Il caro affitti, una piaga trascurata

Il costo è cresciuto in maniera impressionante ma la politica tace. A farne le spese sono le famiglie e i giovani in cerca di un lavoro migliore e di autonomia, costretti a rinunciare alla mobilità

Peppino Ortoleva
I costi degli affitti sono alla stelle: è un problema per famiglie e giovani in cerca di autonomia
I costi degli affitti sono alla stelle: è un problema per famiglie e giovani in cerca di autonomia

Negli ultimi quindici-vent’anni in tutte le maggiori città europee il costo degli affitti è cresciuto in modo impressionante. Lo si deve a vari fenomeni tra i quali il dilagare degli affitti brevi, alla gentrificazione, ma soprattutto al fatto che una parte crescente della proprietà immobiliare è nelle mani di fondi e società finanziarie, poco interessati a costruire nuovi alloggi, molto a fare rendere al massimo quelli che hanno acquistato. Così, tante famiglie che vogliono o devono vivere nelle grandi aree urbane sono costrette a riservare per l’affitto una quota sempre più elevata dei loro redditi.

Di fronte a questo problema sociale che si sta aggravando, la politica tace. O forse quella italiana è meno interessata perché, si sa, «siamo un popolo di proprietari»: ma il costo crescente degli affitti colpisce e condiziona la vita degli italiani non meno di quella di altri Paesi.

È con la crisi del 2008 che è cominciato in tutto il continente un grande passaggio di mano della proprietà immobiliare, soprattutto nei luoghi in cui le case valgono e possono rendere di più, cioè i centri urbani.

L’attore principale è la grande finanza, non quella più visibile dei miliardari alla Musk, ma quella anonima dei fondi d’investimento e dei fondi pensione in cerca di sbocchi per i loro capitali, che siano più solidi rispetto al mercato delle azioni e dei mutui dove la crisi era maturata, e più redditizi rispetto ai tassi d’interesse, tenuti bassi in tutto il mondo per evitare la recessione.

Gli stessi fondi avevano acquistato a basso prezzo nel periodo precedente molte proprietà detenute da comuni e altri enti pubblici. Si calcola che le proprietà immobiliari gestite dai fondi finanziari nel mondo si siano più che quadruplicate in circa 15 anni, da meno di 400 miliardi di dollari in quello stesso 2008 a 1.700 miliardi nel 2023.

Mentre negli Usa, da Bush jr. a Trump, la crescita degli sfratti di massa e degli homeless ha attirato l’attenzione di media, sociologi e anche cineasti, in Europa se ne parla assai meno, eppure ci sono città come Berlino o Amsterdam dove la grande finanza controlla oltre il 20% degli alloggi in affitto ed è lei a dettare i prezzi.

A pagarne il costo sono quei ceti medi - che tanti, a parole, dichiarano di voler difendere - il cui tenore di vita è sospinto verso il basso, mentre i centri storici diventano sempre più luoghi del privilegio che pochi si possono permettere. La sinistra, che un tempo dedicava molta attenzione alla tutela degli inquilini, oggi sembra disinteressarsene, forse nell’ansia di distanziarsi dalle “vecchie” politiche dello stato sociale mentre il problema aggrava ulteriormente quel disagio diffuso su cui è soprattutto la destra anche estrema a speculare.

Si dirà che in Italia il problema è meno grave che altrove, visto che oltre il 70% delle famiglie sono proprietarie delle case in cui vivono, su cui non a caso il fisco nazionale e locale si accanisce. Ma altre speculazioni che si aggiungono a quelle della grande finanza, soprattutto nei centri storici delle nostre maggiori città che vedono il fenomeno detto dell’overtourism accompagnato dal moltiplicarsi dei B&B. E tante case sono affittate a studenti.

Il costo degli affitti altissimo (in particolare a Milano) frena la mobilità dei giovani in cerca di lavori migliori e di autonomia rispetto alle famiglie, contribuendo a rendere questo Paese già vecchio anagraficamente sempre più attaccato ai luoghi e alle case delle generazioni passate. —

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