Sopravvivere alla perdita di un figlio che sta per nascere: «Così aiuto i genitori a non sentirsi soli»

Claudia Ravaldi è la presidente di CiaoLapo, la fondazione che ogni anno aiuta oltre un migliaio di genitori colpiti da un lutto perinatale a cui è dedicata la Giornata mondiale del 15 ottobre. Dal dolore per la perdita del figlio Lapo a poche ore dal parto alla forza di diventare roccia per altre coppie: «La morte in utero resta un tabù. Ma dopo un percorso faticoso si può tornare a sorridere»

Rubina Bon

Lapo era atteso nella primavera del 2006. A metà marzo, la gravidanza – la seconda per mamma Claudia – era ormai a termine. Nessun problema nei nove mesi, solo tanta gioia nell’accogliere quella vita. Il campanello d’allarme era suonato per l’assenza improvvisa di movimenti fetali. Lei, medico psichiatra e psicoterapeuta, aveva provato ad allontanare da sé ogni dubbio. E invece. «Sono stata ricoverata convinta di andare a partorire, ma già da qualche ora era successo l’irreparabile per una trombosi del cordone», racconta.

«Non c’è più battito, mi hanno detto». Lapo è nato morto il 13 marzo 2006 all’ospedale di Prato. 

Il lutto che schiaccia, le mille domande, l’assenza di risposte, la solitudine in ospedale, quel piccolo ormai pronto alla vita che invece non ce l’aveva fatta. Un fratellino maggiore a casa che attendeva la cicogna, una famiglia pronta a brindare. Il rischio di un buco nero, eppure la vita va avanti. Claudia Ravaldi e il marito Alfredo Vannacci, medico farmacologo, hanno trovato il coraggio di fare perno sul loro dolore per dare vita a CiaoLapo, che oggi è una fondazione impegnata in tutta Italia nel sostegno psicologico e nell’assistenza alle famiglie che affrontano l’esperienza della morte di un bambino durante la gravidanza o dopo la nascita, per qualunque motivo e a qualunque età gestazionale.

Claudia Ravaldi, presidente di CiaoLapo
Claudia Ravaldi, presidente di CiaoLapo

Il 15 ottobre si celebra il Baby Loss Awareness Day, la Giornata mondiale della consapevolezza sulla perdita perinatale e infantile. «C’è molto bisogno di parlarne per una serie di motivi», spiega Ravaldi, presidente della Fondazione CiaoLapo, «Anche a distanza di anni, i genitori che hanno vissuto questa esperienza possono avere ancora qualche pezzettino del loro lutto da rimettere a posto. Avere un giorno dedicato aiuta a riguardarsi indietro e fare il punto. Poi serve sensibilizzare non tanto i genitori, quanto la società in cui queste mamme e questi papà si ritrovano. E va sottolineato come ci sia  ancora tanta disomogeneità negli ospedali nella gestione del lutto perinatale. La solitudine dei genitori in metà Italia è ancora schiacciante, soprattutto al Sud e nelle isole».

Diverse le iniziative a Nord Est per la giornata del 15 ottobre, tra cui molti reparti di Ostetricia illuminati con luci colorate e momenti di ritrovo nelle piazze cittadine con l’accensione di candele in ricordo dei bambini alle 19 in punto così da creare un’onda di luce.

I numeri

Una donna su sei che inizia una gravidanza desiderata purtroppo deve fare i conti con la gestazione che si interrompe. E anche se la maggior parte delle potenziali morti in utero vengono evitate, due bambini su mille perdono la vita dal concepimento al primo anno di vita senza che la medicina abbia una spiegazione. In Italia nascono poco meno di 400 mila bambini all’anno, questo significa che ci sono circa 800 neonati non arrivano ai dodici mesi.

