Controllati, salvati: la lotta al cancro al seno e le iniziative di prevenzione nel mese di ottobre
Nel mondo, il tumore alla mammella è la neoplasia più diagnosticata tra le donne, con oltre 1,6 milioni di casi ogni anno. Anche in Italia aumentano gli screening ma restano le differenze regionali

Maria, Anna, Greta, Serena, Franca, Yasmine, Sienna, Roberta. Otto nomi, otto nomi di donna. Una di loro combatte, ha combattuto o si troverà ad affrontare cure per un tumore al seno. E a quel punto da persona. con nome certo, si diventa un paziente generico, un numero, una percentuale.
Secondo le statistiche 1 donna su 8 svilupperà un cancro della mammella nell’arco della propria vita. Tale neoplasia è più comune nelle donne di età superiore ai 50 anni, ma può colpire anche le più giovani: il 20% dei casi si registra nelle donne sotto i 50 anni. Ma con prevenzione e screening si può guarire: numeri e percentuali saranno il vessillo di storie di rinascita e di vittoria. Per questo motivo nel mese di ottobre, in Italia, si celebra il mese della prevenzione.
Mese della prevenzione
Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. I dati dell'Osservatorio nazionale screening sul 2024 mostrano come su 18 milioni di italiani invitati a partecipare ai controlli abbiano aderito 7.3 milioni, il 41%. Un miglioramento lieve rispetto all'anno precedente, ma ancora non soddisfacente. Per la mammografia l'adesione è stata del 53,8%, ma persistono inaccettabili differenze regionali e soprattutto tra Nord e Sud. «In molte regioni italiane l'accesso gratuito agli screening per la mammografia è oggi previsto per le donne fra i 50 e i 74 ma alcune regioni hanno esteso questa fascia a partire dalle donne di 45. Il nostro obiettivo, con il nuovo Piano nazionale per la prevenzione 2026-2032, è estendere questa fascia in tutta Italia», ha affermato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nel corso della presentazione della "Campagna di prevenzione ottobre rosa 2025" alla Camera dei Deputati.
Un impegno confermato anche da Maria Rosaria Campitiello, Capo del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, che ha aggiunto: «Verranno previsti programmi predefiniti per tutte le Regioni, che finora sono andate in ordine sparsi. In questo modo possiamo garantire l'accesso allo screening in modo omogeneo sul territorio nazionale».
L’importanza dello screening
Nel mondo, il tumore del seno è la neoplasia più diagnosticata tra le donne, con oltre 1,6 milioni di casi ogni anno. In Europa 464.000 nuovi casi ogni anno. Nel nostro paese si registrano annualmente oltre 56.000 nuovi casi. La mortalità nei paesi occidentali è progressivamente diminuita negli ultimi 25 anni e i tassi di cura sono oggi piuttosto elevati (oltre il 90% di guarigioni quando la malattia viene scoperta in fase iniziale). Ma il tumore del seno resta comunque la principale causa di morte per cancro della popolazione femminile mondiale e si stima che entro il 2025, nel mondo, quasi 6 milioni di donne moriranno per questa malattia.

Non partecipare al primo invito dello screening per il cancro al seno può avere conseguenze serie. Le donne che rinunciano a sottoporsi alla mammografia hanno infatti un rischio fino a quattro volte più alto di ricevere una diagnosi di tumore in fase avanzata nei successivi 25 anni: a dirlo sono i dati di uno studio coordinato dal Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato su Bmj opens. "Il primo screening mammografico è un momento cruciale per la prevenzione degli esiti avversi del cancro al seno - scrivono i ricercatori -. L'identificazione precoce crea una finestra temporale sostanziale per intervenire e può alterare le conseguenze del cancro al seno". Lo studio ha cercato di quantificare l'impatto della rinuncia allo screening analizzando i dati delle oltre 430 mila donne che hanno ricevuto l'invito al programma svedese di screening mammografico tra il 1991 e il 2020.
L’Italia ha istituito programmi di screening per la popolazione per i tumori al seno, al colon-retto e del collo dell’utero ampliando negli ultimi anni anche le fasce d’età per i controlli. Secondo il report Oecd, la fotografia che ci viene restituita è anche quella di un’Italia divisa in due. I ritardi nello screening del cancro al seno sono stati significativamente ridotti, ma permane un profondo divario nord-sud nei tassi di partecipazione.
Tra i tre programmi di screening oncologico gratuiti basati sulla popolazione in Italia, lo screening del cancro al seno ha storicamente avuto la partecipazione più alta, raggiungendo costantemente tassi intorno al 60% nel decennio precedente la pandemia. Come per la maggior parte degli altri paesi dell’Ue, l’Italia ha interrotto tutte le attività di screening oncologico all’inizio della pandemia. La loro ripresa è avvenuta solo gradualmente, risultando in un ritardo complessivo di circa 4,5 mesi nel 2020. Il numero di donne sottoposte a mammografia è sceso da oltre il 60% nel 2019 al 51% nel 2020 (dati riportati nell’Osservatorio Nazionale Screening, 2023).
Nel 2021, l’attività di screening ha registrato una forte ripresa, con il numero di inviti tornato ai livelli pre-pandemia e il numero di mammografie eseguite leggermente superiore ai livelli del 2020, spingendo il tasso di screening al 56% nel 2021
In un contesto di ritorno ai livelli di attività pre-pandemia nel 2021, il numero di casi di cancro al seno diagnosticati attraverso screening e visite di follow-up è aumentato del 19% rispetto al 2019, indicando un parziale smaltimento del ritardo diagnostico del 2020. I dati preliminari del 2022 mostrano un leggero calo nei volumi di screening del cancro al seno rispetto al 2021 - al 54% , con la maggior parte delle riduzioni nelle regioni settentrionali. Questa circostanza riflette sia le sfide nel mantenere l’intensità della ripresa in diverse regioni, sia un cambiamento generale nel 2025. Parallelamente alla mammografia basata sulla popolazione, la valutazione del rischio genetico sta emergendo come strategia di prevenzione complementare per gli individui ad alto rischio con una storia familiare di cancro

