Il Primo Maggio di chi lavora: anche inaspettatamente

Sei storie di alcune tra le figure professionali operative sette giorni su sette: molte sono nuove. In Friuli Venezia Giulia cresce il tempo indeterminato, in Veneto il part time fa da spartiacque di genere

Silvia Bergamin, Nicola Cesaro, Micol Brusaferro, Mattia Toffoletto

Primo maggio, festa del lavoro, anche se non per tutti. Nella società iperconnessa e ipercompetitiva di oggi, il riposo non è più concepito come un diritto inalienabile. Non c’è dunque solo il problema del lavoro sottopagato, come da denuncia di ieri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ma anche quello del super-lavoro, del lavoro che non si ferma mai. Qui abbiamo raccolto le storie di sei figure professionali tipiche della contemporaneità: un dentista di uno studio professionale che non chiude mai; un social media manager, una content creator, sempre connessa, un rider, una guida turistica, una sound designer.

I dati di Fvg e Veneto

Gli ultimi dati forniti dall’Osservatorio del Lavoro del Friuli Venezia Giulia, dicono che il bilancio occupazionale del lavoro dipendente a gennaio segnava un +10.797, in aumento rispetto a gennaio 2024 (+9.858), con 21.654 assunzioni, in aumento tendenziale del 5.2%. Sono cresciute sensibilmente le assunzioni a tempo indeterminato (+10.3%) e le trasformazioni (+20.2%). Sono aumentate anche le assunzioni nella somministrazione di lavoro (+16%) e quelle in apprendistato (+2%), così come la parasubordinazione (+22%), mentre sono in calo le assunzioni nel lavoro a chiamata (-25%) e in quello domestico (-7.8%).

Il saldo del lavoro stabile è positivo di quasi tremila unità, mentre a livello tendenziale le dimissioni volontarie dal tempo indeterminato sono diminuite (-6.6%), ma restano a un livello elevato rispetto al 2019 (+33.1%). Le assunzioni della componente femminile sono state a gennaio il 41% del totale, su base tendenziale diminuiscono nel lavoro dipendente (-1.2%) e salgono nel tempo indeterminato (+16%). Per i maschi le prime crescono del 10.1% e le seconde del 6%.

I dati in Veneto, invece, diffusi dall’Osservatorio di Veneto Lavoro, confermano che il part time è diventato strutturale. I lavoratori a tempo parziale nel 2024 sono stati 415 mila, il 18,6% del totale degli occupati, in linea con la media europea del 19%. Di questi, 340 mila sono donne e 76 mila uomini.

Il divario di genere resta significativo: il part time coinvolge il 35% di donne occupate e il 6% di uomini. Nel 2024 si sono registrate circa 288 mila assunzioni part time in Veneto, il 33% del totale, con prevalenza femminile (61%). Numeri che spiegano come sia possibile che il part time venga scelto – e non imposto – da chi ha più necessità di conciliazione con la gestione della famiglia (che tocca ancora troppe volte più alle donne che agli uomini).

La guida turistica: «Salvo solo il Natale»

Mascia Bincoletto è una guida turistica da 25 anni. Vive a Pasian di Prato e oggi sarà impegnata ad accompagnare un gruppo di vacanzieri che arrivano dalla Liguria alla scoperta di Palmanova e dintorni.

Un lavoro che svolge da sempre con grande entusiasmo. E molto spesso nel corso del tempo ha trascorso il primo maggio insieme alle persone giunte in Friuli Venezia Giulia per gite o ferie più lunghe.

«Ho lavorato molto spesso durante le festività – racconta Mascia –, Pasqua, 25 aprile e in altri momenti, l’unica giornata che si salva di solito è il Natale, quando è molto raro che ci vengano richieste visite guidate. Alla fine è diventata un’abitudine che non influisce sulla vita familiare, perché si riescono a trovare spazi e occasioni diverse per stare insieme.

Forse – aggiunge – un po’ pesa nei rapporti con gli amici, che sono solitamente liberi quando io sono occupata».

Oggi Mascia sarà tutto il pomeriggio con la comitiva alla quale dovrà raccontare il territorio, «ma non è mai un dialogo unidirezionale – precisa –, mi piace il fatto che ci sia sempre uno scambio. Non sono solo io a illustrare le bellezze della regione, ascolto molto anche quello che le persone mi dicono, ad esempio parlando delle proprie zone di provenienza».

