Carraro, Gruppo Morellato: «L’Italia annuncia e non paga, in Francia già arrivati i soldi in conto»

La strana simmetria del leader del comparto gioielleria, che possiede un’azienda Oltralpe e fa i confronti: «I negozi sono stati chiusi dopo e riapriranno prima»

«Riapriremo la produzione il 4 di maggio, i negozi in Francia riapriranno l’11 di maggio, qui il 18, lì abbiamo chiuso due settimane dopo e riapriamo una settimana prima. Il finanziamento del 25% lo dovremmo conseguire abbastanza velocemente in Francia, non abbiamo previsione in Italia. Già ad aprile l’amministrazione francese ci ha rifuso i soldi dello chomage partiel (la cig, ndr), mentre in Italia ci chiedono di compilare quintali di carta».

Massimo Carraro, numero uno di Gruppo Morellato, leader del comparto gioielleria in Italia che a novembre dell’anno scorso ha acquisito il gruppo transalpino Cleor, enuclea la simmetria degli opposti che sta vivendo la sua azienda.

Cosa succede in Italia e cosa in Francia?

«In Francia il giorno dopo il lockdown è stato fatto un decreto che prevedeva la cassa integrazione per tutti al 90% dello stipendio. In Italia abbiamo la cassa integrazione che dovrebbe scadere l’8 di maggio, ma ad oggi nessun provvedimento la estende. Dicono che sarà con il prossimo decreto, ma non è questo il modo di fare pianificazione».

E sulle misure a sostegno del reddito?

«In Italia abbiamo una cassa integrazione che paga l’80% dello stipendio ma con un massimale molto basso, che altri paesi non hanno. Un tetto così basso che si va a colpire la classe media che sostiene i consumi. In Francia hanno detto il 90%, ma senza limiti, se vogliamo fare dei confronti. Se si guadagnano 1500/2000 euro e dalla sera alla mattina ne prendi la metà limiti i consumi e dai fondo al risparmio innescando un ciclo recessivo».

Invece sull’aspetto del supporto alle imprese?

«Il primo supporto che è mancato è stato il finanziamento ai lavoratori. Noi siamo un’industria della moda e come la maggior parte delle industrie che lavorano in questo settore abbiamo negozi che gestiamo direttamente per la vendita dei nostri prodotti. Hanno fatto la Cig per l’industria per i negozi e per il commercio hanno fatto la cigs, ma l’Inps non ha pagato un euro. Noi imprese abbiamo anticipato, ma così aumenti lo stress finanziario sulle aziende. Tutto ciò che si sente dire non è vero: cioè lo Stato non sta pagando neanche quello che dovrebbe pagare. Poi c’è la cassa integrazione speciale fatta per il commercio, anche qui è stato fatto un altro provvedimento assurdo, che prevede sia il lavoratore a dover andare in banca a farsi anticipare i soldi. Perfetto, io ho 1000 dipendenti quindi vuol dire mille pratiche».

E perché avviene questo secondo lei?

«Perché c’è un’incompetenza, non mi esprime sull’aspetto politico, ma proprio tecnica, però volevo completare la cosa sulle cigs..».

Certo prego.

«In banca per chiedere l’anticipo chiedono ai dipendenti anche la documentazione e quindi io oggi ho due persone impegnate, per i mille dipendenti, dedicate solo a compilare moduli. E poiché nessuna banca finora ha erogato, abbiamo anticipato anche quello».

A quanto ammonta lo sbilancio finanziario delle aziende?

«Difficile dare una misura, dipende dal costo del lavoro, nel settore del commercio è molto importante. Ma quello che mi preme sottolineare con questi esempi è che quando ci si confronta con la realtà le cose cambiano. Il problema dell’Italia è la non effettività di ciò che si annuncia. Faccio altri due esempi, hanno fatto i crediti di imposta per i contratti di affitto però lo hanno fatto solo per i piccoli negozi. Nei centri commerciali, che valgono il 30% del commercio in Italia non si usano i contratti di affitto, ma si usa l’affitto di ramo di azienda, ecco questi non sono stati menzionati. E perché? ».

Cosa ne pensa dell’ultimo decreto Liquidità?

«Dunque, hanno dato la possibilità della garanzia al 100% fino 25 mila euro, oltre presuppone una valutazione di merito bancario, per cui un’istruttoria. E poi hanno messo in mezzo la Sace, che significa un’istruttoria anche qui, perché comunque c’è un rischio di credito».

In Francia come hanno fatto?

«Vai dalla tua banca e non c’è nessuna Sace di mezzo, ma non perché Sace non vada bene. È sbagliata la tecnicalità del provvedimento. Le banche italiane non sono assolutamente meno efficienti di quelle francesi, anzi devo dire che in questo momento se c’è chi ha retto sono state proprio le strutture delle banche. Ma con queste misure si sta costruendo un cocktail di medici da fornire al malato o quando è guarito o quando ormai sarà morto. Per fortuna ci sono malattie da cui si guarisce anche da soli». —

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