Lo screening mammografico pre-pandemia raggiungeva stabilmente il ~60% di adesione; la pandemia lo ha fatto scendere al 51% nel 2020, con una ripresa al 56% nel 2021 e lieve flessione preliminare al 54% nel 2022. Per il papilloma (cervice) il tasso di copertura era 39% nel 2019, sceso al 34% nel 2020; nel 2021 molti indicatori sono però tornati vicino ai livelli pre-pandemia (inviti e test) grazie alla ripresa organizzativa.
Da tutta Italia per farsi curare qui
Anche i tempi di attesa incidono sull’accessibilità della chirurgia oncologica. Nel 2022 circa due terzi dei pazienti oncologici italiani sono stati sottoposti a un intervento chirurgico entro 30 giorni dalla prenotazione. C’è anche il Veneto tra le regioni ad alta capacità di attirare pazienti provenienti da altri luoghi e il Cro di Aviano resta un centro di eccellenza per ricerca in campo oncologico. In Italia, l’erogazione delle cure oncologiche è organizzata in Reti Oncologiche Regionali (ROR), unità organizzative che mirano a migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi di assistenza oncologica attraverso l’implementazione di linee guida standardizzate e il coordinamento continuo tra ospedali, cliniche, istituti di ricerca ed équipe multidisciplinari di operatori sanitari. Nel 2022, più di due terzi dei pazienti sottoposti a chirurgia oncologica hanno ricevuto il trattamento nella ROR della loro regione di residenza, mentre i restanti pazienti si sono spostati al di fuori della propria area locale.
Mentre quasi il 90% dei pazienti oncologici è stato trattato all’interno della propria ROR locale nelle regioni settentrionali e centrali di Toscana, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, meno del 50% è stato trattato all’interno della propria ROR locale nelle regioni meridionali di Abruzzo, Calabria e Molise.
La sopravvivenza dopo un tumore in Italia
Per molti tipi di tumore la sopravvivenza è aumentata negli anni. Inoltre, cresce a livello individuale man mano che ci si allontana dal momento della diagnosi. In questo decennio, come riportato ne “I numeri del cancro 2023”, circa il 5% delle persone in Europa è viva dopo una diagnosi di tumore, e in gran parte ha ricevuto una diagnosi da oltre 5 anni. In Italia, oggi il 24% circa delle persone che hanno avuto un tumore ha ricevuto la diagnosi più di 15 anni fa.
Secondo le ultime stime, basate su dati aggiornati al 2018, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tumori è del 59,4% circa negli uomini e al 65% nelle donne. Sono quindi aumentate rispetto alla rilevazione precedente, basata su dati aggiornati al 2015 (la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi era stata stimata essere del 54% per gli uomini e del 63% per le donne). È particolarmente estesa la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi in persone che hanno avuto alcuni tipi di tumore molto comuni nella popolazione, come quelli del seno (88%), del testicolo e della prostata (oltre il 90%). Il cancro resta purtroppo ancora la seconda causa di morte (il 25% di tutti i decessi) dopo le malattie cardiovascolari. Tuttavia, chi sopravvive dopo 5 anni dalla diagnosi ha, dopo alcuni tipi di tumore (testicolo, tiroide, ma anche melanoma, linfomi di Hodgkin e, in misura minore, colon-retto), prospettive di sopravvivenza vicine a quelle della popolazione che non ha mai avuto una neoplasia.
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