Un lavoro che Mascia considera stimolante e vivace anche perché «è comunque in evoluzione, abbiamo sempre argomenti nuovi, quando guardo ad esempio ad Aquileia, a quello che c’era 25 anni fa e a quanti spazi nuovi si sono creati ora, è chiaro che molto è cambiato.

Anche come guide – sottolinea Mascia – c’è un continuo aggiornamento, durante l’inverno e la bassa stagione, una formazione che è utile e importante».

Si modifica l’offerta turistica ma anche gli stessi gruppi che vengono in visita, «ci capitano spesso persone anziane, e dobbiamo adeguarci alle loro esigenze, magari si spostano con più difficoltà e noi dobbiamo tenerne conto».

Tra gli aspetti che Mascia preferisce c’è lo stupore e la meraviglia di chi scopre, proprio attraverso le sue parole, tutte le caratteristiche del Friuli Venezia Giulia, «sono colpiti dalla multiculturalità e dalla storia che è passata di qui».

«Noi come guide approfondiamo ogni argomento più volte, non finiamo mai di studiare e cerchiamo sempre il modo di raccontare anche gli aspetti più complessi in modo da trovare la giusta sensibilità e la giusta chiave per parlare al meglio della nostra regione», racconta ancora la guida turistica.

Come lei anche altre guide turistiche oggi saranno impegnate sul territorio a seguire gruppi più o meno grandi di persone da tutta Italia e dall’estero che hanno scelto il Friuli Venezia Giulia per le vacanze. Ed è proprio da queste settimane in poi che il lavoro, per il settore, diventa sempre più intenso. 

(Micol Brusaferro)

Social media manager con l’ufficio in tasca

«Oggi siete aperti?». «A che ora comincia l’evento?». «Nel weekend ci sarete?». Alzi la mano chi non ha mai letto o scritto messaggi come questi nei post social pubblicati da aziende, associazioni o organizzatori di eventi nei giorni di festa: qualcuno dovrà pur rispondere, se si vuol mantenere una buona reputazione. Quel qualcuno, se le cose sono fatte seriamente, è il social media manager (smm).

Come Silvio Carnassale, 37 anni di Enego (Vicenza): per lui, chiaramente, rispondere ai post è sola una delle tante mansioni da compiere in giornate come il Primo Maggio. «Per noi giornate come questa sono occasione di grande impegno: le aziende utilizzano la festività per lanciare promozioni con banner, gli eventi non si contano e vanno aggiornati, ci sono tantissimi post programmati da monitorare e su cui intervenire, , come quelli in cui la gente chiede informazioni o chiarimenti», racconta il professionista, che fa da 10 anni il smm e che peraltro lavora in tandem con la moglie Lorenza Tronconi, 31 anni. Non è solo amore per la professione o senso di responsabilità, esistono flussi che non possono essere trascurati: «Uno dei progetti che seguo, una collana editoriale, tocca anche mercati esteri: ecco, non necessariamente ovunque il Primo Maggio – o si pensi ancor più al 25 Aprile, festività recente – è vissuto come in Italia: le festività variano di Paese in Paese e dobbiamo essere pronti ad affrontare le esigenze e le richieste di tutti i mercati, i diversi flussi».

Ma quanto pesa il lavoro nelle feste “comandate”? «Quella mia e di mia moglie è una scelta, lo facciamo senza vivere il peso di ritmi diversi rispetto ad altre professioni. Prendiamo anche i lati positivi – la programmazione, ad esempio – e soprattutto sfruttiamo al massimo la flessibilità. Un esempio? Nulla toglie che in un giorno di festa si esca a fare una passeggiata in montagna e, pc o tablet alla mano, ogni tanto si faccia una sosta per pubblicare un post, fare un monitoraggio o rispondere a un’esigenza del cliente. Magari a qualcuno una scena del genere appare strana, per noi è tutto normale».

