Veneto Banca, gli esperti: prezzo a sconto. "Favorito il garante, non i soci"

MONTEBELLUNA. Un prezzo volutamente basso, al "pavimento", definito a tavolino per favorire il Consorzio di Garanzia nella sottoscrizione dell'aumento di capitale ma non i "vecchi" soci. Che difficilmente potranno veder concretizzato il diritto recesso. Gli esperti concordano: il valore di 7,3 euro, definito dal Cda il 2 dicembre per il rimborso dei soci che diranno no alla Spa e vorranno uscire, è peggio di ogni più pessimistica previsione.
Salvatore Gaziano, direttore di SoldiExpert e consulente di investimenti, spiega: “È un prezzo volutamente basso rispetto a quello che potrà fare il mercato, giustificato dal fatto che questo valore è virtuale visto che non si potrà nemmeno esercitare il recesso. Ma sicuramente giustificato anche dal vantaggio che potrà portare al consorzio di garanzia che ha tutto l'interesse di confrontarsi con un valore basso per spingere sull’aumento di capitale, venderlo e motivare nuovi azionisti a entrare”.
Cosa converrà fare al risparmiatore? “Il sistema prevede delle deroghe che Banca d’Italia può dare a Veneto Banca anche se non ha i requisiti patrimoniali per rimborsare - aggiunge Gaziano - ma in realtà, il risparmiatore che vuole recedere poi entra in dei ‘cul del sac’, è capitato anche in altre situaizoni. Io direi che questo è un prezzo manipolato e non credibile, più funzionale al consorzio di garanzia che al socio”.
“Questo è un prezzo che esclude ogni opportunità di recesso - aggiunge Francesco Zen, professore di Economia degli intermediari finanziari a Padova -. È stato fatto per escludere ogni volontà di uscita dell’azionista, non solo perché non può ma anche perché è così basso da rappresentare il pavimento del valore. È meglio, dunque, valutare la possibilità di venderle le azioni in Borsa poi a un prezzo superiore. Ora è dunque ai minimi termini". "7,3 euro è un valore teorico che andava definito per il garante che lo voleva bassissimo perché voleva massimo vantaggio - conferma Zen sulla linea di Gaziano -. Ma è il prezzo del patrimonio netto tangibile valorizzato ad un multiplo dello 0,5 che è quello che oggi valorizza i titoli meno appetibili della Popolari quotate. Penso che il prezzo di Borsa non potrà essere molto lontano, sennò ci sarebbe un’incongruenza troppo alta: uno che compra a gennaio, e diventa azionista, non può essere trattato diversamente da uno che entra poi a marzo in Borsa”.
Qual è dunque la morale per i "vecchi azionisti"? “Hanno già perso, inutile discutere, non si rimedia - spiega Paolo Biffis, professore di economia finanziaria a Ca’ Foscari -. Ora devono limitare la perdita. I prezzi sono molto bassi rispetto quanto fissato dalle precedenti assemblee. Non c’è dubbio che gli azionisti hanno perso moltissimo. A questo punto, l’unica cosa da non fare è ragionare con la pancia, ma cercare di essere razionali. Gli azionisti oggi possono: rifiutarsi di sottoscrivere l’aumento, vendere le azioni, tenere le azioni e incassare il diritto di opzione, quindi tirare fuori altri soldi per sottoscrivere l’aumento di capitale. O, non esercitarlo, vendere il diritto di opzione tenendo le azioni".
"Questa però - chiarisce Biffis - non è ancora la prova del mercato. Il mercato è fatto di razionalità e irrazionalità, difficile immaginare quanto sarà il prezzo di Borsa. Ma questo non interesserà più agli azionisti: perdere il 30 o il 70% è sempre tragico. Inutile ora pensare al passato, si è fatto un investimento sbagliato come accade spesso: lo si è fatto con Mps, Cirio, Parmalat, i bond greci, Lehman Brothers. Ora si deve prenderne atto e guardare avanti". E ciò significa, per Biffis: "Tenersi le azioni nel lungo periodo e vendere il diritto di opzione. Restare socio pensando che la banca si riprenderà".
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