Cosulich punta forte sulla Turchia: «La rotta crescerà molto, soprattutto l’import di materie prime»
Trieste, è forte la fiducia del presidente e amministratore delegato del Gruppo Fratelli Cosulich sulle prospettive di sviluppo dell’asse logistico tra l’Alto Adriatico e il Mar Egeo

«Riteniamo che con l’attuale cambio fra lira turca ed euro, gli scambi commerciali tra Italia e Turchia possano raddoppiare nel prossimo futuro. Le navi che partono dai porti turchi verso l’Italia sono sempre a pieno carico, e trasportano soprattutto materie prime. Mentre, per l’effetto valutario, quelle verso la Turchia naturalmente non sono strapiene». È forte la fiducia di Augusto Cosulich, presidente e amministratore delegato del Gruppo Fratelli Cosulich, sulle prospettive di sviluppo dell’asse logistico tra l’Alto Adriatico e il Mar Egeo. In particolare per le importazioni, visto che la Turchia è un importante hub per lo smistamento di materie prime nel Mediterraneo.
In Turchia Fratelli Cosulich, che nel Nordest ha la sede legale a Trieste con una rilevante attività di shipping e logistica nei porti friulani e veneti e con il laminatoio Officine Tecnosider di San Giorgio di Nogaro, nel settore del trasporto minerario ha recentemente acquisito Mesco International In Turchia Forwarding Inc. Cha sarà la settima società nel paese per il Gruppo. Inoltre è operativa da anni una partnership con la storica compagnia di navigazione Arkas Container Transport.

«Negli anni 2000 un nostro collaboratore della sede di Londra ci ha presentato le opportunità che offriva la Turchia. Grazie al suo intuito abbiamo acquisito una società da un operatore turco, tramite cui abbiamo sviluppato una collaborazione con il Gruppo Arcese e – racconta Cosulich – abbiamo creato due joint-venture: una di autotreni che fanno la spola tra Turchia e Italia, l’altra con una società israeliana di trasporti che opera sulla rotta con Israele. E, sempre nell’ambito del Mediterraneo, in Nord Africa abbiano progetti in Tunisia ed Algeria».
Mentre, in acque più lontane un’altra recentissima notizia arriva da Singapore, dove la controllata Fratelli Cosulich Bunkers ha firmato un Memorandum of Understading con la società di cantieristica navale Nantong CIMC Sinopacific Offshore & Engineering per la costruzione di una bunker tanker ad ammoniaca per il gas naturale liquefatto (GNL).
«Parlando di Mediterraneo, il Mare Nostrum, sono quattro le aree aree geo-strategiche in cui si suddividono le nostre attività», spiega Cosulich. «Il Mare Adriatico, dove abbiamo investito molto, specialmente nella siderurgia; il Mar Tirreno, dove a Genova abbiamo la nostra sede operativa; il Nord Africa, con progetti in Algeria e Tunisia; e appunto la Turchia».
L’interscambio commerciale italo-turco è stato nel 2021 di circa 19 miliardi di euro (quasi 2,5 miliardi per le tre regioni del Nordest, di cui 1,36 miliardi l’export, +26,3% sul 2019 – dati Istat elaborati da Unioncamere Veneto). Ankara storicamente è tra le prime quindici destinazioni al mondo delle esportazioni italiane, mentre l’Italia è per la Turchia il quinto paese fornitore e il terzo acquirente. Anche nel primo semestre 2022 l’export italiano ha mostrato una crescita tendenziale sul 2021 del 38,5% in valore, pari a circa 6,3 miliardi di euro, e del 28,5% in volumi.
Bene anche il Nordest. Nei primi sei mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2021, il valore delle esportazioni in Turchia delle tre regioni del Triveneto è aumentato del 27,9% a 861 milioni di euro (voci principali sono macchinari, apparecchiature e altri prodotti manifatturieri), anche se influenzate dalla componente inflattiva sui prezzi. Ed è cresciuto dell’87,8% sul 2021 anche il valore delle importazioni dalla Turchia, a 915 milioni (voci principali: metalli di base e prodotti in metallo; prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori; coke e prodotti petroliferi raffinati).
Se per le importazioni ci si aspetta un trend in crescita, in teoria invece esportare verso Ankara dovrebbe diventare più difficile. Pesano infatti la forte svalutazione della lira turca, che da inizio gennaio ha perso circa il 20% sul dollaro dopo aver perso il 44% nel 2021, e l’elevatissima inflazione turca, molto superiore alla nostra, arrivata a sfiorare nel 2022 un tasso annuo dell’80%. Effetto dell’eterodossa politica monetaria della Banca Centrale Turca, che a fronte della super inflazione sta tenendo il tasso di cambio molto basso (sceso dal 14 al 13% a luglio), con un costo del denaro negativo per oltre il 60% in termini reali.
Così il Rapporto Export 2022 di Sace prevede che la crescita delle esportazioni italiane in Turchia si affievolirà nel 2022. Se, difatti, nel 2021 e nella prima metà del 2022 l’economia turca è comunque cresciuta grazie a stimoli fiscali e monetari imposti dal governo – si legge nel Report – l’elevata inflazione e il progressivo inserimento di misure restrittive risulteranno in tassi di crescita dell’export italiano più contenuti rispetto al passato: +9% e +5,7% per il 2022 e 2023.
A soffrire, secondo Sace, saranno soprattutto i beni di investimento, che rappresentano quasi la metà dei beni esportati, e che quest’anno e il prossimo cresceranno solo del 4,4% e 5,4%. E si prevedono performance ancora più deboli per la meccanica che sconta l’incertezza della produzione industriale turca e di una domanda interna che patisce l’incremento dell’inflazione. In particolare, le vendite di macchinari italiani (circa 2,6 miliardi di euro) cresceranno del 2,5% quest’anno e del 4,6% il prossimo anno.
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