Certo, spesso il limite viene superato anche per chi fa questo lavoro: «Mettiamola così, anche in un giorno di festa esiste un perimetro che non dovrebbe essere superato, e invece l’avvento delle app di messaggistica rende questo molto difficile». Whatsapp, Telegram e Messenger sono degli uffici ambulanti in cui il cliente può bussare in ogni momento: «Ci fosse davvero solo un ufficio, il cliente busserebbe sicuramente meno. Ma, anche questo, non è necessariamente solo un limite». Carnassale da qualche tempo è responsabile regionale di Ansmm Veneto (associazione nazionale social media manager) e vicepresidente nazionale (il presidente è Riccardo Pirrone, noto smm di Taffo), non propriamente una associazione di categoria ma una realtà riconosciuta dal Ministero delle Imprese: «Puntiamo ad ottenere un codice Ateco, delle assicurazioni su misura, un censimento di chi fa la nostra professione. Grazie a un accordo sindacale siamo già entrati in due contratti nazionali del lavoro». Lavoro sì, doveri pure, ma con i legittimi diritti. 

(Nicola Cesaro)

Il dentista che lavora H24

Con un ascesso il dolore è insopportabile, quindi anche il primo maggio non si ferma l’attività dello studio dentistico del Centro San Leonardo, a Padova, una realtà che rappresenta un raro esempio di presidio sanitario privato capace di offrire un servizio h24, festivi inclusi.

L’obiettivo è chiaro, ovvero «coprire un bisogno reale e urgente che il pubblico non riesce a soddisfare», come spiega il direttore sanitario, il dottor Emilio Mingardi.

A differenza di molte strutture sanitarie, il Centro garantisce reperibilità anche nelle ore notturne e durante i festivi grazie a un numero dedicato di pronto soccorso gestito da personale interno. «Non è un call center a rispondere, ma collaboratrici formate che fanno parte del nostro team. Capiscono l’esigenza del paziente e, se accetta di essere visitato e il preventivo, nel giro di 15-20 minuti apriamo la clinica e lo accogliamo», racconta Mingardi.

Il servizio non si limita alla provincia di Padova: arrivano pazienti anche da Venezia, Vicenza, Belluno, spesso impossibilitati a trovare assistenza nei giorni di chiusura del sistema pubblico.

«Chi chiama durante un festivo o la notte lo fa perché ha dolore vero, acuto, e non può aspettare. Lo capiamo, perché siamo medici prima di tutto», afferma il dottore. «Io sono un medico stacanovista - aggiunge - lavoro anche il primo maggio. È una questione etica, sento che sto facendo il mio dovere».

Durante i giorni rossi sul calendario, come il primo maggio, la struttura resta chiusa amministrativamente, ma resta attiva su chiamata.

«Se un paziente ci contatta e accetta, il medico reperibile interviene - spiega -. Abbiamo fasce orarie organizzate in base alla disponibilità dei professionisti e ai costi, che vengono spiegati subito. È un servizio trasparente», precisa il dottore. A rendere sostenibile il pronto soccorso odontoiatrico privato h24 è un piccolo gruppo di professionisti uniti da un forte spirito di servizio. «Se venissero meno queste quattro persone, purtroppo il pronto soccorso non esisterebbe più. Scriverlo sulla porta è facile, ma essere svegli di notte, rispondere e intervenire, è un’altra cosa».

Per Mingardi, il problema è strutturale: «Il sistema sanitario pubblico non prevede un vero servizio odontoiatrico d’urgenza, se non sporadicamente. Eppure ci sono dolori, come una pulpite o un ascesso, che non ti lasciano vivere nemmeno per qualche ora. È incomprensibile che questo non venga riconosciuto come urgenza sanitaria».

(Silvia Bergamin)

La content creator sempre connessa

Nell’ambito delle nuove professioni, legate soprattutto al digitale, sono tante le persone che il primo maggio saranno davanti a un pc, a uno smartphone, a una telecamera o a un microfono, e che daranno vita a contenuti di vario tipo.

A Trieste Alessia Cossetto, giovane content creator dell’agenzia di comunicazione Freshmedia, sarà in uno dei locali per i quali cura la visibilità sui social.

Una laurea in tasca in Cinema e una passione per foto e video, la giovane racconta che ama molto il suo lavoro, e che non le pesa essere impegnata anche nei giorni festivi.

