Generazione perduta: i giovani in fuga dal Nord Est, raddoppiati in 13 anni. Solo un terzo rientra
Nel 2024 gli espatri tra i 25 e i 34 anni hanno toccato un nuovo record. Padova, Trento e Trieste in cima alla classifica stilata dalla Fondazione Nord Est

La chiamano generazione perduta. Sono i giovani che crescono nelle nostre terre, qui si formano. Studiano, imparano, magari accrescono i propri interessi con hobby e aiutando la comunità. Ma poi, proprio quella comunità, sono costretti ad abbandonarla. Il perché è presto detto: manca il lavoro, nella maggioranza dei casi. Ma manca anche visione e cresciuta culturale. Uno dei crucci della politica che da anni si interroga come fare ma che da anni continua a fallire.
Il report
Il fenomeno dell’emigrazione giovanile non accenna a fermarsi. Secondo i dati più recenti forniti nel Flash Report della Fondazione Nord Est, nel 2024 il numero di giovani italiani (fascia 25-34 anni) che si sono cancellati dall’anagrafe per trasferimento all’estero ha raggiunto quota 11.491, contro i 2.864 del 2011. In tredici anni, il dato è quadruplicato, segnando un trend di crescita costante, culminato proprio nell’ultimo anno.
Dietro a questo incremento si cela però anche un fattore normativo: l’entrata in vigore, nel 2024, di una legge più severa sull’aggiornamento della residenza, ha spinto molti giovani già da tempo all’estero a regolarizzare la propria posizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). Questo ha contribuito a ridurre la discrepanza tra i flussi ufficiali e quelli reali: molti espatriati, infatti, non comunicano la loro uscita per motivi pratici o burocratici, come il mantenimento dell’assistenza sanitaria italiana.
Secondo la Fondazione Nord Est e l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, il numero reale degli espatri potrebbe essere almeno il doppio di quello ufficiale, a causa di queste mancate registrazioni.
Saldo migratorio negativo, rientri ancora marginali
Nonostante un aumento dei rientri, passati da circa 900 a oltre 2.000 all’anno, il saldo migratorio resta costantemente negativo. Il picco massimo si registra nel 2024, con un saldo di -9.209 giovani. In altre parole, ogni anno partono molti più giovani di quanti facciano ritorno.
Laureati in fuga: Padova, Trento e Trieste in testa
La fuga dei cervelli è confermata anche dai dati sull’emigrazione qualificata. Nel 2023, tra i giovani emigrati di età compresa tra i 25 e i 34 anni, una quota molto elevata è in possesso di una laurea. Le province con le percentuali più alte sono: Padova con il 65,7%, seguita da Trento (63,1%). Ultimo gradino di questo triste podio va a Trieste con il 61,6% di giovani che vanno via, appena 0.2% più in basso c’è Venezia (61,4%).
Valori inferiori alla media si registrano invece a Pordenone (54,3%) e Vicenza (57,5%), mentre Bolzano si distingue per la percentuale più bassa di laureati emigrati, pari al 35,0%.
Il quadro che emerge è quello di un’emorragia costante e strutturale di giovani e capitale umano, che interessa soprattutto le province con un più alto tasso di scolarizzazione. Un fenomeno che impone riflessioni urgenti su politiche di attrattività, opportunità professionali e qualità della vita nei territori d’origine.
Quanti giovani arrivano e da dove?
Il quadro che emerge è quello di un Nord Est sempre più internazionalizzato e giovane, in cui la componente straniera gioca un ruolo chiave nei movimenti demografici e nella struttura della popolazione attiva.
Tra il 2011 e il 2024, 247.183 giovani stranieri di età compresa tra i 18 e i 34 anni si sono iscritti all’anagrafe dei comuni del Nord Est. Nello stesso periodo, sono 36.240 quelli che hanno fatto il percorso inverso, trasferendosi all’estero. Il saldo, dunque, è fortemente positivo, con un incremento demografico giovane e in gran parte di origine extra-italiana.
La maggioranza degli iscritti proviene dall’Europa, in particolare da Romania (41.589), Albania (14.827) e Kosovo (7.256). Seguono le aree Asia-Pacifico, dove spiccano le comunità provenienti da Pakistan (16.048), Bangladesh (15.998) e India (11.147).
Importante anche il contributo del continente africano, rappresentato in particolare da cittadini di Marocco (15.083) e Nigeria (9.892). Più contenuta, ma comunque significativa, è la presenza di giovani provenienti dalle Americhe, che costituiscono circa l’8% del totale degli iscritti. Tra questi, la metà è brasiliana, con 10.862 registrazioni, mentre la presenza di cittadini da Stati Uniti e Canada risulta marginale.
Da segnalare anche la quota di iscritti provenienti da Paesi OCSE, pari a 19.166 unità, ovvero il 7,8% del totale.
I dati per il Veneto
I numeri parlano chiaro: i giovani si formano in Italia ma guardano altrove per costruirsi un futuro. E i dati delle province del Veneto restituiscono tutti la stessa, cristallina, fotografia: un fenomeno strutturale e sempre più allarmante
Padova guida la classifica: nel 2011 solo il 19,5% dei giovani emigrati era laureato, oggi si arriva al 65,7%. Ma non è un caso isolato. Venezia, partita dal 17,8%, ha raggiunto nel 2023 il 61,4%, mentre Vicenza è passata dal 20% al 57,5%. Anche Treviso racconta una storia simile: nel 2011 era al 22,3%, oggi ha toccato il 59,4%. Rovigo, pur con numeri più instabili, ha chiuso il 2023 con il 61,2%, e Belluno, da sempre più defilata, segna un solido 58,8%. Un’impennata che racconta non solo la crescita del livello di istruzione, ma anche il fallimento nel trattenere i giovani più qualificati. Il 2020 segna una svolta: con l’arrivo della pandemia e la crescente incertezza, le percentuali esplodono in tutte le province, superando per la prima volta il 50%.
I dati per il Fvg
Anche il Friuli Venezia Giulia assiste alla lenta ma inesorabile fuga dei suoi giovani laureati. Trieste, che nel 2011 registrava appena il 5,3% di espatriati nella fascia 25-34 anni con un titolo universitario, ha superato il 61% nel 2023, diventando uno dei simboli più evidenti di questa emorragia. Udine segue da vicino: dal 16,7% del 2011 è balzata al 60,1% in appena dodici anni. A Pordenone la crescita è stata più graduale ma comunque netta, con un salto dal 11,8% al 54,3%. Gorizia, che nel 2012 aveva toccato un picco precoce del 37,7%, è rimasta per qualche anno su valori più contenuti, ma ha chiuso il 2023 con un preoccupante 58,4%.
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