatta inevitabilmente sulle aziende più energivore, con la conseguenza che le imprese, a causa delle prime stangate arrivate con le bollette, si sono attivate con delle richieste preventive di ammortizzatori sociali, è altrettanto vero che il tiraggio, ovvero la differenza tra ammortizzatori utilizzati e quelli richiesti, si è fermato attorno al 27%, segno che, nonostante le preoccupazioni legittime, le industrie del Friuli Venezia Giulia mantengono un posizionamento importante nel mercato in termini di competitività».

L’osservatorio industria della Cisl indica in 65 il numero delle aziende in difficoltà operanti in settori come il metalmeccanico, nelle diverse declinazioni che vanno dall’automotive alla meccanica e all’elettrodomestico, dalla gomma-plastica al vetro, dalla carta al mobile fino all’alimentare. Le motivazioni variano dalla mancanza di materie prime o di componenti al calo di ordini ai costi energetici. Per quanto riguarda, invece, il numero dei lavoratori coinvolti dalle situazioni aziendali di crisi, parliamo di 8 mila 287 addetti (in particolare, 5.235 metalmeccanici e 785 cartai) a fronte degli 8 mila 429 segnalati nella rilevazione di settembre scorso. Attivati per questi 8.400 addetti, strumenti come la cassa integrazione ordinaria (in 53 aziende su 65), contratti di solidarietà ecc. A soffrire di più si conferma il territorio di Pordenone, che sebbene abbia meno aziende in crisi rispetto ad Udine (26 a fronte di 17) ha il più alto numero di lavoratori interessati, vale a dire 3.270 addetti. A seguire ci sono Udine con 1.811, Trieste e Gorizia, assieme, con 1.789 e l’Alto Friuli con 1002, al netto, dunque, di quei 415 addetti riferiti a gruppi svincolati da una dimensione prettamente territoriale, come quelli delle telecomunicazioni.

«Un altro problema da segnalare – aggiunge Pizzo – è che con i mesi di giugno e luglio moti ammortizzatori sociali andranno ad esaurimento e, nella massima parte dei casi, questo accadrà entro la fine dell’anno, con la conseguenza che moti lavoratori rimarranno scoperti, se non si troveranno altre soluzioni riparatorie, ad esempio inserendo almeno temporaneamente il caro-energia tra i requisiti per richiedere la concessione della cig».

La questione energetica che continua a scontare l’annosa assenza di politiche energetiche nazionali, deve, poi, essere letta anche sotto un’altra luce. «Se le materie prime rappresentano un problema europeo, non lo sono altrettanto i costi energetici che, però, per aziende energivore italiane sono il principale costo aziendale – ricorda Pizzo –. Le aziende, infatti, hanno continuato a produrre ed evidentemente hanno prodotto con margini di guadagno, visto che le nuove leggi nazionali relative al bonus energia detassato hanno permesso, ad esempio, alle stesse cartiere di retribuire unilateralmente alle maestranze entro dicembre 2022 dai 200 sino a 1000 euro».

Lo scenario fa sì che il sindacato sia «moderatamente preoccupato – è la considerazione di Pizzo – perché, al momento, il nostro tessuto industriale dimostra di “tenere”. Ovviamente c’è bisogno di una spinta, e la speranza è che si continui ad investire sul territorio». Investimenti tanto più probabili «se il territorio sarà in grado di assicurare quella manodopera, pronta e formata, che le imprese chiedono». Vero che gli Its «sfornano ogni anno professionalità assolutamente formate, ma in numeri ancora modesti rispetto alle richieste» rileva il sindacalista. Forse qualcosa in più si potrebbe fare sul fronte riqualificazione? «M auguro – conclude Cristiano Pizzo – che l’investimento su “Piazza Gol” (programma con garanzia di occupabilità dei lavoratori) che si occupa proprio di riqualificazione professionale, abbia successo. E oltre a questo, il Fvg ora che ha recuperato i livelli occupazioni del 2019, ragioni anche sulla qualità dell’occupazione».

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