«Ho quasi 26 anni, mi sono laureata alla fine del Covid e sono molto felice di ciò che sto realizzando – sottolinea subito – sono la content creator dell’agenzia, preparo quindi contenuti video e foto per i social e seguo anche le pagine di alcuni nostri clienti.

Il primo maggio lavorerò, era un impegno già stabilito dal piano editoriale che abbiamo concordato ogni mese insieme ad una attività di Trieste. Sarò in particolare – spiega – in un ristorante della zona di Cavana, nel centro cittadino, dove dovrò creare dei contenuti per i nuovi prodotti che sono appena arrivati in questi giorni e anche altre immagini del locale, considerando che sarà aperto».

In una città con tanti turisti in questi giorni, Alessia dovrà approfittare anche per catturare qualche immagine del ristorante pieno di gente, e pur essendo una giornata di festa «sono molto contenta di lavorare – ribadisce – perché adoro quello che faccio: è sempre stata una mia grande passione realizzare foto e video, e soprattutto montare e seguire l’aspetto backstage e quello della postproduzione».

E la passione è la stella polare di Alessia: «Questo mestiere è davvero il mio sogno e averlo raggiunto è per me la cosa più bella. Ci metto molto impegno. Non mi lamento mai se si tratta di una giornata di festa, può capitare magari che sia stancante quando devi girare tanto, in poche ore, per diversi clienti e con diversi stili, a seconda delle richieste.

È difficile mantenere sempre alto il livello di sulla creatività, ma fortunatamente – aggiunge – riesco sempre a trovare la chiave giusta e variare. E mi diverto a ideare tutto, a pensare e a seguire i trend del momento, un aspetto che in questo ambito è fondamentale».

Per la professionista del digitale la più grande soddisfazione «sta nel ricevere una conferma da parte del clienti, quando mi viene detto ad esempio che il contenuto è piaciuto o ha attratto clientela nuova.

E naturalmente anche vedere il lavoro condiviso e magari apprezzato pubblicamente dalla gente, che poi magari segue anche il consiglio che hai dato attraverso le immagini.

Vedere che la foto o il video funzionano e raggiungono lo scopo che ti sei prefissata – conclude Alessia – è molto appagante e gratificante».

(Micol Brusaferro)

Il rider: «Festivi per contratto»

Il primo maggio c’è chi si ferma per ribadire i diritti dei lavoratori e chi continua a pedalare, secondo il ritmo scandito dalla postmoderna schiavitù dell’algoritmo. Lo fa per portare una pizza calda, un poke box, una birra a domicilio. Ha 31 anni, da quasi quattro è un rider a Padova. Oggi, come quasi tutti gli altri giorni, lavora. Non per scelta ideologica, ma perché il “sistema” lo richiede. L’anonimato per questa intervista è una richiesta sua, per motivi facilmente comprensibili.

È a servizio di una nota piattaforma di food delivery. Il contratto prevede la disponibilità nei giorni festivi. «Noi dobbiamo coprire almeno cinque festivi all’anno, ma spesso se ne fanno anche di più», racconta. «Il servizio è attivo 365 giorni l’anno, e qualcuno deve portarlo avanti. Anche oggi».

Il primo maggio, per i rider, è solo un altro giorno con un 50 per cento in più in busta paga. «Un piccolo extra, ma non abbastanza per cambiare davvero qualcosa. Con quello non si diventa certo ricchi. Io faccio poche ore, ma chi ne fa tante torna a casa a pezzi. E spesso guadagna comunque poco».

Il lavoro in strada è faticoso, ma anche pericoloso. «Guidare un motorino o una bici tra il traffico, sotto la pioggia, con il tempo contato, non è sicuro. Qualche collega ha avuto incidenti, altri sono stati rapinati. A me è andata bene finora, ma non puoi abbassare la guardia». Il rischio, però, non è solo quello della strada. È quello di essere lasciati soli. Invisibili, intercambiabili. «Non ci sono tutele reali. Se salti un turno, vieni penalizzato. Se ti ammali, perdi le corse. Se piove o nevica, devi comunque uscire. Il sistema non aspetta nessuno».

L’algoritmo osserva tutto e decide: chi merita più ordini, chi viene “raffreddato”, chi viene escluso. Se qualcosa non funziona, non c’è un referente umano: si scrive a una chat. C’è un capo invisibile e insindacabile. E per ogni errore, c’è una penalità. Una catena di montaggio digitale, in cui la fatica resta silenziosa.

