Stagionale per un giorno: abbiamo cercato un lavoro estivo, ecco come è andata
Ci siamo proposti a bar, stabilimenti e locali notturni di Lignano. Le opportunità ci sono, e le condizioni sono generalmente oneste. Lo scoglio principale per i giovani è la ricerca di un alloggio, ma non si avverte alcuna urgenza di trovare personale

Ma gli stagionali mancano per davvero? E sono sfruttati come si sente in giro? Sì, vi direbbero in molti. Sì, vi avremmo risposto anche noi, in redazione, prima di questo articolo. Ma la realtà è un po’ diversa. Premessa da fare: su un tema così delicato una verità assoluta non esiste,così ho deciso di fugare un po’ di dubbi e di provare in prima persona cosa voglia dire cercare lavoro come stagionale.
E dunque, in una mattinata tardo primaverile, mi sono finto uno studente universitario che vive a Udine, nel tentativo di trovare un’opportunità di impiego estivo nel litorale friulano. Quindi giubbotto, scarpe, chiavi della macchina e via, direzione Lignano.
Un viaggio a tappe, cercando di bussare alla porta delle più diverse attività produttive. Siamo d’altronde nella cittadina che Hemingway definì la Florida d’Italia si sa, l’offerta di locali è enorme. Bar, ristoranti, stabilimenti balneari e discoteche sono uno dei motivi per cui Lignano è meta turistica di prim’ordine per vacanzieri in arrivo da mezza Europa. La prima tappa è Pineta, l’area in cui il divertimento la fa da padrone. La stagione è ancora agli inizi, e in giro il rapporto tra infradito e scarpe da lavoro pare ancora in perfetto equilibrio. Quello che è subito evidente è che non si percepisce alcuna isteria da mancanza di manodopera stagionale. Pochissimi cartelli “cercasi personale” campeggiano sulle vetrine (ancora non tutte aperte), gli esercenti appaiono tutt’altro che alla disperata ricerca di dipendenti.

Ma se ci si lancia nella ricerca porta a porta, ecco che le possibilità si aprono, eccome. Per l'esperienza di chi scrive soprattutto tra bar e ristoranti, meno in spiaggia, e alberghi, luoghi da cui risulta più facile ricevere un cortese «grazie, ma siamo a posto».
Il primo locale dove provo a entrare è un bar pasticceria nel cuore di Lignano Pineta: la titolare sorride e esordisce presentendo subito quello che nel corso della giornata capirò essere il problema principale del lavoro stagionale lignanese: «Ma tu qui ha l’alloggio?». Rispondo di no, e timidamente provo a proporre l’alternativa di fare avanti e indietro da Udine, impersonandomi in uno studente universitario che vive nel capoluogo friulano e che prova a tirare su qualche soldo nei mesi estivi. «No, impossibile», risponde lei, facendomi capire che non esiste alcun margine per approfondire il discorso. Mi invita a rivolgersi al locale di fianco: «So che lì cercano sempre, e mettono a disposizione delle camere per i ragazzi».
E in effetti è così: in questo ristorante la ragazza al banco mi indica un volantino ben in vista vicino alla cassa: «Devi mandare il curriculum su Whatsapp al titolare, lì trovi il numero». Saltiamo il passaggio e chiamiamo direttamente. «Tu hai esperienza?», «minima, di qualche mese», «Ok, non è un problema: per noi potresti lavorare in sala o in cucina, si impara». Si parla di un contratto mensile regolare da circa 8 euro l’ora, per otto ore al giorno. Totale? «Sui 1600 euro, più o meno». Più complicato in questa fase capire per quanti giorni e quanto straordinario sia richiesto. Ma proseguo oltre, mi interessa l’alloggio: per 200 euro al mese (da scalare allo stipendio) mi offrirebbe un posto letto in un appartamento «ma poi a fine stagione vediamo, se ti comporti bene magari te ne ridò la metà».

