Tra teatro e magia, Alex Cendron fa il mago che afferra le pallottole
L’attore trevigiano ha debuttato con “Bullet Catch”: «Porto in scena trucchi creati attraverso il mentalismo»

“L’illusionista è un attore che veste il ruolo del mago”, diceva il grande Robert Houdin, e l’interprete e drammaturgo trevigiano Alex Cendron lo ha preso in parola, debuttando con il suo nuovo spettacolo “Bullet Catch”, che unisce teatro e magia, allo storico festival “Dramma popolare” di San Miniato in Toscana.
Diretto sul palco da Luca Zingaretti in “The Pride” (2015), accanto ad Amanda Sandrelli in “La locandiera” (2018), protagonista di “Il Vangelo secondo Lorenzo” (2019) nei panni di Don Milani, e da tre anni in tournée con il suo monologo “Aquile randagie” sullo scoutismo ai tempi di Mussolini, Cendron è anche volto noto di cinema e fiction, attualmente sul set del film Rai “Tempi supplementari” a Feltre. In “Bullet catch” incanta, strega e stupisce con giochi di prestigio per proporre una riflessione su libero arbitrio, fede, scelta e verità.
Cendron, da dove nasce l’idea di questo spettacolo?
« Da un testo del drammaturgo scozzese Rob Dummond, che ho tradotto e portato in Italia per la prima volta con la regia di Massimiliano Cividati. Sono inoltre l’unico al mondo ad averlo interpretato al di fuori dello stesso autore. Fin da bambino ero appassionato di illusionismo e questo spettacolo mi ha permesso di misurarmi con una nuova idea di prestigiatore, non più ancorata al mago uomo alfa, che accoltella le donne, taglia a metà i corpi, sfida il pubblico. La mia è una magia gentile, che non entra in competizione con lo spettatore ma lo coinvolge».
In che modo?
«Ogni sera invito una persona dalle prime file a salire sul palco e la tengo ad interagire con me per un’ora e mezza, esponendomi ed esponendola all’imprevisto. Inoltre sono io stesso a pilotare tutta la parte tecnica, luci, microfoni, scene, oltre alla realizzazione dei trucchi di prestigio che ho creato personalmente».
Che cos’è il “Bullet catch”?
«È il numero più famoso e pericoloso della storia della magia, l’illusionista cattura con i denti un proiettile sparato da uno spettatore o da un assistente. Si dice che attorno a questo trucco ci siano una dozzina di morti attestati, per errori tecnici o atteggiamenti sbagliati del mago. Nel mio spettacolo è l’incipit e l’epilogo della storia».
Di cosa parla?
«Racconto di uno di questi maghi, morto ai primi del Novecento, e della relativa indagine, per portare l’attenzione sul valore filosofico del libero arbitrio: chi ha sparato ha voluto uccidere il mago o è stato un incidente? Scegliamo noi o è tutto predeterminato? Il pubblico si interrogherà continuamente, con un crescendo di suspense: lo spettatore sul palco è un complice o faceva veramente parte del pubblico? Sparerà o non sparerà? E se spara è il finto suicidio di un attore depresso o una sfida alla morte?».
Quali altri trucchi porta in scena?
« Sono tutti creati attraverso il mentalismo, un approccio moderno alla magia, non più basata solo su espedienti tecnici, ma su una dimensione psicologia, legata alla lettura del corpo, alla programmazione neurolinguistica, al modo in cui percepiamo le cose, passando dalla scienza al prestigio. Ogni trucco introduce una scena, e ogni scena una riflessione: ci sono tre sacchetti da pestare, di cui uno con cocci di bottiglia, ed è la roulette russa del destino, oppure c’è un baule pieno di libri, lo spettatore sul palco ne sceglie uno, lo apre , legge con la mente una parola e io osservandolo indovino di quale parola si tratta, ed è la capacità predittiva dell’uomo». —
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