Alex Marangon morto durante un rito sciamanico: tutti i punti ancora da chiarire

La tragedia nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024 all’abbazia di Santa Bona a Vidor, nel Trevigiano. Si è gettato dalla terrazza sul Piave perché aveva assunto un decotto con l’ayahuasca o è stato ucciso? La famiglia non si arrende: «Lui voleva vivere»

Lorenza Raffaello
Alex Marangon

Nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024 moriva nei pressi dell’abbazia di Santa Bona di Vidor, in provincia di Treviso, Alex Marangon, barman per professione e viaggiatore per passione, veneziano di Marcon, di appena 25 anni.

Alex ha perso la vita durante un ritiro spirituale sciamanico a base di ayahuasca, un decotto realizzato con un mix di erbe amazzoniche dall’altissimo potere allucinogeno, illegale in Italia. È trascorso quasi un anno dalla morte di Alex Marangon e ad oggi non c’è ancora una spiegazione a tale tragedia.

Il caso di Alex Marangon, cosa sappiamo: la nostra video ricostruzione

Gli esiti delle indagini

È stata “morte in conseguenza di altro reato” o “morte per omicidio” come il pm Giovanni Valmassoi ha dovuto modificare dopo l’autopsia sul fascicolo? Il procuratore capo di Treviso, Marco Martani, prima di andare in pensione, lo scorso 13 giugno, ha affermato che la linea che sarà tenuta dalla Procura con ogni probabilità sarà quella dell’incidente.

Entro pochi giorni, dalla Struttura semplice in Tossicologia presso l’ospedale Burlo Garofolo di Trieste dovrebbero arrivare i risultati degli esami eseguiti sul corpo di Alex. Da quelli si potrà risalire alla quantità esatta di ayahuasca presente nel sangue e di tutte le altre sostanze illegali e questo potrà fornire maggiori informazioni sullo stato psicofisico del 25enne nel momento in cui ha perso la vita.

L'abbazia di Santa Bona a Vidor e l'affaccio sul Piave
DePolo Vidor riprese con drone del fiume Piave attorno all'abbazia Santa Bona

La sua mente era offuscata dalle droghe tanto da aver perso il controllo ed essersi gettato in autonomia o, invece, era solo un po’ alterato e, quindi, la sua morte potrebbe essere ricondotta alla colluttazione che pare esserci stata prima di cadere dalla terrazza panoramica dell’abbazia a strapiombo sul Piave?

Fonti vicine alla Procura rivelano che una volta ottenuti i risultati, le indagini saranno chiuse e potrebbero risolversi con una archiviazione. Certo, resteranno da appurare le responsabilità dei presenti. Chi ha portato le sostanze illegali al ritiro? Chi avrebbe dovuto sorvegliarlo lo ha fatto? Questi però non sono gli unici quesiti ancora irrisolti.

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I punti irrisolti

Secondo le testimonianze, Alex Marangon è scomparso alle 3.30 di domenica 30 giugno. Stava partecipando ad un rito sciamanico organizzato dal duo trevigiano ZuMusic Project, Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, all’interno della chiesetta dell’abbazia, quando si sarebbe sentito male e sarebbe corso all’esterno, verso la terrazza sul Piave.

Dietro di lui, i curanderos Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, due sedicenti medici colombiani, le ultime persone a vederlo vivo e le prime a lasciare l’abbazia all’alba, prima dell’arrivo dei soccorsi, chiamati solamente tre ore dopo la scomparsa del giovane, alle 6.30.

L'interno dell'abbazia e le "postazioni" per il rito sciamanico
L'interno dell'abbazia dove si è svolto il rito sciamanico

Perché sono partiti prima di testimoniare? E perché i presenti hanno aspettato così tanto prima di chiamare i soccorsi? Un altro punto buio dell’indagine è rappresentato dalle ferite rinvenute sul corpo di Alex.

Marangon fu trovato privo di vita il 2 luglio scorso, con la testa fracassata e numerose lesioni al costato e in altre parti del corpo, in un isolotto sul Piave, più di quattro chilometri a sud dell’abbazia di Vidor.

Il medico legale incaricato dalla Procura, Alberto Furlanetto, nella relazione dopo l’autopsia aveva scritto che le lesioni riscontrate, soprattutto quelle craniche, erano compatibili con una caduta dall’altezza della terrazza dell’abbazia e quindi un suicidio. Quello sarebbe l’unico punto da cui Alex Marangon potrebbe essere caduto per essersi procurato quelle ferite. Ma aveva anche aggiunto che Alex, prima di cadere potrebbe essere stato picchiato.

Le lesioni al volto, in particolare nella zona attorno all’occhio sinistro, e quelle al costato, non sono compatibili con una caduta dall’alto perché non ci sarebbero tracce di abrasioni da rami d’albero.