Stesso canone dell’alloggio da un altro datore di lavoro, che oltre al bar di Pineta gestisce una rete con altri locali. Qui si lavora sui turni. 7-16 («di solito le ragazze») e 16 chiusura. «Per che ora si chiude?», chiedo. «Mah, varia in base al locale. A Sabbiadoro non oltre le 2.30, è frequentato soprattutto da famiglie. A Pineta in alcune serate si può arrivare alle 3- 3.30». Il totale per il turno serale è dunque di 10-11 ore. L’alloggio offerto è proprio sopra la discoteca di proprietà del gruppo. «Ma il rumore non dà fastidio?», chiedo. «La musica la spengono un’oretta dopo la fine del turno, di solito i ragazzi del bar a fine turno si bevono una birra, mangiano un pezzo di pizza e vanno a letto. Certo, non parliamo di un Grand Hotel...».
Il quadro è simile anche nei ristoranti veri e propri. Mi fermo in uno nella zona del lungomare. Anche qui mettono subito in chiaro che si parla di contratti regolari, e che il non aver mai portato un vassoio al tavolo non è un problema insormontabile. «Se sei sveglio una settimana e impari». Sorrido con complicità.
Le paghe non sembrano male: ci parlano di 8-10 euro l’ora per il servizio al ristorante, e che gli stipendi non costituiscono un argomento sensibile. «Qua quelli che prendono di meno sono i bagnini di 17-18 anni: 1600 euro netti al mese». Poco dopo busso alla porta di uno dei locali più frequentati del posto. Qui la stagione deve ancora iniziare: c’è silenzio, buio, ci metto un po’ prima di intercettare la presenza umana. Nel cortile interno finalmente trovo uno dei gestori. Mi racconta che l'organico è già al completo da inizio anno e non tira aria di crisi da stagionali: «Quello che ti potrei proporre, è un impiego a chiamata per le serate particolarmente frequentate. I compiti sarebbero di servizio e pulizie». Orario dalle 22 all'alba, forfait di 90 euro netti a serata.
Cifre che in assoluto non possono essere definite di certo basse, ma che vanno messe a parametro con l’impegno e gli sforzi richiesti , oltre a i costi della vita (Lignano, si sa, non è proprio per tutte le tasche).
E secondo qualcuno degli addetti ai lavori – intercettato qua e là sull’arenile una volta rivestiti i panni del cronista – questo è uno dei fattori che scoraggiano i ragazzi dall’affezionarsi al lavoro stagionale, a differenza di quanto accadeva anni fa. «Prima lo si faceva in modo continuativo, ora un giovane magari lavora un’estate e quando lo richiami l'anno successivo ti dice “no, grazie, preferisco fare altro”. Magari facendo uno minimo sforzo economico in più lo si trattiene con maggiore semplicità».
E proprio quello che nella lingua del business chiamano il problema della talent retention sembra essere un punto critico anche per i balneari. «Abbiamo circa 40 dipendenti – ci racconta un gestore – e cerco di “cullarmeli” il più possibile. Quest’anno per fortuna ne abbiamo dovuti cambiare solo una decina. Alla fine riusciamo sempre a completare l’organico».
E la “culla” più gradita sembra essere, anche in questo caso, l’alloggio. «Ogni gennaio prenoto gli appartamenti, così sono in grado di assicurare un tetto ai ragazzi che verranno con largo anticipo. E, soprattutto, a loro non chiedo soldi». Una spesa che certamente pesa nei bilanci delle aziende del litorale, ma che appare una necessità imprescindibile per garantirsi personale affidabile. Infatti i canali di accesso per far incontrare domanda e offerta di stagionali sembrano rimanere quelli più classici: il passaparola e i curriculum lasciati da chi si presenta bussando alla porta.
Spostandosi per le vie del centro di Sabbiadoro, gli avvisi “cercasi personale” aumentano. Sono perlopiù in negozi , dove le candidature ci sono ma non soddisfano gli esercenti. «Le richieste sono molte – dice Giulia dalla cassa di un negozio di cover per smartphone – ma si fa fatica a trovare personale adeguato: arrivano principalmente minorenni, molti dei quali non parlano inglese o tedesco: con il tipo di turismo che abbiamo qui non è sostenibile». E, a quanto ci dicono, l’inquadramento offerto è quello definito dai contratti collettivi nazionali: «Per chi è alla prima esperienza partiamo comunque da un minimo di 1000-1100 euro, con possibilità di crescita», conclude. E quello di ragazzi troppo giovani e privi delle necessarie competenze sembra essere il problema più sentito anche in altri negozi. Certo, in giro si sentono frasi come «se al primo colloquio mi chiedi già i riposi e la paga non fai una bella impressione», ma (per fortuna) possiamo relegarle alla marginalità.
La giornata volge al termine, prendo la via del rientro. In macchina suona il telefono: «Ma tu, eventualmente, potresti iniziare già nel fine settimana?». Trovo una scusa per declinare l’offerta. «Va bene, allora ci aggiorniamo successivamente. Certo, se arriva qualcuno che mi conferma la presenza prima di te prendo lui eh… ». Tutto giusto, ma vi sembrano frasi che facciano trasparire l’emergenza della mancanza di lavoratori stagionali? Chi scrive propende per il no. Poi un quadro autentico della realtà lo dipingeranno le storie di chi quest’estate proverà tale esperienza. Per davvero.
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