«Alcuni diritti sono rispettati, altri no. Le ferie, ad esempio, non sempre riesci a prenderle quando servono. E i turni spezzati – uno a pranzo, uno a cena – ti rovinano la giornata. Non stacchi mai davvero. È come stare sempre in attesa, anche quando non sei con la borsa sulle spalle».

Alla domanda se si sente sfruttato, risponde dopo una pausa. «Non sfruttato come una volta si usava dire. Ma il profitto della piattaforma viene prima di tutto. Se una cosa va a scapito del rider, pazienza. Siamo schiacciati dentro una logica che non guarda alla persona, ma alla prestazione. Non importa se hai bisogno di riposarti, se hai un problema, se hai paura. Importa solo che tu consegni in tempo».

Se potesse fare un appello, proprio oggi, chiederebbe una cosa sola: rispetto. «Vorrei più attenzione al riposo. E che si riconoscesse che anche noi abbiamo diritto a staccare, a fermarci. Almeno ogni tanto». 

(Silvia Bergamin)

Sound designer senza orari, ma con passione

«Al Primo Maggio sono operativa, devo preparare la nuova puntata della serie “6. 30” , una sorta di rassegna stampa. Faccio un lavoro creativo e flessibile, ne conosco e comprendo le esigenze». Aurora Ricci, ventinovenne milanese, è sound designer e fonica. Dipendente da tre anni di Chora Media (la sezione Chora News è diretta da Mario Calabresi; è la stessa podcast company della giornalista Cecilia Sala), si occupa della registrazione, montaggio, accompagnamento musicale dei podcast. La nuova frontiera dell’informazione, sempre più gettonata fra i giovani. Un lavoro che le impone di operare anche nelle festività, come succede, più in generale, ai giornalisti.

«Sai che non ci sono orari o festività, ma fai quello che ti piace. Sei a disposizione degli altri, hai deciso di intraprendere una strada e sai che quella strada può includere il Primo Maggio. Come nel mio caso», sottolinea Aurora.

Il suo approdo nell’emergente mondo dei podcast nasce per caso. Si era diplomata in un istituto professionale milanese, ambito moda. Poi ha traslocato a Londra per sei anni, lavorando nel settore dell’abbigliamento: «Mi occupavo dell’allestimento delle vetrine dei negozi».

Ma Aurora è un “cervello di ritorno” : nella capitale britannica si avvicina al campo dell’audio, frequentando alcuni corsi. Poi decide di tornare in Italia e si iscrive all’Accademia Nam di Milano: specializzazione da tecnico del suono e nella produzione musicale. Quindi l’incontro con Chora Media e l’inizio di un viaggio appassionante: «Un lavoro sartoriale. Devi combinare le parole con la musica, curando i dettagli: pulizia della voce, ripetizioni da evitare», racconta Aurora, «ho preparato, da tre anni a questa parte, podcast in tutti gli ambiti. Dalla politica ai fatti del giorno. Con particolare attenzione per le nostre serie: “6. 30” , sulla rassegna stampa del giorno; “Accanto alla tigre”, sulla camorra».

Una professione nuova, che ormai affronta con una certa dimestichezza: «Un lavoro moderno, giovane. Il mondo dei podcast è diventato sempre più importante, conosciutissimo grazie alle piattaforme. I podcast ottengono successo non solo fra i giovani, abbiamo una larga fetta di ascoltatori sui 50-60 anni. Un fenomeno trasversale. Pensate che a Chora Media abbiamo creato laboratori per bambini delle medie. Gli orizzonti sono estremamente ampi». E se capita di dover lavorare il Primo Maggio, sai che fai anche un servizio per gli altri: «Essendo quasi un giornale, devi esserci se succede qualcosa nel mondo. Un mio collega è stato catapultato al lavoro, pur trattandosi di Pasquetta: era appena morto Papa Francesco. Si conoscono le esigenze del quotidiano, i vari risvolti di un lavoro creativo». Risvolti che non pesano: «Lavorerò il Primo Maggio, ma fra colleghi, nelle festività, ci si alterna. C’è uno spirito bello». 

(Mattia Toffoletto)

Riproduzione riservata © il Nord Est