«Purtroppo quando è successo a me e a mio marito, dopo lo choc, da medici quali siamo abbiamo cercato di capire cosa fosse successo, quanti genitori fossero nella nostra stessa situazione, se si potesse fare qualcosa. La perdita di un figlio in utero è un evento difficile da gestire e lascia dietro a sé una serie di questioni aperte sui temi della fiducia, del diritto di sentirsi nuovamente felici e di poter sperare ancora. E’ importante lavorare perché gli esiti del lutto perinatale non siano peggiori dell’evento in sé». Ed è così che nasce CiaoLapo pochi mesi dopo il dolore per la perdita del piccolo che all’associazione – poi diventata fondazione – ha dato il suo nome. 

Un reparto di Ostetricia illuminato di blu in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sulla perdita di un bambino in gravidanza o dopo la nascita
Un reparto di Ostetricia illuminato di blu in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sulla perdita di un bambino in gravidanza o dopo la nascita

Un’ancora di salvezza per oltre un migliaio di coppie all’anno. CiaoLapo si occupa da un lato del sostegno ai genitori attraverso, tra l’altro, gruppi di auto mutuo aiuto, numero verde (800.601660 attivo dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 15), momenti di confronto con professionisti, consulti psicologici, arteterapia, risorse gratuite on line; dall’altro della formazione degli operatori sanitari (ginecologi, ostetriche, infermieri, oss) che si trovano a gestire la coppia dal momento della comunicazione del decesso attraverso i passi successivi, così come della diffusione delle buone pratiche. C’è infine una parte dell’attività della Fondazione dedicata alla ricerca.

«Gli studi ci dicono che, se non si elabora un lutto perinatale, specie se avvenuto a partire dal secondo trimestre di gravidanza, sette donne su dieci si ammalano di depressione. Se, invece, ci sono interventi mirati, anche semplici, il numero si riduce grandemente: parliamo di tre donne su dieci. L’obiettivo di CiaoLapo è fare prevenzione e attuare interventi precoci».

Il tabù del dolore

Parlare a viso aperto di un dolore innaturale come la perdita di un figlio nel momento in cui dovrebbe sbocciare la vita è ancora, nonostante i passi avanti, un tabù. «All’uomo non piace parlare del fatto di essere mortale. Se poi ci aggiungiamo che questa morte sopraggiunge quando dovrebbe esserci la vita, è davvero troppo», spiega Ravaldi, «La morte perinatale diventa un tabù non più perché, a differenza di un tempo, quasi ci si vergogni di quel che è successo, ma perché si deve ammettere come ci sia un pezzettino di progetto che sfugge alle nostre mani. E questo è spaventoso». 

Un dolore che sono chiamati a vivere anche i volontari di CiaoLapo, i facilitatori, i professionisti che fanno parte della rete della Fondazione. «Molto spesso i nostri volontari sono genitori che in passato hanno avuto questa esperienza e che poi hanno seguito il nostro training. Molti rimangono, mentre circa uno su quattro, dopo aver fatto il primo affiancamento, scopre di non poter reggere il peso», racconta la presidente di CiaoLapo, «Il lutto perinatale all'inizio è un vortice, chi facilita i gruppi sta con un piede dentro al vortice e un piede fuori: le storie e il dolore degli altri non possono non dire qualcosa anche ai volontari stessi».

Papà e fratellini

E’ indiscusso che la donna, sia dal punto di vista fisico che psicologico, sia il soggetto su cui maggiormente impatta il lutto perinatale. “Avete già un figlio, di cosa vi preoccupate”. “Aspettate qualche mese e poi riprovateci”. Quante volte queste frasi hanno ferito le coppie che avevano perso la propria creatura.

Non solo le mamme, anche i papà. «Che fino a qualche anno fa non venivano proprio considerati. L’idea di fondo nella società è che gli uomini devono essere forti, pensare a prendersi cura della compagna. Non c’è spazio per loro per fermarsi un attimo. Ora invece è chiaro che il papà, reso così periferico, poi faccia più fatica a gestire questi eventi. L’uomo regge nei primi sei mesi, poi cede. Il fatto di voler reggere a tutti i costi comporta il rimandare l’elaborazione del lutto», precisa Ravaldi, «Per questo è fondamentale non dimenticarsi dell'altra metà della coppia. Possono emergere anche delle fragilità nella relazione a due che erano state accantonate».

