Dalla politica al pallone: la storia di Fabiola che guida una squadra di calcio (maschile) in montagna
Ex vicesindaca di Tolmezzo, in provincia di Udine, è la presidente del Cercivento dal 2022: “Mi è stato chiesto come una donna affronta tutto questo. Ho risposto: esattamente come farebbe un uomo”

Cercivento, 600 anime e un campo di calcio senza bar. Ma è lì, tra le montagne dove d’estate si gioca quando gli altri riposano, che Fabiola De Martino ha scelto di mettersi in gioco. L’abbiamo incontrata qualche settimana fa.
Quando ci saluta è al telefono. Chiude la telefonata e sorride. “Scusi era il mister…è la terza sconfitta di fila e al prossimo allenamento toccherà fare il punto”. Alla sesta giornata del campionato Carnico, il Cercivento viaggia a metà classifica in seconda categoria.
De Martino, 41 anni, guida la società dal 2022, tra le pochissime presidenti nel calcio di montagna. Il ruolo prettamente di rappresentanza non le appartiene, lei abituata a vestire anche i panni di guardalinee, dirigente e assistente in panchina.

Sport è condivisione, è gruppo, è confronto, prima di tutto. “Certo, mica è sempre facile” dice. Non lo nasconde, c’è ancora un substrato culturale difficile da scardinare. “Mi è stato chiesto come una presidente donna affronta questo momento di criticità della squadra, ho risposto: esattamente come lo farebbe un presidente uomo. Sì, c’è ancora tanto lavoro da fare…”.
Milanese d’origine, tolmezzina per scelta, amministratrice comunale da dieci anni, innamorata di una terra che l’ha accolta da ragazza e che ora chiama casa. Ed è qui, sui campi incastonati tra le cime friulane, dove si gioca d’estate quando gli altri riposano, che ha accettato una sfida chiamata calcio.
È sempre stata appassionata di calcio?
No, per nulla (sorride). Lo sport mi piace, anche se sono una pigra da divano. È stata una pura casualità. Cercivento era una realtà in cui gravitano molti miei amici, una domenica d’estate sono andata a vedere una partita e da lì è cominciato tutto.
Che società ha trovato?
La società nel 2022 si trovava in una situazione di difficoltà, anche economica. Ero stata vicesindaco di Tolmezzo fino a poco tempo prima ed ero reduce dalle elezioni come candidata sindaco che non erano andate bene. Allora mi sono detta “Proviamo!”. Sono una persona curiosa che si butta nella vita e così ho fatto.
Che cosa l’ha spinta a provarci?
Il desiderio di far vivere un territorio che ha le sue fragilità. E l’importanza di avere dei momenti aggregativi. A Cercivento, 600 abitanti, non c’è un bar ma c’è il campo di calcio con un chiosco che diventa luogo di ritrovo.
Come si è trovata alla guida della società?
Il primo anno andavo in panchina, mi occupavo dei cambi, ho vestito i panni del massaggiatore e del guardalinee perché c’era difficoltà nel reperire dirigenti. Per me era naturale farlo.
Ha incontrato difficoltà?
Non mi sono imbattuta nello stereotipo chiaro, ma sicuramente in quello subdolo. Resta un substrato culturale di cui a volte nemmeno ci si accorge e che emerge quando senti frasi o domande del tipo “Lei si è fatta aiutare dal suo vice”, quando il mio vice non c’è oppure “Ma scusi tutta questa competenza da dove le arriva?”.

E questo substrato culturale come si “combatte”?
Non ho una ricetta, se non quella di impegnarmi per favorire il cambiamento culturale che richiede tempo. E per farlo è necessario partire da una buona analisi dei fatti e della realtà circostante senza falsi buonismi, né il politicamente corretto, ognuno cercando di essere il più imparziale possibile anche nel dirci le cose. Se io donna decido di stare in una situazione, voglio starci in tutto per tutto. Non deve esserci alcun trattamento di favore perché questo va contro a quello che è uscire dallo stereotipo in quanto stai sottolineando che sono altro rispetto a te.
Per esempio iniziando a usare il termine presidentessa?
Non ho mai percepito l’essere chiamata presidente invece che presidentessa uno svilire il mio essere femminile. Sono una persona che tende a badare molto di più alla sostanza che alla forma, anche se, certo, la forma è sostanza. Ecco dovrebbero andare di pari passo. Una donna che lavora e ha deciso di impegnarsi in ambienti maschili deve preservare la sua parte femminile e arricchirli contaminandoli.
In generale, come è stata accolta in un ambiente così maschile?
La quasi totalità delle persone con cui mi sono confrontata hanno dimostrato un grande rispetto della figura femminile e del suo ruolo. Non ho mai avuto un problema. Poi, come dicevo, si sentono ancora frasi che stridono. Certo, c’è un modo diverso di risolvere le cose. Una volta mi sono arrabbiata con un allenatore, gli dissi: “Sa qual è la differenza tra te e me? Io non la risolvo al chiosco, mi devi chiedere scusa”. Sono molto rispettosa e non sopporto la mancanza di rispetto. Questo è faticoso, lo so bene.
Come le vive le partite?
Le sento tantissimo, forse troppo vista l’ansia che provo. Metto il cronometro, i minuti sembrano ore e anche se non sono lì fisicamente ogni trenta secondi controllo il risultato sul telefonino. Quando abbiamo vinto la Coppa Carnia di seconda categoria nel 2023 è stata una emozione unica.
Che cosa conta di più per lei?
Per me conta che i ragazzi si ritrovino, stiano bene. E forse il mio limite è proprio questo, che non riesco a comprendere fino in fondo quanto per loro sia importante questo momento. Si arrabbiano, la prendono a cuore al punto da rovinarsi le serate e questo mi dispiace perché lo trovo eccessivo. Io sono appassionata di umanità e vorrei che loro fossero felici.
Lei intende il calcio come socializzazione quindi…
Certamente, durante il mio primo anno da presidente abbiamo installato dei giochi per i bambini, chiamato una animatrice attivando un servizio di baby sitting per consentire alle mamme, mogli o compagne dei giocatori che hanno figli, di godersi la partita proprio perché ci fosse questa componente familiare affinchè la partita non diventasse solo il momento di chi gioca ma da condividere insieme. Serve un cambio di visione e il coraggio di alzare l’asticella.
Lei è carnica d’adozione ma è profondamente innamorata di questa terra
Sono arrivata a Tolmezzo da Milano nel 2000 per motivi familiari. All’inizio è stato difficile perché erano due mondi completamente diversi, però poi sono rimasta. La resilienza è una caratteristica importante nella mia vita. Vivo bene qui, ho qui i miei affetti, Faccio tante cose e mi va bene avere una stanzialità in un luogo a me confortevole.
È stata e continua ad essere amministratrice comunale.
Qui ho trovato la mia dimensione, ho iniziato a impegnarmi per la comunità, mi sono candidata alle elezioni amministrative diventando prima assessore poi vicesindaco e ora ricopro il ruolo di consigliera di minoranza. Non lo faccio perché ci sono nata, ma perché l’ho scelto e credo che ne valga davvero la pena impegnarsi per il territorio. So che Tolmezzo viene criticata dai carnici, forse perché guardano troppo poco la ricchezza che hanno. Le difficoltà ci sono ma ci sono anche le soluzioni. Vorrei che i tolmezzini guardassero Tolmezzo con i miei stessi occhi pieni d’amore.
Che cosa direbbe alla Fabiola bambina?
Di volersi un gran bene, perché se lo meritava e che andrà tutto bene
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