Il boss delle mele Melinda: "Un anno straordinario in Trentino per quantità e qualità"

TRENTO. Una raccolta da incorniciare, sia per quantità che per qualità: i dati della produzione di mele in Trentino, diffusi in questi giorni da Assomela - consorzio che riunisce le maggiori organizzazioni di produttori di mele italiani - parlano di oltre 533.000 tons per il 2020, a fronte delle 470.000 circa segnate nel 2019. I quantitativi sono quindi in aumento, diversamente dall’Alto Adige, dove invece quest’anno si è registrato un calo di circa 80.000 tons, anche a causa di gelate e grandinate primaverili.
Stabili, rispetto all'anno precedente, i quantitativi del Friuli Venezia-Giulia (44.000 tons), mentre si rialza anche la produzione in Veneto e in Lombardia. Cala, anche in questo caso a causa di eventi metereologici avversi, la produzione dell’Emilia-Romagna, mentre fa segnare un record la produzione piemontese, ormai la seconda per importanza dopo quella del Trentino-Alto Adige. Secondo Assomela, per tutte le colture e le aree produttive, si confermano “buoni calibri e una generale buona qualità del prodotto”.
Michele Odorizzi, presidente di Melinda, conferma i giudizi entusiastici dell'ultimo report di Assomela: “In Trentino abbiamo avuto una raccolta abbondante, veramente buona, e siamo stati fortunati anche con il meteo. Le pezzature sono state buone e superiori alla media, direi quindi che sia a livello qualitativo che quantitativo è stata un’annata ottima. Il risultato è positivo anche considerando le difficoltà previste inizialmente per la manodopera: grazie ai sistemi di quarantena attiva pensati dall’Azienda sanitaria è però andato tutto bene e siamo riusciti a raccogliere la frutta nei tempi giusti. I casi di contagio sono stati pochissimi e subito isolati, anche perché c'era un'organizzazione specifica che prevedeva gruppi di lavoro di massimo 4 persone e poi avevamo un monitoraggio costante e continuo grazie ai test rapidi”.
L'emergenza Covid e l'effetto lock-down sembrano non aver penalizzato i consumi, anzi: “Inizialmente, in primavera, la situazione di stop generale ci aveva un po' preoccupati - prosegue Odorizzi - poi ci siamo resi conto che i consumatori sono diventati più consapevoli del prodotto e c'è stato un incremento dei consumi, devo dire anche abbastanza inaspettato. Abbiamo visto che le persone riconoscono che i nostri prodotti sono buoni, genuini e italiani e queste sono tre caratteristiche importanti oggi. La mela è percepita come un frutto molto salutare. Ovviamente noi forniamo anche ristoranti, mense aziendali, quindi su quel fronte le chiusure hanno inciso, ma siamo riusciti comunque a compensare perché va detto che quando la gente è fuori casa consuma meno frutta, mentre oggi, con questa nuova organizzazione di vita, il consumo delle mele è agevolato, anche perché è un prodotto di qualità ma anche tra i più economici”.
Le vendite, infatti, stanno andando bene “e siamo anche in vantaggio sul decumulo programmato, quindi vendiamo un po' di più di quello che avevamo previsto. Certamente notiamo delle differenze tra la prima fase della pandemia e questo autunno-inverno: all’inizio, con il lock-down, c'è stata una corsa agli acquisti, adesso si compra in modo più ragionato, quindi si fanno poche scorte e si ragiona sull'avere sempre la frutta fresca”, chiosa Odorizzi.
A livello internazionale, invece, se il mercato del sud-est asiatico, a causa anche della pandemia, ha vissuto parecchie limitazioni, non suscita particolari timori la questione Brexit: "In Gran Bretagna vendiamo, ma non è un paese così strategico come altri stati europei. Il consumatore inglese acquista frutta non di altissima qualità. Diciamo che per noi il mercato è preferibilmente italiano, poi a seguire c’è la Spagna e il resto d’Europa”.
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