Nessun indagato

Al momento, nessuno dei presenti è stato iscritto nel registro degli indagati. I 19 partecipanti al rito sciamanico, dopo essere stati ascoltati hanno continuato la loro vita come prima della tragedia del 30 giugno scorso. Così come i curanderos che attualmente si troverebbero in Colombia e continuerebbero ad organizzare eventi sciamanici a base di ayahuasca e occuparsi di spiritualità e medicina tradizionale amazzonica.

La famiglia

Da Marcon, nel Veneziano, non c’è la minima intenzione di accettare l’ipotesi del suicidio né quella dell’incidente fortuito. «Abbiamo letto la relazione del dottor Furlanetto - aveva detto l’avvocato Stefano Tigani - e confermo che le conclusioni sono quelle di un probabile suicidio con lesioni da aggressione prima della morte. Non ricordo in tanti anni di carriera che una persona possa essersi suicidata, dopo essere stata picchiata. L’ipotesi del suicidio, a nostro avviso, non regge. In ogni caso abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura. Attendiamo l’esito delle analisi tossicologiche prima di tirare le somme».

Alex Marangon con la sorella Giada
Alex Marangon con la sorella Giada

Questione di giorni. Manca poco per arrivare ad avere gli esiti definitivi, ai primi accertamenti Alex era risultato positivo ad ayahuasca e cocaina, oltre a basse concentrazioni di Mdma e Thc, il principio attivo dei cannabinoidi. Di sicuro la Procura sarà chiamata a prendere una decisione.

Una scelta attesa da parte della famiglia Marangon, ma anche da tutti i soggetti che quella notte hanno partecipato al ritiro sciamanico e, volenti o nolenti, sono stati testimoni della morte di un ragazzo di 25 anni, barman per professione, viaggiatore per passione. 

La mamma: «Qualcuno ha deciso che è suicidio»

A restare appesa quasi in una sorta di dimensione parallela è Sabrina Bosser, mamma di Alex. Nell’ultimo anno non solo ha dovuto convivere con l’atroce dolore per la perdita di un figlio, ma anche col fatto che la sua morte non ha ancora una spiegazione.

Qual è la cosa che la fa stare peggio?

«Il fatto che le indagini si siano concentrare solo su Alex, lo hanno descritto come un drogato, quando c’erano altri 19 partecipanti al ritiro che hanno assunto le stesse cose che ha preso lui, agli altri è stata fatta solo l’analisi del capello. Alex si è trovato in mezzo ad una cosa più grande di lui».

I genitori di Alex Marangon durante un sit-in per chiedere la verità sul caso
GUERRETTA. AG.FOTOFILM. TREVISO. .TRIBUNALE, SIT-IN PER ALEX MARANGON

Conosceva gli organizzatori?

«Sì. Era la terza volta che partecipava, sempre all’abbazia di Santa Bona, solo che questa volta non era partito con il solito entusiasmo».

In che senso?

«Prima di partire aveva chiesto ad alcuni amici se potevano accompagnarlo, ma nessuno è riuscito a liberarsi, lui sarebbe stato disposto anche a pagare per loro».

Una cifra non proprio economica.

«Per partecipare a due giorni di ritiro ha pagato 400 euro. C’è un giro di soldi non indifferente attorno a quegli eventi».

È passato un anno e non c’è ancora un colpevole.

«Ci sono troppe cose che non funzionano, che non tornano. Sembra che abbiano già deciso che Alex si sia buttato. Ma Alex doveva e voleva tornare, doveva fare il cammino di Santiago, incontrare un’amica della Nuova Zelanda e festeggiare il mio compleanno il 9 agosto e quello della sua nonna, il 29 luglio, non voleva di certo morire così».

Com’era Alex?

«Amava la vita, non era andato lì per sballarsi, ma perché credeva nella meditazione. Credeva che nel suo piccolo potesse cambiare un pezzetto di questo mondo malato. Abbiamo scoperto che ha aiutato molti amici, ma non aveva capito che le persone che chiamava “famiglia”, e che dicevano di volergli bene, erano solo ciarlatani. Doveva e voleva tornare a casa».

Come state ora?

«Tante volte ci sentiamo abbandonati, ho paura che sparisca il ricordo di Alex, che la gente dimentichi. Per tutti la vita è andata avanti, ma non per me, non sarà più come prima. Non riesco a non pensare, anche se vado in capo al mondo, il mio pensiero è sempre lì».

I protagonisti

Andrea Zuin e Tatiana Marchetto di Zumusic Project, organizzatori del rito sciamanico all’abbazia
Andrea Zuin e Tatiana Marchetto di Zumusic Project, organizzatori del rito sciamanico all’abbazia
Jhonni Benavides, il curandero che con il collega Sebastian Castillos aveva partecipato al rituale
Jhonni Benavides, il curandero che con il collega Sebastian Castillos aveva partecipato al rituale
Giulio Da Sacco, il conte proprietario dell’abbazia di Santa Bona a Vidor
Giulio Da Sacco, il conte proprietario dell’abbazia di Santa Bona a Vidor

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