Cento donne, cento gomitoli: la maratona di maglia che diventa abbraccio per i più fragili

In un laboratorio di Udine, in via Battistig, nonne, studentesse e professioniste danno vita al “Magliathon”: una giornata di lavoro condiviso per trasformare gomitoli recuperati in coperte destinate ai bisognosi

Rosalba Tello

Erano cento, tutte donne, di ogni età. Si sono date il cambio per una giornata intera, come in una vera maratona, completando il lavoro iniziato dall’altra unite da un obiettivo comune: portare a termine il progetto per il quale si erano ritrovate lì, di domenica, spinte da un ammirevole spirito di sorellanza e solidarietà: realizzare variopinte mattonelle di lana da trasformare in coperte per i bisognosi.

Nel locale di via Battistig dove ha sede The Conscious Lab, il laboratorio in coworking aperto da Eva De Marco, organizzatrice di “Magliathon”, la prima maratona benefica di lavoro a maglia condiviso andata in scena lo scorso ottobre, i ferri girano veloci, tra i preziosi consigli dispensati dalle “maestre” della “Compagnia del gomitolo” (nata nel 2023 da un’idea di Alessia Clocchiatti) alle neofite, un po’ impacciate ma desiderose di apprendere un’attività una volta comune nelle case di mamme o nonne. Caduto in disgrazia tra le nate negli anni ’70 - ’80, oggi il lavoro ai ferri è tornato in voga, complici prima la forzata clausura imposta dal covid, poi la recente moda crochet (lavorazione che richiama quella all’uncinetto) lanciata da influencer come Ferragni.

E tra chiacchiere intergenerazionali - la nonna 90enne dalle mani d’oro e la professionista in carriera che scappa dalla frenesia cimentandosi, paziente, con dritto e rovescio; la creativa studentessa universitaria e l’adolescente curiosa di avvicinarsi a un’arte antica, la pensionata esperta e l’impiegata volenterosa -, ecco crearsi pian piano un piccolo capolavoro: 100 quadrati, che aggiungenti ai 300 realizzati dal gruppo della Compagnia del gomitolo, hanno dato vita a una dozzina di caldissime coperte vintage, assemblate dalla Sartoria sociale Fìl di Udine e dalle operose mani delle anziane della Zaffìro di Martignacco. Su ognuna, De Marco ha cucito i nomi di chi le ha create, legate da un poetico fil rouge dettato da alcuni significativi versi di Chandra Candiani.

Soddisfatta De Marco, che ha lasciato entrare nel suo laboratorio le ospiti anche senza prenotazione, accogliendole con sorrisi e un piacevole sottofondo musicale. «Dopo la maratona, in tante mi hanno chiesto quando si ripeterà e sto già pensando a un’altra edizione, il prossimo anno più lunga e con qualche sfida di mezzo magari, contaminando altre sedi in contemporanee».

Tutti i gomitoli, precisa Eva, sono di recupero, invenduti e recuperati da negozi (ne hanno donati parecchi Elisa Cesselli di via Savorgnana e Arte viva di via Muratti), o dimenticati nei cassetti e portati da privati. Tanti gli aneddoti che hanno reso memorabile la giornata, come quella del papà che, accompagnando la moglie e la figlia 16enne studentessa di Moda al Ceconi e che sposa la filosofia dell’up-cycling, si è commosso raccontando di sua mamma: «Disfaceva maglioni per recuperare la lana e realizzare coperte da donare in beneficenza».

Per chi svolge un lavoro intellettuale, lavorare a maglia può essere catartico. Alla maratona non a caso vi erano parecchie docenti, come Elena Rossi, che considera l’uncinetto la sua bacchetta magica, «i pensieri si liberano come una mindfulness». Non si reputa una creativa, ma un’esecutrice. «Seguo corsi dell’università della libera età, perché è bello condividere momenti di serenità e relax, parlando liberamente di viaggi, film, libri, e intanto il lavoro procede». Elena predilige gli accessori all’uncinetto e punta ai gioielli.

Per la professoressa Alessia Meacci si tratta di un ritorno di fiamma. «Sferruzzavo da ragazzina, ma la postura era sbagliata e mi stancavo molto – dice –. Ho ripreso e mollato più volte; a spingermi, la sensazione bella di stare intorno a un tavolo con altre persone più grandi di me che si raccontano, e questo mi ha fatto molto bene a livello psicologico, mi piaceva tanto». La svolta decisiva 10 anni fa, quando incappa nella designer italo svedese Emma Fassio, che coi suoi semplici tutorial diverrà un punto di riferimento in Italia. «Mi ha fatto conoscere i ferri circolari e non ho avuto più problemi alla spalla e al collo. Io che lavoro tantissimo di testa – spiega –, sferruzzando vedo concludere qualcosa di concreto, fatto da me, e questo dà una bella botta di autostima».

Chi volesse avvicinarsi a questa rilassante attività, l’appuntamento è ogni mercoledì dalle 18 alle 20 “Al vecchio tram”, in piazza Garibaldi. 

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