E come affrontare la tragedia con i fratellini e le sorelline che aspettavano il nuovo nato e vedono invece tornare a casa mamma e papà senza il bebè? 

«Parlo di quanto succede con i bimbi fino a 5 anni, contando che i fratelli spesso sono ravvicinati. Con i piccoli bisogna armarsi di molta pazienza, per loro la morte è un concetto troppo astratto e devono poter passare al piano concreto. Non ci deve essere fretta di spiegare cosa è successo e serve coerenza tra gli adulti che si relazionano con il bambino nel dire cosa è capitato. Il consiglio è di usare parole semplici e immagini. No alle bugie o alle storielle, piuttosto si dice “non lo so”», consiglia Ravaldi, memore della propria esperienza con il primogenito che all’epoca aveva due anni e mezzo.

La Memory box

Tra le tante proposte di CiaoLapo c’è la Memory box, la scatola della memoria. Uno strumento diffuso da trent’anni sia in Europa che negli States e che dal 2023 in Italia è stato compreso nelle raccomandazioni per l'assistenza alla morte in utero.

Una Memory box
Una Memory box

«Il tempo a disposizione dei genitori con i loro figli morti è pochissimo e non c’è margine per i ricordi. In passato ci sono state tante donne che non hanno potuto vedere il loro bambino perché magari erano ricoverate in Terapia intensiva dopo il parto e nessuno ha pensato di fare una foto al piccolo prima della sepoltura. Queste mamme hanno il rimpianto terribile di aver partorito un bambino morto che per loro non ha un volto. E’ difficile pensare questi bambini, per cui nella Memory Box si cerca sempre, anche in maniera molto simbolica, di aiutare i genitori ad avere dei riferimenti tangibili. Ad esempio prendendo le impronte del piccolo con l'inchiostro o stampando una foto. Quando si hanno prove tangibili dell’esistenza di una persona, si può elaborare il lutto». Ci sono poi due elefantini di pezza: quello grande resta ai genitori, il cucciolo può accompagnare il bimbo nella sepoltura.

La Memory box viene data da CiaoLapo agli ospedali dove almeno sette operatori sanitari su dieci hanno seguito la formazione. E’ preparata dal personale e poi consegnata ai genitori che potranno aprirla se e quando vorranno. «Ne sono state preparate migliaia in dodici anni, credo solo una volta non sia stata ritirata». 

La situazione a Nord Est

«Gli operatori sanitari che CiaoLapo ha incontrato praticamente in tutte le province del Veneto hanno fatto un grandissimo lavoro di rete. Una filiera di sostegno così paradigmatica c’è solo in Veneto ed in Emilia Romagna», chiarisce la presidente di CiaoLapo, «In Friuli Venezia Giulia nella maggioranza degli ospedali c’è attenzione al tema del lutto perinatale. Ma forse per la conformazione del territorio, non è sempre immediato il raccordo tra ospedale e territorio che è per noi un punto fondamentale nell’aiuto ai genitori dopo la dimissione dall’ospedale».

Laddove c’è una rete, CiaoLapo lavora assieme ad ospedali e consultori «senza mai sostituirci a loro».

E come si sopravvive?

«L’elaborazione del lutto va presa sul serio. Non è semplicemente necessario aspettare che passi del tempo. Bisogna sedersi affianco a questa esperienza per tornare a vivere, non solo a sopravvivere. Si può sempre iniziare ad elaborare il lutto, anche dopo molto tempo dall’evento. Ma per fare un lavoro su sè stessi nella quotidianità servono almeno due o tre anni. Non è vero che bastano un po’ di mesi o che una nuova gravidanza cancella ogni cosa», conclude Ravaldi, «Più il genitore riesce a stare nella propria storia con rispetto, dignità e con uno spazio per aggiungere nuovi capitoli, più la vita sarà piena. Rabbia ed ansia sono fisiologiche nei primi anni. Poi, come dicono spesso i papà, arriva un momento in cui si torna a sorridere. E anche a ridere».

Riproduzione riservata © il Nord Est